EDUCAZIONE SIBERIANA – NICOLAI LILIN

Trama

Cosa significa nascere, crescere, diventare adulti in una terra di nessuno, in un posto che pare fuori dal mondo? Pochi forse hanno sentito nominare la Transnistria, regione dell’ex Urss autoproclamatasi indipendente nel 1990 ma non riconosciuta da nessuno Stato. In Transnistria, ai tempi di questa storia, la criminalità era talmente diffusa che un anno di servizio in polizia ne valeva cinque, proprio come in guerra. Nel quartiere Fiume Basso si viveva seguendo la tradizione siberiana e i ragazzi si facevano le ossa scontrandosi con gli “sbirri” o i minorenni delle altre bande. Lanciando molotov contro il distretto di polizia, magari: “Quando le vedevo attraversare il muro e sentivo le piccole esplosioni seguite dalle grida degli sbirri e dai primi segni di fumo nero che come fantastici draghi si alzavano in aria, mi veniva da piangere tanto ero felice”. La scuola della strada voleva che presto dal coltello si passasse alla pistola. “Eravamo abituati a parlare di galera come altri ragazzini parlano del servizio militare o di cosa faranno da grandi”. Ma l’apprendistato del male e del bene, per la comunità siberiana, è complesso, perché si tratta d’imparare a essere un ossimoro, cioè un “criminale onesto”. Con uno stile intenso ed espressivo, anche in virtù di una buona ma non perfetta padronanza dell’italiano, a tratti spiazzante, con una sua dimensione etica, oppure decisamente comico, Nicolai Lilin racconta un mondo incredibile, tragico, dove la ferocia e l’altruismo convivono con naturalezza.

Copertina flessibile: 348 pagine
Editore: Einaudi; 2 edizione (21 febbraio 2014)
Collana: Super ET
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8806219588
ISBN-13: 978-8806219581


Nicolai Lilin, pseudonimo di Nicolaj Verzbckij, è nato il 12 febbraio 1980 nella città di Bender in Transnistria, uno stato non riconosciuto dall’ ONU. Lo pseudonimo di Lilin è stato scelto dall’autore come omaggio alla madre lilia. Questa scelta riflette il forte attaccamento dell’autore alla sua famiglia. Gli antenati di Nicolai erano fuorilegge e cacciatori siberiani, che dopo la rivoluzione comunista del 1917, furono costretti a rifugiarsi in Transnistria per sfuggire alle persecuzioni in quanto accusati di brigantaggio. Nicolai si è trasferito in Italia nel 2004, prima in Piemonte tra Torino e Cuneo. Attualmente vive e lavora a Milano. Nel 2009 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio “Educazione siberiana” scritto direttamente in lingua italiana.
La Transnistria, dove Nicolai è nato e vissuto, è una regione oggi inglobata in territorio moldavo, dichiaratasi indipendente negli anni novanta ma mai riconosciuta come tale, i cui abitanti di origine siberiana e in gran parte deportati hanno subito una continua repressione da parte di Stalin e del regime comunista, sviluppando così una comunità chiusa in se stessa, ostile a qualsiasi ordine costituito e regolata dalle ferree leggi dei ”criminali onesti”: un sorprendente mix di giustizia, lealtà, tradizione, saggezza e violenza estrema che i siberiani portano scritto addosso attraverso la complessa simbologia dei tatuaggi.
Per un ragazzino cresciuto tra armi e preghiere, coltelli e icone religiose, in un ambiente dove uccidere per non morire diventa la prima regola, educato fin da piccolo alla ribellione verso ogni organo di potere, che impegna il suo tempo in sfrenate guerriglie tra bande di quartiere o svolgendo commissioni per conto di criminali anziani, diviene naturale trasformarsi in una specie di paradosso vivente, un ossimoro, ultrasensibile e aggressivo al contempo, capace di un enorme rispetto per i deboli così come di una ferocia terribile e vendicativa. Questa è l’educazione siberiana di Kolima Lilin, un codice morale non scritto ma tatuato sulla pelle, dove amore e odio, bellezza e violenza, amicizia e vendetta si intrecciano continuamente fino a quasi completarsi. Un’educazione che lo scrittore ci narra attraverso le sue esperienze personali: avventure, lotte, giornate trascorse lungo il fiume, episodi drammatici o divertenti, la violenza, la morte, il carcere, la guerra. Nicolai passa attraverso tutto questo per crescere, per farsi le ossa, per diventare grande. È un percorso obbligato per lui, ragazzino nato in quel paese che è quasi un non-luogo, una terra di nessuno, incrocio di racconti e molteplici tradizioni. Non vi è possibilità di scegliere: deve uccidere per vivere o meglio per sopravvivere.
Il racconto ci offre l’atmosfera affascinante di un viaggio nel passato e nell’ignoto. Il linguaggio di Lilin è diretto, giovanile, crudo. Il narratore non può dire il sangue in altri modi, non può fare poesia mentre racconta gli omicidi a cui ha assistito o preso parte. Le scene sono brutalmente delicate. Gli occhi sensibili del protagonista si sorprendono talvolta nell’osservare tanta violenza gratuita, ma inevitabile. Gli omicidi e le lotte non potevano essere descritti diversamente; la carta non può mentire riguardo ai sentimenti. Ed è così che nasce un libro vero al cui centro sta il protagonista: un ragazzino capace di azioni estremamente violente. Sì perché l’educazione dei giovani all’interno delle comunità è uno dei temi principali del romanzo. I bambini sin da piccolissimi vengono istruiti alla violenza, familiarizzano con le armi fin dalla nascita in quanto costantemente e visibilmente presenti nelle case, quasi divinizzate (il loro posto è vicino alle icone religiose o sotto i crocefissi). I giovani vengono di fatto addestrati a non rispettare la legge che esiste al di fuori della comunità. Tuttavia appare subito chiaro come in realtà esistano leggi ferree di comportamento che pretendono il rispetto per gli anziani e per le persone con problemi mentali. Violenza, vendetta, odio, ma anche solidarietà, amore, rispetto, disciplina sono tutti pilastri fondamentali nell’educazione dei giovani.
Educazione siberiana è un’opera singolare, che non solo merita di essere letta, ma anche riletta per meglio apprezzare tutte le diverse sfaccettature della vita che il testo porta alla luce. Leggendo si ha la sensazione di percorrere un sentiero con mille biforcazioni, ognuna delle quali porta ad una diversa sensazione, una diversa riflessione. Quasi senza accorgersene il lettore si avvicina sempre di più ad una cultura che difficilmente riuscirebbe ad immaginare e scopre come esempi di umanità pura e forte possano trovarsi ovunque, anche nei luoghi più inaspettati. Il confronto con la società attuale è quasi obbligato e lentamente svanisce la linea che separa ciò che si ritiene socialmente accettabile da ciò che non lo è. Alla fine del libro si ha la sensazione di dover salutare un vecchio amico rincontrato dopo tanto tempo che per qualche ora ci ha regalato senza sforzo frammenti della sua vita. Questi frammenti sono una scossa alle basi salde su cui ci reggiamo, squarciano un velo dietro al quale si nasconde l’uomo fatto al contempo di bene e di male, di amore e di odio.

a cura di Cristina Costa 

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