Annus Mirabilis – Geraldine Brooks – Lettura condivisa

Trama

È una mattina del 1666 a Eyam, un piccolo villaggio di montagna del Derbyshire, in Inghilterra, e nel cottage in cui vive, Anna Frith ha appena finito di allattare il piccolo Tom e di scrutare amorevolmente Jamie, che gioca da solo accanto al focolare. Anna si avvia verso la scala della soffitta, per raggiungere la stanza dove dorme Mr. Viccars. Dal giorno in cui Sam Frith se n’è andato, sepolto da una valanga nel giacimento di piombo in cui lavorava, è trascorso un inverno. In primavera, George Viccars è venuto a bussare alla porta del cottage in cerca d’un alloggio e Anna, vedova a diciotto anni con due bambini, ha pensato che l’avesse mandato Dio. Viccars è un sarto girovago, conosce Londra e York, l’intensa vita portuale di Plymouth e il traffico di pellegrini di Canterbury. Ed è gentile: ieri le ha fatto dono di un vestito di lana fine verde dorato. Perché però ora l’accoglie con strani gemiti? Anna entra nella stanzetta e per poco la brocca non le cade di mano. Il volto giovane e bello della sera precedente è scomparso. George Viccars giace con la testa spinta di lato da un rigonfiamento di carne lucida e pulsante. Così, nelle pagine di questo romanzo, la peste giunge a Eyam. Inaspettata e innocente eroina, Anna deve affrontare la morte nella sua famiglia, la disintegrazione della sua comunità e il pericolo di un amore illecito. L’Annus Horribilis della peste, però, è destinato a trasformarsi in un Annus Mirabilis, un anno di meraviglie…

