Io sono la strega di Marina Marazza

Caterina da Broni, governante, prostituta, avventuriera e strega. Caterina è una bambina strana per il suo tempo, sa addirittura leggere grazie al padre maestro. Rimasta incinta a tredici anni in seguito a una violenza, va in sposa a un uomo che non è chi dice di essere. Ma invece di rassegnarsi a un destino di schiavitù, sceglie di fuggire.
La sua intera vita diventa così una picaresca ricerca del proprio posto nel mondo, attraverso un territorio lombardo intriso di acque e brume, dove la vita è scandita dallo scorrere del Po. La sua strada la porta da una locanda assai equivoca a una raffinata bottega di tipografi e poi alla «corte» di un capitano di ventura, fino ad arrivare a Milano, la grande città dominata dagli spagnoli, teatro di intrighi e lotte per il potere.
Qui, l’accusa di aver «affatturato» l’anziano gentiluomo da cui è a servizio la conduce in prigione. La pena è il rogo: così muore una strega e Caterina è convinta di esserlo, di aver venduto l’anima al diavolo per poter sopravvivere. A eseguire la sentenza è chiamato Salem, celebre boia, un uomo bellissimo e tormentato: su quella pira lui rischia di perdere qualcosa di molto importante, che non sapeva di possedere.
Sensuale, inquieta, spietata, tenera e decisa, Caterina da Broni è la protagonista autentica di uno dei più famosi processi alle streghe che la storia abbia tramandato. In questo romanzo prende vita come eroina modernissima, in una narrazione scintillante di ricerca storica, ricostruzione d’epoca, racconto di eventi che si susseguono con ritmo incalzante. Mentre attraversa, ribelle, il suo tempo, sul suo cammino aleggia una domanda: qual è il confine tra giustizia e delitto?

GenereRomanzo storico
Editore:Solferino
Data uscita:28/05/2020
Pagine:-
Lingua:Italiano
EAN:9788828203629

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Recensione a cura di Sara Valentino

“Più si riesce a guardare indietro, più avanti si riuscirà a vedere” Winston Churchill 

Inizia così Marina Marazza, prima di alzare il sipario su una storia che volevo davvero ardentemente conoscere e invito anche voi a farlo.

Guardiamo indietro per ripercorrere la storia dell’uomo, i suoi errori, le sue paure, le superstizioni e i dolori che a strascico ne sono scaturiti. Guardiamo indietro per conoscere e vedere in che direzione andare avanti. O almeno… così dovrebbe essere!

Anno 1573 Broni.

La storia di Caterina, è la storia che probabilmente hanno vissuto moltissime ragazze, donne del passato, donne orfane di madri, donne sole, donne costrette a cedere il proprio corpo a sottomettersi per non arrendersi alla vita.

Ho impiegato diversi giorni prima di riuscire a pensare di raccontarvi di lei, di questo romanzo che ne racconta la vita tra storia e un pizzico di finzione.

Caterina è poco più di una bambina, vive con il padre, alcolizzato che si è reinventato fabbricante d’inchiostro, la zia Babi e il fratellino Ambrogio. Un giorno mentre la giovane porta una scatola con nuovo inchiostro al contino Alfonso, questi si prende  la sua innocenza, lei glielo lascia fare turbata e smarrita, sa che dei soldi hanno bisogno. Si “vende” senza volere ma come se non potesse fare altro, colpevole d’innocenza potremmo dire, prova vergogna per quello che le è stato rubato.

E’ solo l’inizio delle tante giravolte che farà la sua vita, l’inizio e la fine perché dovrà lasciare il suo bambino, il frutto di quella violenza, lo lascerà con il solo ricordo di una boccola simile a quella che terrà lei. Uno strazio, un dolore grande, sopito in minima parte da quel primo incontro con il mondo pagano dopo il parto. La Tilda, la levatrice le parla della dea Liberata che era la natura, la grande madre, così somigliante alla Santa Liberata. Un primo timido incontro verso un mondo che sa di magia, di sortilegi a cui aggrapparsi quando non si vede la luce, per non soccombere.

“Non pensarci. Se non ci si aiuta fra noi donne, chi ci soccorre?” 

Una zingara, un giorno di festa, il calendimaggio, legge la mano a Caterina, le fa una profezia che la spaventa, le fa battere il cuore: “Non devi fidarti degli uomini… e la tua vita..” “La tua morte ha gli occhi di chimera…”. Scoprirete quanta verità nelle parole della zingara.

