Salmo XXIV – Lucia Serracca – Intervista autrice

Oggi presentiamo Salmo XXIV che uscirà in cartaceo il giorno 20 novembre. Abbiamo ospite Lucia Serracca, l’autrice, che ci racconta qualcosa di sè e della sua creatura.

Venezia, 2017. In programma tra i concerti del Carnevale c’è il “Salmo XXIV”, opera sconosciuta del Maestro Antelami ritrovata a Oxford. Ma chi è Antelami, accusato di stregoneria dall’Inquisizione e fuggito a Londra nel 1667? In una inesauribile serie di colpi di scena il critico musicale Stefano Montani e la restauratrice Chiara Sabelli scopriranno un’incredibile, sconcertante verità.

Venezia, 1667. Il musicista Vincenzo Sebastiano Antelami, accusato di stregoneria dall’Inquisizione, fugge a Londra con la giovane amante, Francesca.
Venezia, 2017. Stefano Montani, scrittore e critico musicale, giunge nella città lagunare per i concerti del Carnevale. In programma, l’esecuzione del “Salmo XXIV”, opera sconosciuta di Antelami ritrovata a Oxford.
È solo una coincidenza la contemporanea scoperta di un ritratto del musicista, su cui sembra dipinto un messaggio arcano? Insieme alla restauratrice Chiara Sabelli, Montani viene coinvolto nella ricerca di un “terribile lascito”, nascosto in uno spartito perduto. Svela così l’esistenza di risorti Ordini esoterici a caccia di un misterioso segreto. Mentre una enigmatica donna dai capelli rossi sembra indicargli segni lasciati attraverso il tempo, in un susseguirsi di strani avvenimenti, personaggi ambigui e morti per cause apparentemente naturali, scopre ciò che accadde a Londra tra il 1667 e il 1668. E un’incredibile, sconcertante verità.

Lucia benvenuta nel nostro salottino virtuale. Oggi parliamo del tuo ultimo romanzo ” Salmo XXIV” edito da Le mezzelane”

Raccontaci di questa idea, da cosa è scaturita e perché è nato “Salmo XXIV”

Prima di tutto, grazie del graditissimo invito.

Io sono una forte lettrice, leggo di tutto, e sono molto appassionata di romanzi storici e di thriller. Se è vero, com’è vero, che si scrive perché si è letto, è indubbio che sia stata influenzata dalle mie letture. “Il pendolo di Foucault” di Umberto Eco mi ha letteralmente folgorato, un testo incredibile che ha acceso la mia curiosità riguardo a molti degli argomenti affrontati, tra cui le società segrete e gli ordini esoterici. Altre letture importanti per l’ideazione di “Salmo XXIV” sono state due saggi: “Newton, l’ultimo mago” di Michael White, che mi ha suggerito il contesto storico della vicenda, mentre “Alla ricerca della pietra filosofale” di Paolo Cortesi, mi ha avvicinato al mondo dell’alchimia.  Devo dire, però, che la suggestione più forte è stata la città di Venezia e il suo Carnevale. Nella sua unicità, Venezia riesce ad affascinare sotto ogni aspetto, non c’è un altro luogo, un’altra città, pur fra le numerose bellissime italiane e anche straniere, che sia paragonabile. Io vivo vicino a Firenze e lavoro a Siena, quindi sono, in un certo senso, abituata all’incanto e alla bellezza delle città d’Arte, ma la seduzione che Venezia ha sempre esercitato su di me è davvero molto potente. E credo che chiunque abbia partecipato al Carnevale non possa in alcun modo essere rimasto indifferente al suo grande fascino. Mi sono spesso detta, durante la prima stesura, che cercavo di scrivere un romanzo che mi sarebbe piaciuto leggere, probabilmente è per questo che tanti spunti e tante suggestioni sono confluite nella sua ideazione. E, infatti, in “Salmo XXIV” si parla tanto di musica, si parla di Arte, di dipinti, di affreschi; si parla di scienza e di storia della scienza. Tutti argomenti che amo e che hanno sempre acceso la mia curiosità.

 Dalla tua biografia ho letto che hai già scritto di misteri, dunque sei anche tu amante, come me, di questa vastissima e affascinante nicchia. Nel tuo romanzo parli di ordini esoterici, quali e che funzione avevano nel passato e avranno nel libro?

L’esoterismo ha radici molto antiche. Si tratta di dottrine spirituali di cui partecipano solo gli iniziati, in quanto in genere nascondono verità o significati occulti ai quali si accede solo dopo diversi gradi di conoscenza o iniziazione. 

Gli ordini esoterici di cui si parla in “Salmo XXIV” sono essenzialmente due: l’Ordine della Rosacroce e The Hermetic Order of Golden Dawn (Ordine Ermetico dell’Alba Dorata). 