Maria Grazia Parri 
Le prime pagine ti fanno subito partecipare a quella vita e la narrazione scorre veloce. Anna, giovanissima sposa con i suoi adorati figli, e gli altri protagonisti che rimangono delineati con grande capacità letteraria. Mr. Mompellion e la sua eterea Elinor, Aphra e la piccola, la terribile famiglia Bradford costituiscono insieme ad altri personaggi un contesto unico. L’Inghilterra rurale, le tradizioni arcaiche che si cercano di nascondere, gli sconvolgimenti della guerra civile, fino alla tragedia della peste. Ho trovato molto convincente tutta la parte che riguarda la storia del confinamento, la sorte di queste persone che niente potevano contro un morbo sconosciuto, per alcuni causa di follia e terribili autoflagellazioni. Interessante anche la parte in cui s anche quella legge terribile e terrificante riservata alle due ” streghe”, un fatto, come si legge nella nota finale, realmente accaduto nella comunità di Eyam nel Derbyshire. Così appare notevole la descrizione delle condizioni di vita nelle miniere di piombo e tutto il complesso rituale di assegnazione della proprietà di estrazione. Quello che mi ha lasciato perplessa è la parte finale, Anna e la piccola neonata fuggono, poi scampando a innumerevoli peripezie giungono ad Orano, nel 1666. Anna che pure ha doti di levatrice, s’inserisce nella corte del sultano ecco da qui in poi mi sfugge, e non riesco a capire il senso storico, si tratta di un romanzo storico, di tale decisione, perfino la scrittura sembra appartenere ad un altra scrittrice. Per me, dunque un bel libro che si è un po’ perduto nel finale. Mr. Mompellion con la sua dottrina, il suo personale coraggio umano meritava di più.
Cinzia Cogni
Se avessi letto questo libro solamente un anno fa, quando la parola “pandemia” non era mai entrata nella mia vita, forse non avrei mai compreso a pieno questa storia, forse non mi avrebbe emozionato così tanto.
” Annus Mirabilis” infatti, racconta la vera storia di un piccolo paese in Inghilterra che nel 1666 fu colpito dalla peste, portata da un sarto girovago e propagatasi in breve tempo fra gli abitanti di Eyam proprio a causa dei vestiti e delle stoffe vendute da quest’ultimo.
Il prete del villaggio, Michael Mompelion, accortosi subito della gravità della situazione, prende una dura decisione che cambierà il destino non solo dei suoi compaesani ma anche dei villaggi vicini: isolarsi completamente da tutti, non uscire per nessun motivo, cercando così di infettare meno persone possibili.
Anna Frith, la protagonista, che lavora come domestica presso il sacerdote e sua moglie Elinor, è solo una ragazza anche se già vedova e con figli, quando la peste le stravolge la vita. Eppure davanti alle persone che soffrono non si tira indietro e aiutando Elinor cercherà di assistere e portare conforto ai contagiati, imparando così a riconoscere e a preparare le erbe mediche.
Le donne in questo contesto sono le vere protagoniste, devono affrontare la peste ma anche stare sempre attente a come si comportano, a ciò che dicono, la parola “strega” è sempre in agguato, si fa presto ad essere additate tali e rischiare la vita.
Intorno ai protagonisti gravitano anche alcuni segreti, spesso le persone non sono quello che sembrano e talvolta la realtà è molto diversa da come appare…il che rende la storia ancora più interessante!
Sono rimasta davvero entusiasta da questa lettura: commovente, passionale, misteriosa, tragica… anche se mi aspettavo un finale completamente diverso; ma credo che sia voluto, non penso che la scrittrice”avesse fretta di concluderlo” come ho letto in qualche commento; una storia così ben studiata e scritta così bene è frutto di un lungo lavoro e le riflessioni che emergono, soprattutto sulla religione, mi fanno pensare che quel finale abbia una morale da ricercare… in tutti i modi lascia un senso di speranza e mai come in questo momento storico, ne abbiamo bisogno .
Fabiana Farina
Questa è stata la mia prima condivisa da “osservatrice”. Il libro l’ho letto durante il lockdown perciò non tanto tempo fa, l’ho trovato straordinario, molto scorrevole, dove i fatti storici vengono raccontati in modo semplice. Io sono tuttora del parere che l’avrei dato un’altra possibilità al rettore Mompellion. Il finale, quello si, mi ha lasciato un po’ perplessa.
Eliana Corrado
“Annus mirabilis” è uno di quei libri che restano! E ancor di più quando ci ritrovi situazioni e considerazioni che stai vivendo sebbene siano trascorsi centinaia di anni.
È un libro bellissimo ricco di temi: dalla vita e il senso di appartenenza a una comunità, al dolore per la perdita di persone care per le quali nulla si è potuto fare; dall’amicizia e la solidarietà tra “vinti”, alla sopraffazione del male dell’essere umano e dei suoi interessi. Un libro non solo su uno degli episodi storici più bui della vita, una epidemia di peste in un piccolo paese inglese, ma un libro sul senso di responsabilità e di rispetto verso gli altri (e da qui la decisione di autoisolarsi per non diffondere il morbo in altre comunità, paesi ecc) e che porta inevitabilmente gli abitanti a fare i conti con se stessi, con la morte, col dolore e con i propri segreti e demoni. Un libro sull’ignoranza che porta ad additare come “stregoeria” ciò che non si comprende; sui pregiudizi e sul fanatismo, entrambi a rendere ciechi e ottusi di fronte all’altro e alla vita.
Un libro mirabile e lodevole, che solo nel finale si concede una nota a mio avviso troppo romanticheggiante e “scontata” (e che, per mio gusto, ho trovato stonata), senza tuttavia per questo intaccare in alcun modo la bellezza e importanza di questo libro.
Splendidi i personaggi, ben caratterizzati e delineati a tutto tondo. Su tutto spicca uno stile di scrittura che resta sempre in perfetto equilibrio tra il semplice, intrigante, affabulatorio, emozionante, crudo e diretto.
Lettura super super consigliata
Debora Serrentino

