Biancaneve nel Novecento di Marilù Oliva

Recensione a cura di Sara Valentino

Avrei voluto attendere prima di scrivere questa recensione. Avrei preferito lasciare depositare il turbinio di immense emozioni. Avrei… ma in realtà ho bisogno di lasciare scivolare fuori dalla mia mente il fiume in piena che tenta di infrangere gli argini in un’alluvione straordinariamente potente.

Marilù Oliva, è lei a essere straordinariamente potente in questa narrazione, più ancora che nel precedente romanzo che ho letto, ti avviluppa in una rete e non puoi uscire, vuoi farlo perchè non ce la fai più. La sua esposizione è calamitica, non è scontata anche per argomenti, come quelli in questo romanzo trattati, che sono fin troppo abusati in letteratura.

Un libro in bilico perenne, dall’inizio alla fine, tra gli anni Ottanta e il 1940-45. Tra la vita faticosa e straziante di una famiglia, quella di Bianca e l’oltraggio umano, l’abominio con la A maiuscola dei campi di concentramento, in particolare Buchenwald, uno tra i peggiori, spaventoso, se mai fosse lecito fare dei paragoni in questi casi.

“Che succede se, alla fine della tua vita, ti ritrovi come me a impugnare aria? E ti domandi ogni giorno: come sarebbe andata, se tu avessi agito diversamente?”

Una domanda che penso martelli nei nostri cervelli e più volte nel corso della vita. In alcuni casi ci può essere una scelta, in altri no, semplicemente è l’unica cosa da fare. Le motivazioni? Le più disparate. Mettere su una bilancia i pro e i contro e tentare, sperare, fidarsi…

Della trama non vi racconto molto, la leggerete. Sarete rapiti negli occhi di una bambina che lotta per amore, si rifugia nelle storie, rapita in una favola, quella della strega cattiva. Vedrete dolori immensi attraverso i suoi occhi e crescerete con il senso di abbandono e di non essere mai abbastanza, di essere sbagliata, un errore, un peso. Io… io credo di aver più volte chiuso il libro per riprendere fiato, mi ha coinvolta all’inverosimile. L’autrice ha uno stile potente, di quella potenza che sa scavare in profondità e rendere empatico il lettore.

I temi trattati sono parecchi, gli anni Ottanta sono così vicini a noi eppure pare di aver dimenticato le immani tragedie che hanno scosso la nostra penisola in quel periodo: terremoto in Irpinia, esplosione a Bologna, strage di Ustica e molte altri che accompagnano la vita di Bianca.

“In quel modo violento ripresi la parola: e imparai che, quando viene reciso un fiore, da tale rottura può nascere una linfa vitale”

Allo stesso tempo seguiamo Lili nel suo viaggio privo di speranza in quel treno che l’avrebbe condotta a una destinazione che è così difficile rievocare. Eppure con Lili anche noi perdiamo tutto, veniamo calpestati nella nostra umanità, ridotti a inutili pezzi di carne da destinare a fumo. La morte a volte non è il male peggiore.. Dei campi di concentramento, degli abusi, dell’orrore si è detto tanto e ancora di più ma ogni volta disseppellire uno dei momenti in cui gli esseri umani hanno dato il peggio è straziante, non si può contenere tanto dolore, è inimmaginabile pensare a cosa hanno subito i nostri fratelli. Le anime vennero frantumate, incatenate.

“Perfino l’inferno può sembrare attraente quando sei costretta a morire giorno dopo giorno come una bestia affamata e infreddolita”

Cosa lega le due storie? Ovviamente lo scoprirete e sarà una doccia gelata. Ma non pensate che il romanzo è solo dolore, lo è nel profondo perchè ci fa toccare con mano quasi tutti gli inferni che possiamo trovarci a vivere sulla terra, ma è anche una luce.

Trovo che Bianca sia un personaggio straordinario, indimenticabile, un’amica che si vorrebbe poter chiamare una volta girata l’ultima pagina. Bianca è la luce nelle tenebre, Bianca è il fiore reciso che confida nella linfa vitale. Il tema della morte è presente come in ognuno di noi, in tutti quelli che hanno perduto qualcuno troppo presto, di molto vicino, “Oppure quando muori ti dimentichi delle persone che hai amato? Finisce tutto, quando muori, ma proprio tutto?

Un romanzo che, lo ripeto, è potente, indimenticabile, straziante e profondo. Ci insegna a vivere su una fune come gli equilibristi, è commovente realmente, Ci presenta l’umiliazione e la pietà, il senso di colpa. Veniamo scossi e forse ne usciamo anche un po’ cambiati. Le lacrime mi hanno annebbiato la vista e sono uscita un po’ più nuda dalla lettura.

“Noi siamo quello che la vita ha combinato o meno coi nostri incontri, con le nostre emozioni e con i vuoti, con le nostre speranze, con le nostre fobie e con i nostri guai. Nessuno può sfuggire”

Giovanni è un uomo affascinante, generoso e fallito. Candi è una donna bellissima che esagera con il turpiloquio, con l’alcol e con l’amore. E Bianca? È la loro unica figlia, che cresce nel disordinato appartamento della periferia bolognese, respirando un’aria densa di conflitti e di un’inspiegabile ostilità materna. Fin da piccola si rifugia nelle fiabe, dove le madri sono matrigne ma le bambine, alla fine, nel bosco riescono a salvarsi. Poi, negli anni, la strana linea di frattura che la divide da Candi diventa il filo teso su un abisso sempre pronto a inghiottirla. Bianca attraversa così i suoi primi vent’anni: la scuola e gli amori, la tragedia che pone fine alla sua infanzia e le passioni, tra cui quella per i libri, che la salveranno nell’adolescenza. Negli anni Novanta, infatti, l’eroina arriva in città come un flagello e Bianca sfiora l’autodistruzione: mentre sua madre si avvelena con l’alcol, lei presta orecchio al richiamo della droga. Perché, diverse sotto ogni aspetto, si somigliano solo nel disagio sottile con cui affrontano il mondo? È un desiderio di annullarsi che in realtà viene da lontano, da una tragedia vecchia di decenni e che pure sembra non volersi estinguere mai: è cominciata nel Sonderbau, il bordello del campo di concentramento di Buchenwald. Con una penna vibrante, intinta nella storia del Novecento e affilata da una profonda sensibilità per le umane lacerazioni e debolezze, Marilù Oliva disegna una vicenda incalzante che è anche una riflessione su quello che le famiglie non dicono, sulle ferite non rimarginate che si riaprono, implacabili, attraverso le generazioni. Un romanzo che dà voce al rimosso di un secolo.

Editore : Solferino (21 gennaio 2021)

Pagine: 351

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