La Rosacroce, della quale si è cominciato a parlare nel 1614 e nel 1615, dopo la pubblicazione in Germania di due documenti dal titolo Fama fraternitatis e Confessio fraternitatis Rosae Crucis e di un terzo nel 1616, Le nozze chimiche di Christian Rosencreutz, si dava come obiettivo una riforma generale del sapere che potesse condurre a una conciliazione tra lo studio dei fenomeni della natura e credo religioso, ovvero il credo protestante, per il progresso dell’umanità volto al bene comune. Va detto che non esiste nessuna prova storica della reale esistenza della Rosacroce: una fratellanza che ha sedotto le menti più illuminate di varie epoche, ma che nessuno è mai riuscito a raggiungere o identificare.

La Golden Dawn è una società segreta sorta verso la fine dell’Ottocento di chiara ispirazione rosacrociana, accoglie in sé varie tendenze dell’esoterismo dell’epoca, fra cui l’occultismo, e si proclama prosecutrice di quell’ideale di riforma del sapere.

Che cosa gli ordini esoterici rappresentino oggi è molto discutibile. Mantengono la loro segretezza, le loro verità occulte, ma i loro fini sono molto più oscuri.

Nel mio romanzo ho cercato di mantenere questo duplice aspetto: l’intenzione di preservare una conoscenza antica per far progredire l’umanità verso un bene comune e al contempo lo scivolamento, forse inevitabile, verso il confine molto labile tra esaltazione e fanatismo e il desiderio di potere, con tutte le conseguenze, spesso drammatiche, che ne derivano.

Quanto c’è di realmente storico e accaduto nel romanzo? Parlaci di questo Antelami.

Vincenzo Sebastiano Antelami è un personaggio di fantasia, ma riassume in sé molte caratteristiche dell’uomo di pensiero dell’epoca.

È un musicista, un compositore di grande talento e, come spesso accadeva nel XVII secolo, il suo desiderio di conoscere e sapere non si esaurisce nella sua arte, ma è attratto dai misteri della natura e vi dedica gran parte della sua energia intellettuale. 

La tradizione, immaginata nel romanzo, racconta che in realtà sia stato un mago o un alchimista, accusato dall’Inquisizione e fuggito in Inghilterra, a Londra. Di lui si conoscono alcune opere, ma pare che nel tempo sia incorso in una specie di damnatio memoriae, perché della sua vita non si sa niente, eccetto una cosa: sembra che in una sua composizione andata perduta sia nascosto un “terribile lascito”, capace di trasmettere poteri arcani. Notizia che viene accolta con entusiasmo da risorti ordini esoterici che si impegnano nella ricerca del suo segreto con ogni mezzo, compreso il delitto. Ma chi, in realtà, sia stato Antelami è un mistero tutto da chiarire. Di questo si occuperanno, infatti, gli altri protagonisti di “Salmo XXIV”, il critico musicale Stefano Montani e la restauratrice Chiara Sabelli.

Realmente storico in “Salmo XXIV” è il contesto. Nel periodo in cui vive Antelami il fenomeno culturale più rilevante è rappresentato dalle Accademie. In Italia nasce l’Accademia dei Lincei, a Parigi c’è l’Académie Royal des Sciences, a Londra è in pieno sviluppo la Royal Society, associazione di eruditi di ogni campo dello scibile, in particolar modo filosofi chimici, come Robert Boyle e, più tardi, Isaac Newton. Gli studiosi cercano di stabilire nuove regole per condurre indagini scientifiche, è di questo periodo il Discorso sul metodo di Cartesio. Tuttavia, nonostante i più eminenti rappresentanti dell’erudizione prendano ufficialmente le distanze da quella che viene considerata l’eredità ermetico-alchemica del Rinascimento, molti di loro coltivano più o meno segretamente l’interesse per le antiche discipline, in particolar modo l’alchimia. 

Nel romanzo compaiono anche personaggi storici, che hanno un ruolo molto importante nelle vicende di Antelami: il patriarca di Venezia Gianfrancesco Morosini; Elias Ashmole, fondatore della Royal Society e dell’Ashmolean Museum di Oxford; il matematico John Wilkins, anche lui membro fondatore della Royal Society, rettore di un college sia a Oxford sia a Cambridge e pastore della chiesa anglicana.

C’è una citazione in particolare che ti è cara, o comunque che ci vuoi presentare? Che significato ha?