Decisamente un bel romanzo, ma avendo già letto altro di questa autrice non mi aspettavo niente di meno. Mi è piaciuto molto il fatto che tutto il racconto sia tratto da una storia vera: il villaggio, l’autoisolamento per non diffondere la peste, il parroco, tutto reale e storicamente documentato. Ovviamente la parte romanzata c’è, la ricostruzione delle vite dei personaggi, ed è una ricostruzione molto ben fatta che si armonizza perfettamente con il resto della storia. Molto bello anche il ritmo del racconto, Anna, la protagonista, è una narratrice molto ben azzeccata: sensibile, intelligente riesce a raccontare gli eventi con il giusto pathos. L’unica pecca del romanzo, secondo me, è il finale: l’autrice non ha saputo resistere al finale da romanzo rosa con tanto di colpo di scena romantico e lieto fine.
Paola Nevola
Leggendo questo libro non ho potuto fare a meno di collegare la pandemia che viviamo con la peste che ha colpito quel villaggio e tanti altri luoghi, questo ha fatto sì di sentirmi più vicina e anche maggiormente colpita dalla storia che ci viene narrata che già di per sé è molto travolgente e dolorosa. Parole come isolamento e distanziamento che vengono usate allora come oggi fanno riflettere.
La vicenda accaduta realmente nel 1666 ad Eyam e alcuni personaggi ha dato lo spunto per questo mirabilis romanzo. Eyam è un piccolo villaggio fatto di gente umile dove molti uomini lavorano in difficili condizioni nelle miniere di piombo come il marito di Anna che ha trovato la morte in un crollo. Anna giovanissima sposa già vedova con due bambini piccoli viene travolta dalla peste proprio in casa sua. Un sarto girovago a cui ha dato ospitalità ha portato il morbo della peste, e dopo di lui porterà via i piccoli di Anna e man mano si estenderà in tutto il villaggio.
Ci si aspetterebbe da una giovane il crollo, ma Anna no, dopo il dolore iniziale e lo smarrimento continua il suo lavoro presso il rettorato a fianco di Elinor la giovane moglie del rettore. Il rettore Mompellion a chiesto alla popolazione di sacrificarsi in un autoisolamento per contenere l’epidemia.
La peste dilaga e dilaga la follia, le persone si attaccano a credenze, superstizioni, la levatrice e sua madre vengono accusate di portare il male con le loro stregonerie e subiscono il linciaggio.
Elinor è uno dei personaggi che ho amato di più, non si sofferma sulle differenze sociali anzi per lei non esistono distinzioni tra uomo e donna, debole e forte, fra signore e gente di fatica. Con una grande tenacia trascina Anna in un forte legame in cui traspare tutta la solidarietà femminile che si prodiga nell’aiutare le altre donne e ad avere pietà per il prossimo. Studiano i libri di medicina e di erbe, imparano a preparare pozioni e balsami che dispensano alla popolazione, Anna che aveva fatto nascere agnellini impara il mestiere di levatrice e aiuta le donne nel parto.
La peste trasforma tutti, chi in eroi tirando fuori la forza e il bene, ma il peggio da altri, come il padre di Anna un uomo violento abbietto, un anima nera segnata dalla sofferenza che tramuta in odio, uno sciacallo di moribondi, o in egoisti come i ricchi che si dileguano “chi ha di più da di meno e chi ha di meno, in qualche modo, divide quel poco che ha”.
Non tutti appaiono come sono, e mi ha lasciata di stucco l’ambiguità che si svela solo alla fine sul rettore Mompellion, uomo integerrimo e di una generosità assoluta che lo porta a prodigarsi fino allo stremo ma che nasconde una lussuria perversa.
Anna è vera, sincera, cade, sbaglia si rialza, è giovane e ha ancora la volontà di vedere la luce nel futuro. Il finale può apparire improbabile, ma è un degno finale per una giovane donna che ha lottato e si è evoluta, una ricompensa meritata, una luce. Un messaggio che ci dice che nella vita a volte bisogna avere il coraggio di voltare pagina, che il destino può riservare sorprese che non ci aspettiamo. Uno dei libri che più mi ha appassionata quest’anno, scritto molto bene, da spazio ai pensieri, alle sensazioni, alle emozioni ai sentimenti, stupendo.
Giordana Guadagnini
Un bel libro con ambientazione storica accurata e personaggi molto intensi . La trama è semplice senza tanti colpi di scena e scorre un po’ lenta fin quasi alle ultime pagine …poi c’è un incalzare di personaggi che sono ben diversi da come appaiono dalle prime pagine , un sussulto di ribellione fino ad un finale assolutamente inaspettato. So che è un finale controverso ma per me è la parte più bella di tutto il libro .
Isabella Novelli
Un bel romanzo sulla peste con una bella ambientazione storica ed una protagonista dalla vita molto travagliata e interessante. La storia è bellissima fino quasi alla fine, il finale invece mi ha lasciata perplessa. Sembra quasi che l’autrice non sapesse come terminarlo e c’entra pochissimo col resto della storia. Ispirato ad una storia vera, per quanto riguarda la peste in quel villaggio, la vicenda è abbastanza credibile e interessante sopratutto per quanto riguarda la vita della protagonista e della gente del posto presa tra disgrazie e superstizioni e sopratutto tanta miseria dura da affrontare e da sconfiggere. Nel complesso un bel libro, un po’ rovinato da un finale affrettato tanto da risultare un po’ posticcio.
Alessandra Ottaviano
Leggere “Annus Mirabilis” in questo particolare momento storico che stiamo vivendo, dove tutti ci sentiamo in qualche modo toccati da questa assurda pandemia, mi ha fatto capire ancora di più quello che hanno vissuto i protagonisti del libro.
Il romanzo di ambientazione storica, trae ispirazione da fatti realmente accaduti nel 1666, quando la peste giunge nel villaggio di Eyam nel Debshire, attraverso i pregiati tessuti del sarto George Viccars e comincia a dilagare indisturbata e silenziosa, mentre tutti sono intenti a vivere le loro vite.
“Nel mezzo della vita, siamo nella morte, che allora mi parve davvero la descrizione del nostro calvario.”
La protagonista e voce narrante è Anna Frith, giovanissima domestica del ministro anglicano del villaggio ma già vedova e con due figli molto piccoli, nonostante sia già provata dalla vita, dimostra di possedere una tempra e un coraggio senza eguali.
“Una donna che aveva affrontato più orrori di molti guerrieri.”
Anna si adopera come può, non si risparmia in nulla: presta cure e consolazione, seppellisce cadaveri, aiuta gli orfani e fa nascere nuove vite, pagando anche lei un prezzo alla morte.
