La regina degli inferi. La maledizione di Persefone- Hanna Lynn

Demetra, la potente dea della natura, vive con la bellissima figlia Kore tra i mortali, a cui dona raccolti rigogliosi e campi fertili. Ogni giorno in suo onore si innalzano canti e si offrono tributi, e il mondo sembra destinato a un’eternità di abbondanza. Fino al momento in cui Kore sparisce nel nulla. A rapirla è stato Ade, il sovrano dell’Oltretomba, che l’ha condotta con sé sottoterra. Quando si rende conto che implorare Zeus è inutile, Demetra scatena la sua furia, facendo calare un inverno perenne. I raccolti avvizziscono, la terra diventa sterile e arida. Non ci saranno più musica né gioia finché ciò che le è stato sottratto non verrà restituito. Spaventati dalla fermezza di Demetra, gli dèi provano a convincere Ade a liberare Kore. Ma nel regno dei morti vige una regola: nessuno può andarsene se ha assaggiato anche solo un frutto di quella terra. Sei chicchi di melograno, fatti inghiottire con l’inganno, segnano per sempre il destino di Kore: per sei mesi all’anno potrà fare ritorno da sua madre e la terra si riempirà di nuovo di fiori e frutti. Nei restanti sei mesi la terra tutta dovrà piangere la sua assenza. E lei sarà Persefone, la regina degli Inferi.

  • Editore ‏ : ‎ Newton Compton Editori (25 luglio 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 384 pagine

Recensione a cura di Lia Angy Fiore

Il mito di Persefone, costretta a dividersi tra il regno dei vivi e il regno dei morti, è tra i più affascinanti della mitologia greca. Hanna Lynn, autrice di altri romanzi di successo a tema mitologico, propone una sua rivisitazione anche di questo mito, in cui la voce di Persefone si alterna a quella di sua madre Demetra, dea della natura, dell’agricoltura, del grano e delle stagioni.

È Demetra a raccontare per prima la sua intensa e travagliata storia. Divorata da suo padre Crono, insieme ad altri suoi fratelli, viene riportata alla luce da suo fratello Zeus. Per anni gli unici suoni che ha sentito sono i lamenti e il pianto dei suoi fratelli, intrappolati anch’essi nello stomaco del padre, e ora prova gioia e meraviglia nell’ascoltare ogni più piccolo suono della natura. Sperimenta ben presto il suo potere di dare la vita: le basta un sussurro per ricoprire un prato di fiori, per far nascere un’intera foresta o un campo di grano. 

Ero cresciuta nell’oscurità ma ora traboccavo di luce e di vita. All’inizio serviva il mio tocco. Una carezza dei miei polpastrelli su un filo d’erba creava un fiore, già sbocciato, i cui petali si ergevano verso il sole, proprio come avevo fatto io.”

Grazie a questo suo potere, si prende cura dei mortali, che tanto ama osservare dalla cima dell’Olimpo, e garantisce loro tutto ciò di cui hanno bisogno per vivere. Il dono di Demetra deriva dall’amore, dalla gratitudine e dalla pace che ha dentro di sé. 

Una pace che le viene strappata via nel peggiore dei modi… Zeus, il suo salvatore, abusa di lei con l’inganno. Nonostante questa grande ferita, Demetra riesce a conservare un cuore puro e pieno d’amore. Amore… Si era sempre stupita della capacità degli umani di amare così intensamente e si era chiesta se anche gli dei potessero provare un sentimento così forte e viscerale. Trova la sua risposta a questa domanda quando vede per la prima volta i volti dei suoi figli, tra i quali Kore (Persefone). 

Ma l’amore? Non mi resi conto di cosa fosse l’amore, finché non strinsi i miei figli contro la pelle e sentii il calore della loro carne tenera sulla mia. Non capii il significato della parola “devozione” finché non sentii risuonare i primi vagiti e compresi che sarei morta prima di permettere che qualcuno facesse loro del male. Non sapevo che un cuore potesse gonfiarsi a tal punto da pulsare di paura e di affetto, finché non li nutrii dal mio stesso corpo. Non sapevo che tutte queste cose potessero derivare dal fatto di essere una madre.”

Ma conoscerà anche un altro tipo di amore… 

“…Fu allora che scoprii la verità. Potevo amare ferocemente come le fiamme del Tartaro e la mia passione poteva ardere come il sole. Quelle brevi ore erano state sufficienti perché Iasione possedesse interamente il mio cuore.”

L’amore disperato di chi trova l’amore della propria vita e in un attimo lo perde nel peggiore dei modi. Ancora una volta c’è di mezzo Zeus.

Più forte è l’amore, più forte è il dolore, e Demetra lo prova sulla propria pelle. Sceglie di lasciare l’Olimpo e di rifugiarsi nell’isola di Sifanto, insieme a Kore e alle ninfe che si sono schierate dalla sua parte.