Le avventure, tragiche avventure di una donna forte, che non demorde, che sarà presa in moglie da un uomo che paventa una vita da reduce della battaglia di Lepanto. In realtà per lui lei, la giovanissima Caterina, sarà solo l’ennesima gallina, quella grigia; la svenderà come prostituta. Caterina però è una donna che mi piace molto ammirare perchè rappresenta le donne forti, coraggiose e sarà pronta a fuggire, conoscerà donne amiche con cui confidarsi, da aiutare, altre da cui stare alla larga.

Caterina sa leggere, suo padre prima di perdere il lavoro per il troppo bere era un maestro, è strano a quel tempo una donna che sa leggere, crea invidia, ma le gioverà per trovare lavoro come governante.

“Non me la presi. C’era tanto dolore dentro quel piccolo corpo che sarebbe bastato a riempire un mare.”

Una zattera sul fiume e una donna in fuga, le peggiori paludi sembrano maledette da attraversare e forse il maligno che crea una breccia nel cuore indurito degli uomini è anche lì ed è pronto con le sue armi persuasive. Caterina non è libera perché c’è qualcuno che la ritiene sua nel suo folle desiderio di possedere. Lei scappa, fugge, arriva a Milano, lavorerà in una locanda, sarà l’amante di un capitano di ventura, ma la sua corsa mi ha solo stretto il cuore, una corsa per cercare di sopravvivere alla vita. Donarsi, svendere il proprio corpo, umiliarsi per un tetto, del pane. Forse queste povere persone che vissero il tempo davvero cercarono nei riti magici un appiglio per non perire.

E’ che una persona buona lo è sempre e Caterina non fu certo una malefica strega, ma forse qualcuno, di questo, riuscì anche a convincerla. Si sa che bastava una voce, un’idea, la paura per denunciare una donna di stregoneria.

“San Giovanni… sì, la festa di san Giovanni, nelle campagne, è motivo di riti pagani, legati al solstizio d’estate. Le maliarde raccolgono erbe maledette, fanno incantesimi e magie di cui poi la comunità potrebbe risentire tutto l’anno”

Un turbinio di sentimenti hanno fatto capolino nella mia testa, uno di questi la rabbia, tanta rabbia per come siamo state trattate, schiave, bestie costrette a subire, trascinate a forza per il godimento di pessimi uomini.

“Basta chiacchiere, adesso stai zitta e apri le gambe. Su, svelta”

Qual è il confine tra giustizia e delitto? La particolarità di questo romanzo è che viene contrapposta alla storia di Caterina, o forse affiancata, quella di Salem. Salem è il figlio del boia e dunque l’erede perché era un’attività che si tramandava di padre in figlio. La gente ha paura, ha timore o ha rispetto del boia? Colui che riporta la “giustizia”, colui che toglie la vita. E’ un’arte allestire patiboli, davvero incredibile a pensarci oggi: trovare il modo perchè anche chi è più lontano possa godere dello “spettacolo”.

Un romanzo in perfetto equilibrio, tra Storia e finzione, dove i personaggi reali e inventati sono ben caratterizzati, la vita del tempo descritta con estrema attenzione. Ho letto quasi tutti i lavori di Marina Marazza, trovo la sua scrittura fluida e accattivante al punto che scivolo alla fine senza accorgermi e per il desiderio di sapere. Altra caratteristica dei suoi romanzi, che adoro, è l’attenzione verso il popolo, meno rispetto ai Signori, il racconto della vita povera del tempo. Vecchie conoscenze ritroveremo in un breve cenno nella storia, il cardinale Borromeo e la monaca di Monza.

“Le strade erano piene di gente di ogni ceto, verduraie del verziere coi loro cesti e facchini indaffarati che incrociavano signori vestiti di nero, preti e mercanti; c’era una chiesa ogni mille passi, le locande esponevano la loro insegna penzolante dal supporto di ferro battuto, promettendo buon cibo e buon riposo. Lungo i navigli navigavano barche piatte che mi ricordavano quelle sul mio Po, c’era chi pescava, lavandaie che sbattevano i panni, bambini che sguazzavano nell’acqua e bei ponti arcuati”.

Stupita! Sono rimasta stupita alla fine, ma commossa nel vero senso della parola, i miei occhi si sono inumiditi nel voltare l’ultima pagina. Vivrete la storia di Caterina e sarete Caterina.

Ora posso prendere commiato da lei Caterina da Broni, la strega di Milano, di cui ho letto a suo tempo le testimonianze dei processi.

“Io dico che qualcuno di noi conserverà la memoria nel tempo”

 

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