Dove la sorte ti ha voluto chiamare. Angelo Astolfoni detto Nino, artista e giornalista di Venezia, sottotenente esploratore nella Grande Guerra di Paolo Seno

Trama. Un pacchetto di cartoline in franchigia scritte nel 1916 da un ufficiale di Venezia, Angelo Astolfoni detto Nino. Una serie di scoperte che hanno dato a quel ragazzo un volto e ne hanno svelato la vita, le passioni, il profilo morale, le vicende militari. E una ricerca durata diversi anni che ha portato l’autore a consultare documenti, fonti bibliografiche, e le testimonianze conservate negli archivi militari di Roma e Vienna. Questo e molto altro è alla base della stesura di un romanzo che, prendendo a pretesto la vita di Nino, getta uno sguardo sugli ideali e sulle aspirazioni della generazione che si è mossa nel contesto ricco di fermenti culturali della Venezia di inizio ‘900, ma che è stata travolta dalla prima delle tragedie che hanno caratterizzato il “secolo breve”. Un racconto che, senza alcuna concessione alla retorica, rappresenta un tributo alla memoria della nostra Storia.

Recensione a cura di Alice Ortega

La vita è fatta di un susseguirsi di avvenimenti che possono apparire casuali, all’inizio, ma che poi spesso si intrecciano quasi magicamente per motivi misteriosi: nel caso di questo romanzo, non c’è dubbio che dovesse essere scritto – e il fato ha provveduto a trovare lo scrittore giusto – nella persona di Paolo Seno.

Sarebbe altrimenti inspiegabile l’incredibile serie di coincidenze attraverso le quali il sottotenente della decima compagnia del terzo battaglione del 228º reggimento di fanteria Angelo Astolfoni, detto Nino o Ofi, ha raggiunto il suo biografo:  inizialmente, con una quindicina di sue cartoline in franchigia – quelle che i Soldati usavano per comunicare con i familiari – che l’Autore, già appassionato della storia della I Guerra Mondiale, ha rinvenuto per puro caso in un negozio specializzato. Incuriosito dal fatto che fossero state scritte tutte dalla stessa persona, originaria di Venezia, come lui, Seno le acquista e a poco a poco comincia ad interessarsi del firmatario delle missive: scopre che faceva parte del battaglione “Rovigo”, e che purtroppo è morto pochi giorni dopo aver scritto l’ultima delle cartoline, all’età di venticinque anni. In seguito, durante una vacanza ad Asiago, si reca in visita al sacrario del Leiten, dove percorre i corridoi dell’ossario e si blocca proprio davanti alla lastra che riporta inciso il nome di Angelo Astolfoni. Questo incontro ha rappresentato per l’Autore un momento di tale intensità che da lì in avanti non può più fermarsi: il legame tra lui e il soldato che ha scritto quelle cartoline diventa sempre più intenso fino a quando ne rintraccia il pronipote il quale, entusiasta di poter condividere il ricordo del prozio, la cui memoria è sempre stata viva in famiglia, lo incoraggia a scrivere la sua storia.

Il risultato è un romanzo molto bello e coinvolgente, che seppure risulti essere un po’ didascalico, tale è la cura dell’autore nel non omettere nulla di questa storia semplice e straordinaria allo stesso tempo, colpisce al cuore per l’intensità delle emozioni e dei sentimenti che emergono dalle numerosissime fonti citate – diari di guerra, articoli di giornale dell’epoca, lettere, moltissime lettere anche molto intime, necrologi… – e   per l’affetto autentico con cui l’autore, con tutta evidenza, decide di rendere omaggio a questo suo giovane concittadino che la sorte gli ha fatto incontrare al di là del tempo e dello spazio.

Con grande abilità, l’Autore, attraverso la vicenda umana di Nino, giovane studente di Belle Arti e giornalista, ci fa conoscere la Venezia di inizio XX secolo, con  il vivace ambiente culturale e politico e poi l’entrata in guerra, il modo così particolare in cui la gente dei “territori irredenti” della Venezia Tridentina e della Venezia Giulia affrontò il momento storico, tra l’aspirazione all’unità nazionale e una secolare tradizione imperiale; e poi la disillusione del passaggio dagli alti ideali alla tragedia della guerra, il dramma degli sfollati…

Credo sia un romanzo che richiede di essere letto senza fretta, densissimo di contenuti e di emozioni e più vero del vero, come dovrebbe essere ogni buon romanzo storico… I personaggi sono così ricchi e ben delineati che si fa davvero fatica a distinguere quelli veri da quelli immaginari… e quando scoprite quelli veri, cominciate a chiedervi com’è possibile che tante persone speciali e affascinanti abbiano attraversato la vita di Angelo Astolfoni detto Nino. Ma forse è proprio questo che rende la sua storia così unica.

Non mi commuovo facilmente, eppure nella lettura di questo libro mi è successo più di una volta, soprattutto durante la lettura delle lettere che la mamma di Nino gli scrive quasi ossessivamente, chiedendogli di stare attento a mille cose, di scrivere quando può… struggente. Ma soprattutto mi ha colpito una semplice domanda che il romanzo ci pone, quasi in chiusura: quante vite ha cambiato la morte di Nino? 

Senz’altro Nino era una persona buona, affettuosa, molto amata e stimata per tanti motivi: ma non è forse questa una riflessione che si può fare per i caduti di tutte le guerre? Lo strazio dei familiari, degli amici, dei compagni d’arme che assistono agli ultimi momenti di una giovane vita, non sono forse le peggiori ferite che una guerra lascia dietro di sè?

Da ultimo, credo che la ricchezza delle fonti che l’Autore inserisce nel romanzo, e che noi leggiamo come una parte integrante dello stesso, sia uno degli elementi che contribuiscono a renderlo un’opera così preziosa: le fonti hanno il potere di riportarci indietro nel tempo, nella mente di chi in quel momento stava scrivendo e riportando sulla carta dati, riflessioni, emozioni…  che sono, almeno per ora, l’unica macchina del tempo a nostra disposizione.

  • Editore ‏ : ‎ Tra le righe libri (15 giugno 2020)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 356 pagine
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