Cesare, l’uomo che ha reso grande Roma di Mariangela Galatea Vaglio

A cura di Alice Ortega

Ho sempre amato i libri che si pongono in modo trasversale e che tirano le fila di determinati argomenti che noi umili appassionati di storia percepiamo troppo spesso frammentati, oppure distorti per quanto riguarda l’equilibrio delle forze in campo: sono libri da cui si esce con una visione completa e finalmente equilibrata di una data vicenda, di un dato personaggio, collocati finalmente nella giusta cornice.

A volte questi libri sono biografie, ma non sempre: a volte, a seconda del soggetto dell’opera, ci si sofferma, e giustamente, su vicende personali che potrebbero aver avuto poco a che fare con la Storia in quanto tale, pur essendo importanti per far conoscere al lettore il protagonista della biografia.

Nel caso di “Cesare, l’uomo che ha fatto grande Roma”, si può affermare che Cesare si identificò a tal punto con Roma, e cominciò così presto a prepararsi per quello che sarebbe stato il suo futuro nelle istituzioni romane che possiamo tranquillamente convenire che l’intera vita di questo personaggio – con tutte le sue fasi, dai suoi natali alle esperienze di gioventù ai rapporti con le donne, alle scelte imposte dal cursus honorum e chi più ne ha più ne metta – sia stata volta a un unico obbiettivo, ovvero quello di raggiungere i massimi livelli della politica e prendere in mano le sorti della Repubblica.

Di conseguenza si potrebbe dire che tramite la biografia di Cesare, l’autrice ci descrive, con il suo stile così empatico (si può dire “stile empatico”?) e coinvolgente un passaggio cruciale della storia di Roma: a ogni mossa di Cesare, a ogni rapporto di forza o personale che si instaura o che viene meno, corrisponde una fase ben precisa delle vicende romane e parallelamente dell’ascesa di questo grande leader. 

Insieme a Cesare, ci fa conoscere tutti i maggiori personaggi suoi contemporanei (amici e nemici, romani e “stranieri”): da Silla a Mario, a Pompeo, suo vero antagonista, a Cicerone ma anche Vercingetorige, Cleopatra… insomma, ne esce un affresco corale che se non sapessimo che è tutto vero (e ampiamente documentato, come ci spiega l’autrice nella sua nota finale, dove ci offre un sunto della sterminata bibliografia e spunti per un possibile approfondimento) potrebbe sembrare un romanzo, tanto è ricco di personaggi straordinari, colpi di scena, misteri, intrighi… epilogo drammatico compreso.

Non serve parlare della trama, in quanto la vita di Cesare è nota a tutti: nei suoi passaggi principali, per lo meno…   

E allora, proprio per questo motivo potremmo chiederci, per prima cosa: un altro libro su Cesare, perché mai dovrei leggerlo? Ecco, secondo me vale la pena di leggere questo libro perché l’autrice ha l’abilità non comune di mostrarci i complessi avvenimenti che Cesare attraversa nella sua vita come un tutto continuo, come un romanzo accuratamente strutturato in cui il protagonista si muove con disinvoltura tra amici e avversari, con i suoi pregi – l’istinto in politica, la capacità di fare le scelte giuste, l’abilità nel tessere rapporti, il senso dello Stato – e i suoi difetti – l’ambizione spesso eccessiva, come anche la fiducia negli alleati, che a volte non seppero capirlo, e non sempre per malafede – calando questo personaggio mitico nella realtà del suo tempo e lasciando nella mente del lettore una visione nitida, una volta per tutte, delle sue luci e delle sue ombre. Non avevo mai capito prima così chiaramente le ragioni per cui Cesare fu ucciso, ad esempio; né il ruolo di Cleopatra, che narrato finalmente nella sua realtà storica, spogliato degli orpelli creati anche da tanta cinematografia, appare chiaro nella sua semplicità eccezionale.

Ma proviamo ad andare oltre, e chiediamoci anche: perché un altro libro su Cesare? E perché questo personaggio, a oltre duemila anni di distanza, continua ad esercitare un fascino irresistibile? 

Forse perché incarna una cesura storica, letteralmente: un uomo dal cui nome derivano sia «Kaiser» che «Tsar»…

Ma soprattutto perché ci ripropone non già un dubbio irrisolto, ma un vero e proprio arcano, quale quello proposto da Tito Livio. Il grande storico patavino scrive infatti della storia di Roma a partire dalle origini, in un’epoca in cui ormai il Principato è una realtà politica dalla quale non si può tornare indietro, ma ha ben chiaro il dilemma del percorso che dalla repubblica – passando per le guerre civili – ha portato al potere assoluto e poi all’impero; i 19 libri nei quali parlava di Giulio Cesare sono perduti, ma grazie ad un passo riportato da Seneca sappiamo che, dopo averne narrate diffusamente le vicende e le gesta, chiudeva la trattazione con un interrogativo al quale non sa dare una risposta, e che ci arriva intatto attraverso i secoli: se la nascita di Cesare sia stata un bene o un male per lo Stato…

in incerto esse utrum illum nasci magis rei publicae profuerit an non nasci”, (Lucio Anneo Seneca in Nat. Quaest., V, 18, 4)… 

Non mancano autori che, in epoca ben più moderna, si siano posti il problema dell’analisi del ruolo del “cesarismo” nell’evoluzione politica di una società – quali tratteggiati da Tito Livio e poi ripresi da Machiavelli – come nell’interpretazione gramsciana, riportata nei “Quaderni dal Carcere”…

Concludendo, ho letto questo “Cesare” con grande piacere; al di là di tutte le cose che ci insegna, vorrei aggiungere che la ciliegina sulla torta è lo stile fresco, avvincente, e a tratti irriverente di Galatea Vaglio, che senza mai banalizzare o svilire una materia di straordinario spessore ci tiene incollati alle pagine per sapere come va a finire (ops, stavo per fare uno spoiler!) e che rende questo libro veramente adatto a tutti, credetemi!

 

Trama. Caio Giulio Cesare è un personaggio titanico, insuperato nella storia per statura politica e militare. Non tutti sanno però che Cesare è stato anche un uomo estremamente affascinante. Colto, scaltro, imprevedibile, ha fatto della capacità di ribaltare il tavolo in situazioni avverse la sua carta vincente. Sempre un passo avanti rispetto ad alleati e avversari, vedeva il futuro di Roma, quando altri restavano intrappolati nel suo Senato. Veniva da una delle famiglie più antiche dell’Urbe, ma sapeva spingersi ben oltre i suoi confini per rendere Roma non solo più vasta laddove nessuno lo credeva possibile, ma sempre più ricca e potente. Declinava il suo gusto e la sua eleganza alle necessità dei salotti cittadini, ma non uno dei legionari ha mai messo in dubbio la sua tenuta sul campo di battaglia. Eppure nessuna di queste eccezionali doti lo ha preservato dai colpi di pugnale che hanno posto fine alla sua vita e a quella che sembrava una precipitosa corsa verso il potere assoluto.

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