È molto difficile per me scegliere una citazione, ho scritto questo testo con così tanta passione che sono legata a ogni sua parte, ogni descrizione, ogni dialogo. Se è possibile vorrei proporne due. La prima è un estratto da un dialogo fra il critico musicale Stefano Montani e l’amico Enrico Daci, restauratore ed esperto del mondo esoterico, che secondo me dà un’idea di quello che potremmo definire il mood della storia:

“«… converrai anche tu che è pressoché impossibile separare la storia della magia da quella delle religioni e delle scienze. I riti religiosi hanno molto in comune con i rituali magici; addirittura, in alcuni casi, gli uni derivano dagli altri, così come la scienza ha tratto origine da astrologia, alchimia, numerologia e via dicendo. La ricerca scientifica si prefigge la spiegazione, l’interpretazione dei fenomeni dell’universo; la religione volge alla fede e alla venerazione della divinità; la magia ha per fine il dominio, il comando. I maghi moderni condividono molto con i loro predecessori e, anche se celebrano i loro riti nella confusione e nel rumore delle grandi metropoli, come Parigi, Londra, addirittura Los Angeles e New York, si rifanno alle tradizioni più antiche: cabala, gnosi, ermetica, culti misterici.» Si fermò per qualche istante, spostando lo sguardo da Stefano alla propria pipa. «Dunque», proseguì, «se davvero esistono individui con scopi, diciamo così, non proprio condivisibili, è probabile che appartengano a quest’ultimo gruppo di persone.»

Stefano assunse un’espressione grave. «Enrico, fammi capire, tu pensi davvero che questa gente abbia poteri soprannaturali?»

Il professore riportò lo sguardo sull’amico, che lo fissava incredulo. «Ci sono definizioni molto contrastanti di “fenomeno soprannaturale”. In ogni caso, si tratta di persone convinte del fatto loro.»

«Non ne dubito, ma non mi dirai che tu, Enrico Daci, per quanto studioso di esoterismo, pensi davvero che una persona possa fare un incantesimo, un sortilegio, una magia, insomma.»

Enrico accennò un sorriso. «“Humani nihil a me alienum puto.” La cultura filosofica si fonda sulla curiosità per tutto ciò che tocca la natura umana, e comunque quello che penso io non è importante. Tuttavia, credimi, si tratta di gente molto impegnata. E molto colta.»

«Quindi qualcuno avrebbe architettato un’operazione di tali proporzioni solo per attirare l’attenzione su un musicista del Seicento pressoché sconosciuto e ottenere più notizie possibile in merito al suo segreto?»

Enrico si accarezzò la barba, folta e brizzolata, aspirando lente boccate di fumo, poi si tolse la pipa di bocca e annuì. «La considero un’ipotesi verosimile.»”                

 La seconda, invece, descrive la Venezia notturna e nebbiosa che fa da sfondo alle vicende raccontate in “Salmo XXIV”:

“L’umidità si faceva sentire. L’uomo in bautta, il volto per metà coperto dalla maschera tradizionale, bianca e appuntita, si buttò un lembo dell’ampio mantello nero su una spalla e fece qualche passo sulla banchina. Il buio del canale era a tratti interrotto dalle luci dei lampioni, macchie sfocate dalla nebbia calata all’imbrunire. Si tolse il tricorno, spostò la maschera tirandola sulla fronte e si avvicinò alla donna incappucciata, avvolta in un domino nero sotto il quale indossava un raffinato costume del Settecento, ornato da pizzi leziosi e con una maliziosa scollatura, sottolineata dal nastrino nero attorno al collo. ….. Un chiarore appena percettibile apparve in lontananza. Si avvicinò con lentezza, ingrandendosi pian piano, accompagnato dallo sgocciolio di un remo che spingeva nell’acqua. Una gondola affiorò dalla nebbia e si affiancò alla banchina.

«Il dottor Montani?» chiese il gondoliere.

«Sì, la stavamo aspettando.»

L’uomo li aiutò a salire sull’imbarcazione e a prendere posto sulle poltroncine; diede una mano a Chiara a sistemare le ampie gonne del costume come se fosse la cosa più naturale del mondo, dopodiché manovrò con il lungo remo e si staccò dalla banchina. La gondola percorse il canale finché questo confluì in un altro e poi in un altro ancora.

Il carnevale stava esplodendo in tutta la città. I festeggiamenti del martedì grasso avrebbero toccato il culmine a notte inoltrata, per poi proseguire fino alle prime luci dell’alba e oltre. A tratti giungeva l’eco della festa in piazza San Marco, dove si riversava la maggior parte della gente. Sul grande palco allestito per l’occasione si alternavano dj e gruppi che suonavano dal vivo. La piazza rimbombava di ritmi latinoamericani, accompagnati dal clamore della folla, dalle grida, dai canti.

Quella in San Marco non era l’unica festa: musica, canti e balli animavano altre piazze; lo spirito del carnevale pervadeva ogni angolo della città. La nebbia non penetrava nell’intrico dei canali, cosicché lungo le fondamenta, sui ponti e nei sotoporteghi, luci e colori si susseguivano; maschere sontuose e creature fantastiche si rincorrevano, a volte raggiungendosi, per poi separarsi e inseguirsi di nuovo.