La narrazione è scorrevole e vivida, a tratti brutale, il lettore è spettatore di come un flagello di tale portata possa devastare un’intera comunità a livello fisico, psicologico, emotivo, sociale, economico e religioso. Il dolore e la disperazione accecano l’animo umano che cede alla follia pura.
“Pare che la follia si stia diffondendo tra di noi alla stessa velocità della malattia.”
Gli abitanti del villaggio fanno la coraggiosa scelta di mettersi in quarantena per evitare la diffusione del morbo oltre i loro confini. In questo angosciante scenario di desolazione e morte che si manifesta come una lenta e inesorabile discesa negli inferi, si crea un varco per l’amicizia, l’amore, la solidarietà e il perdono.
“Seppi allora che era questo il modo in cui avrei dovuto proseguire a vivere: lontano dalla morte e verso la vita, di nascita in nascita, dal seme al fiore, vivendo una vita fra cose mirabili.”
Insieme ad Anna siamo partecipi della rinascita dopo la disperazione. Un romanzo dalla grande potenza espressiva, molto riflessivo soprattutto per quanto riguarda la meraviglia del coraggio umano, personificato dalla ragazza, che trova la forza di reagire, di non perdersi davanti alla catastrofe, lasciandoci un messaggio di speranza in questi tempi bui che, come abbiamo visto, si ripropongono nel tempo, e dove, oggi come allora, non possiamo permetterci di soccombere all’ansia e alla paura.
Cristina Pozzi
L’avevo già letto un po’ di anni fa, ma ne conservavo talmente un bel ricordo che ho voluto ripetere l’esperienza. In questo romanzo troviamo tutto, la morte la disperazione, ma anche l’amore e la speranza.La vicenda narrata si inspira alla vera storia di Eyam nel Derbyshire, noto come “Il villaggio della peste”, molti personaggi portano addirittura il nome di alcuni dei veri antichi abitanti e molti fatti sono tratti da notizie ampiamente documentate e conservate negli archivi storici del luogo. Ne consegue un bel profilo della vita di allora con particolari, anch’essi documentati, della vita ecclesiale, delle antiche nozioni mediche ed erboristiche e anche delle pratiche di stregoneria. Anna, l ‘eroina del romanzo, come tanti altri suoi simili dovrà affrontare la perdita della sua famiglia, degli amici, dei vicini ma, conservando l’integrità del suo essere e del suo esistere, potrà aspirare ad una nuova resurrezione, ricominciando una vita diversa lontano dalla sua terra lacerata. E’ un libro di coraggio e di tremende incertezze, un libro di morte e di vita, di gioia e di dolore, di apparenza e di essenza. Da leggere e da rileggere, assolutamente.
Giancarla Erba
Annus Mirabilis – geraldine Brooks
Davvero un bel romanzo. Una storia cruda e avvincente relativa ad un fatto storico realmente accaduto. Con gli occhi della giovanissima Anna assistiamo allo scoppiare della malattia e a tutte le dinamiche che questa tragedia porta con sé. Una ragazzina già madre che dovrà gestire cose molto più grandi di lei, fino all’originalissimo epilogo. Bellissime le caratterizzazioni dei personaggi, dal rettore e sua moglie che nascondono un triste segreto, lui tutto d’un pezzo, pronto a farsi in quattro per chiunque, con la parola giusta al momento giusto; lei, Elinor, una ragazza delicata, sensibile e disponibile che insegnerà ad Anna moltissime cose e che sarà l’artefice, seppur involontaria, del futuro della ragazza. Anna é una persona semplice e fin dall’inizio sembra destinata, una volta passata la tragedia, a ritornare nel suo anonimato e nella semplicità delle cose di tutti i giorni, invece in pochissime ore, alcuni fatti stravolgono completamente la sua vita, costringendola a delle decisioni drastiche e veloci che la porteranno verso un futuro di serenità, studio e amore. Mi ha colpito molto lo stile di scrittura, mai banale ma mai esagerata o sopra i toni e mi é piaciuto moltissimo l’appunto finale che ci svela l’età di Anna della cui narrazione si percepisce una maturità, una consapevolezza e anche una rassegnazione che me l’hanno fatta immaginare decisamente più grande di quello che fosse. La parte finale é una piccola rivincita, un riscatto che, leggendo il libro, nessuno aveva immaginato per la semplice contadina, ma che ho accolto con gioia e gratitudine per questa piccola, involontaria eroina. Grazie a Geraldine Brooks per queste pagine meravigliose
Giorgia Anella
Anche in questo caso ho partecipato da esterna, ma volevo rivivere questo splendido romanzo, anche con i vostri occhi. Da quando l’ho letto sono passati più di 2 anni, quindi non ho più quella freschezza nei particolari che avete voi in questo momento. Ma quando un libro è scritto bene, ha una trama, che a prescindere dal fatto che sia ispirato a eventi realmente accaduti (certo è ancora più interessante), mi rimane così impresso nelle sensazioni anche dop
Eufemia Griffo
Annus mirabilis è uno di quei libri che ti rimangono dentro, profondamente. Un romanzo storico di altissimo livello, una storia antica ma assolutamente contestualizzata al presente periodo storico.
La peste, l’uso sapiente delle erbe, la stregoneria, l’amore, la paura, il timore reverenziale per il Dio che giudica, sono tra i temi del romanzo di Geraldine Brooks, ispirato a una storia vera.
Sullo sfondo, uomini e donne, ma soprattutto donne, forti, coraggiose, che vivono quasi al dì là del loro tempo. Ci sono quelle buone e quelle cattive, ma anche di queste, si prova quella pietas innegabile. Perché tutti soffrono, perché la peste non risparmia nessuno. Davanti alla morte diventano tutti uguali.
Una sola nota stonata è il finale. Ad alcuni lettori è piaciuto, ad altri meno. È un finale strano e credo poco contestualizzato agli altri elementi della narrazione, ma ciò non toglie nulla a tutta la storia.
Si impara molto da questo libro e trattando della peste,
ci sono passaggi che potrebbero ben descrivere, il periodo che abbiamo vissuto con il lockdown.
Le parole “chiusura, confinamento”, cosa ci ricordano?
Marcello Avigo
Le migliori letture del passato. Un libro indimenticabile ed avvincente che ho adorato subito.
Geraldine Brooks ha creato una ricetta da grandissima chef, dosando ed amalgamando con assoluta maestria una serie di ingredienti, uno più complicato dell’altro : amore, emozione, morte e soprattutto rinascita!