Vive nel dolore, nel ricordo dell’uomo che ha amato, e nella paura. 

Ha paura che possa succedere qualcosa a sua figlia, che qualcuno possa farle del male, e per questo costruisce per lei una prigione dorata. Kore non può allontanarsi e deve essere sempre accompagnata dalle ninfe.

Una prigione, per quanto dorata, è comunque una prigione, e Kore sente un desiderio di libertà che si fa ogni giorno più forte.

Ascoltiamo ora la sua storia. Kore ha imparato da sua madre ad amare la natura e gli umani. È stata lei a prendersene cura per tutto il tempo in cui sua madre si è chiusa nel dolore. Un dolore che considera esagerato e che non riesce a capire, perché non ha ancora conosciuto l’amore, e non sa cosa voglia dire perdere chi si ama. Ma avrà modo anche lei di provare sulla propria pelle entrambe le cose, anche se, a differenza di sua madre, avrà la fortuna di trascorrere molti anni con la persona amata. 

La mia relazione. Il mio segreto. Lei era il mio mondo. Non una tresca qualunque, come sembrava dalle parole di Telsiepia. Ione non era una distrazione momentanea destinata a essere dimenticata. Non era l’infatuazione di una notte. Era colei che mi aveva fatto vedere la luce del mondo. E ora quella luce se n’era andata.”

Il dolore può essere così straziante e insopportabile da desiderare di perdere la memoria, di cancellare ogni ricordo anche della persona amata per non impazzire.  

«Non posso prendere solo il dolore», disse Mnemosine, e mi posò una mano sul braccio. «Dovrai perdere anche l’amore che l’ha causato. Ogni secondo che hai condiviso con questa mortale svanirà per sempre. È davvero questo ciò che vuoi?».

Tutto ciò che avevo di Ione sarebbe svanito. Come se lei non fosse mai esistita. Potevo farlo? Potevo tornare a un mondo in cui lei non era nemmeno esistita?

Il mito è abbastanza noto… Kore, durante una delle sue passeggiate nei prati, viene rapita da Ade e trasportata nel regno dei morti. In questa rivisitazione la discesa nelle tenebre, per quanto assurdo possa sembrare, restituisce a Kore la libertà e rappresenta il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta, sancito anche dal cambio del nome (da Kore, che significa fanciulla, a Persefone). È grazie ad Ade che Kore diventa consapevole di chi è realmente: una dea forte e potente, e non una semplice ragazzina che ama passeggiare tra i fiori. 

“Fino a quel momento il mio nome Kore mi aveva imposto il ruolo di fanciulla. Per nulla diversa dalle giovani mortali che tengono in ordine la casa dei propri genitori o piantano verdure nei loro orti. La vecchia me era sparita e quella nuova avrebbe fatto in modo di non tornare mai più a essere quella fanciulla senza nome.”

Persefone si troverà a fare delle scelte importanti e a dover fare chiarezza sui suoi sentimenti. 

Sua madre ha scatenato morte e distruzione tra gli umani, accecata dal dolore per aver perso anche sua figlia, ma sua figlia vorrà ritornare nel mondo dei vivi? E Ade, sicuro che l’amore si possa costruire col tempo, riuscirà con la sua dedizione e lealtà a farsi amare da Persefone? Lo scoprirete leggendo il romanzo.

Mi è piaciuta molto la parte in cui è Demetra a raccontare la sua storia; l’ho trovata intensa, coinvolgente e toccante. 

Mi ha commossa la dedizione di questa dea per il ricordo di quel giovane uomo amato e perduto troppo presto. C’è dolcezza e delicatezza nel modo in cui l’autrice narra il dolore e il lutto. Certe scene possono risultare patetiche soltanto agli occhi di chi, come Kore, non ha vissuto in prima persona la stessa esperienza. 

Ma che diritto avevano di commentare? Non avevano mai amato. Né avevano sopportato l’agonia che deriva da un amore perduto prima del tempo”

 Sebbene la rabbia e il dolore per il rapimento della figlia, abbiano poi trasformato Demetra in una divinità crudele e senza pietà, è un personaggio che nella prima parte ho apprezzato tanto.

La parte dedicata a Kore/Persefone, invece, mi è piaciuta meno. Ho trovato coinvolgente la sua storia d’amore, ma il romanzo assume in questa parte le sfumature di uno “Young Adult”, un genere che personalmente non amo molto. Apprezzo comunque la scelta di un linguaggio mai volgare. 

Anche il personaggio di Persefone, in questa rivisitazione del mito, non l’ho apprezzato molto per vari motivi: giudica sua madre con troppa facilità e superficialità, e appare sempre troppo confusa e indecisa su ciò che realmente vuole e sui sentimenti che prova.

Nel complesso, è stata una lettura piacevole e coinvolgente, anche se  un po’ al di sotto delle mie aspettative. 

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