La gondola scivolò sotto palazzi patrizi illuminati a giorno da luci e fiaccole. Dalle finestre aperte si vedevano soffitti affrescati, stucchi, grandi lampadari accesi come soli, splendenti su cene di gala, gran balli, feste in maschera come quella verso la quale erano diretti.

Il gondoliere guidò l’imbarcazione verso una serie di canali laterali, allontanandosi dai clamori delle feste. D’un tratto si trovarono in un’altra parte della città, una parte indifferente ai festeggiamenti, silenziosa, estranea. Non una luce ai lati del canale, nessuna finestra illuminata, non un lampione, una fiaccola accesa. Procedevano con la sola luce a prora della gondola. Nessun rumore a parte il ruotare del remo nello scalmo. L’acqua buia si apriva dinanzi a loro e si frangeva piano sulle pareti delle costruzioni fiancheggianti il canale. Pur senza vederlo, entrambi avevano coscienza – e senz’altro l’aveva anche il silenzioso nocchiero – che l’acqua non batteva più sulla pietra posta in origine a basamento degli edifici, ma molto al di sopra. Il livello della laguna aveva raggiunto ormai da tempo i ben più friabili mattoni con tutta l’inesorabilità del moto perpetuo delle maree, insidiando con costanza ineluttabile l’esistenza della città. Un pensiero che poco prima, nella fantasmagoria del carnevale, non li aveva nemmeno sfiorati, ma che ora, in quel silenzio improvviso, quasi innaturale, si proponeva inquietante.

La gondola voltò di nuovo, questa volta in un canale più ampio. La loro destinazione, un palazzo gotico illuminato da fiaccole, apparve come una rivelazione.”

Parli di inquisizione e stregoneria e la donna del libro ha i capelli rossi. Questa credenza sull’amoralità delle donne dai capelli rosse, ovviamente presunta, ha radici che affondano nell’antica Roma. La tua protagonista, l’hai scelta su quale base? Quanta Lucia c’è, se c’è, nella costruzione di questo personaggio?

La donna dai capelli rossi è un personaggio che percorre tutto il romanzo con la sua presenza evanescente, misteriosa, silenziosa, e proprio per questo affascinante e seducente. Non posso dire molto su di lei senza correre il rischio di spoilerare, per usare un termine molto in voga. La costruzione del personaggio è quasi cinematografica, se così si può dire: la lunga chioma di capelli rossi la caratterizza molto, mettendola in evidenza sullo sfondo notturno e nebbioso in cui si muove. È una donna molto bella e allo stesso tempo estranea ai comuni canoni estetici.

Per rispondere alla seconda domanda, dico che in ogni personaggio di “Salmo XXIV” c’è un po’ di Lucia, penso che ogni scrittore dica la stessa cosa, quindi anche nella donna dai capelli rossi. Forse mi riconosco un poco nel ruolo di promotrice della verità che assume nella vicenda.

Parlaci un po’ anche di te e della Lucia lettrice, che letture prediligi?

Sono laureata in biologia, però ho la maturità classica e quindi una formazione profondamente umanistica, oltre che scientifica. Proprio nei giorni scorsi mi è capitato di leggere in un articolo di giornale la definizione che il redattore dell’articolo dava di sé e nella quale mi riconosco totalmente: un umanista che crede testardamente nella scienza. 

Per quanto riguarda le letture, come dicevo prima, leggo davvero un po’ di tutto, dai romanzi storici ai noir, dai classici ai saggi su vari argomenti. Adesso, per esempio, sto leggendo Helgoland, un saggio del fisico Carlo Rovelli sulla vita di Werner Heisemberg, uno dei padri della teoria quantistica; sono molto affascinata da relatività e fisica quantistica, anche se devo ammettere di comprendere pochissimo. Nello stesso tempo, tra i miei numi tutelari figurano Yourcenar, Bellonci, Woolf, Morante, ma anche Umberto Eco, Ken Follet, Iain Pears, Niklas Natt och Dag e molti autori di noir, italiani e stranieri. E ho una grande ammirazione per Elena Ferrante.

Ti lascio una domanda “vuota” e uno spazio a disposizione per raccontare il tuo libro ai lettori e invogliarli alla sua lettura

Le Mezzelane Casa Editrice lo presenta così:

“Nella Venezia magica e misteriosa del Carnevale, il brano ritrovato di un autore semisconosciuto scatena la caccia a un segreto nascosto da tempo e al potere che può procurare”.

Posso solo aggiungere che se dovessi descrivere il mio romanzo in una sola frase, direi che è la storia della ricerca di uno spartito perduto, di un amore lungo quattro secoli, di un segreto che può uccidere.

Spero che “Salmo XXIV” possa appassionare i lettori e tener loro un po’ di compagnia in questo strano periodo che stiamo vivendo.

Grazie per avermi ospitato nel “salotto virtuale” di Septem Literary!

 

 

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