Sara Valentino

Annus Mirabilis, speriamo sia un modo carino per un buon auspicio per noi del 2020.

Siamo nel 1666, anno terribilis potremmo dire,l’anno del pauroso e devastante incendio di Londra e l’anno della peste.

Geraldine Brooks racconta le vicissitudini, aimè reali, di un paese, il villaggio di Eyam, nel Derbyshire, il tristemente noto villaggio della peste.

Cosa si può dire che non sia fatuo e superficiale? La peste ha mietuto vittime, tante vittime, ha flagellato paesi interi, cosa si può pensare per immedesimarsi negli abitanti rinchiusi dal cordone sanitario? Faccia a faccia con il morbo, il mostro subdolo che devasta intere famiglie e nella sua crudele malvagità sa lasciare in vita pochi a piangere e dispersi.

“Pare che la follia si stia diffondendo tra di noi alla stessa velocità della malattia”

Un romanzo struggente, non c’è che dire. Una parabola, se ne avessimo ulteriore necessità, a ricordare che la paura può far emergere lati nascosti nell’essere umano. Le sicurezze, le poche che restano, sono spazzate via e come un esile albero in una tempesta di devastazione bisogna che le radici resistano. Le foglie non ci sono più, a simboleggiare i cari seppelliti, i rami sono spezzati a eguagliare il dolore lacerante per la perdita di tutto ciò che si credeva di avere. La corteccia è lisa ma la linfa è l’unico spiraglio per appigliarsi e respirare.

Anna sarà proprio questo, il simbolo del coraggio e della speranza, rabbrividisco ancora pensando a lei. Ha perso tutto e non ha rinunciato mai anche quando ha intravisto una scintilla di felicità per poi scoprire che non tutto ciò che luccica è oro.

Un romanzo che consiglio per l’abbondanza di stimoli a emozionare il lettore. Sono d’accordo con chi ritiene che il finale sia stato un tantino spiazzante ma il libro è veramente coinvolgente e purtroppo anche molto attuale.

grazie a tutti compagni di lettura!

 

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