Io sono la contessa. Matilde di Canossa: la vita di una delle più grandi donne della Storia – Cinzia Giorgio

Mentre sta lavorando al restauro di una preziosa copia della Vita Mathildis, la biografia ufficiale di Matilde di Canossa scritta da Donizone, la professoressa Demetra Fusselman fa una scoperta che la lascia di stucco. Nascosto tra le pagine del manoscritto c’è infatti un altroin folio, che riporta una firma inequivocabile: “Matilda. Dei gratia si quid est”. Demetra si rende subito conto di avere tra le mani un vero e proprio memoir, scritto di suo pugno dalla signora di Canossa. Si dipana così l’epopea della celebre contessa. Una storia inizialmente sciagurata, tra la prigionia insieme alla madre su ordine dell’imperatore Enrico III e il triste matrimonio con il fratellastro Goffredo il Gobbo, ma che cambia in modo decisivo quando l’ancora giovane Matilde decide di prendere in mano le redini della sua esistenza e di fare la Storia. Tra nobili, papi, intrighi di palazzo, amori e ambizione sfrenata, Matilde racconta la sua versione dei fatti e di come ha cambiato il proprio destino e quello di molti altri. Amore, odio, passione e ambizione: chi era davvero Matilde di Canossa?

  • Editore ‏ : ‎ Newton Compton Editori (23 gennaio 2024)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 256 pagine

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

“Il mio compito ora è di raccontare come si sono davvero svolti i fatti che hanno portato alla più sanguinaria delle lotte tra papato e impero”.

Chi di noi non conosce la celebre Matilde di Canossa, contessa di Mantova, duchessa di Spoleto, margravia di Toscana, duchessa consorte della Bassa Lorena, contessa consorte di Verdun e duchessa consorte di Baviera, nota anche come la Gran Contessa? 

Cinzia Giorgio ci racconta la storia di questa straordinaria nobildonna di stirpe longobarda appartenente alla dinastia degli Attoni (comunemente chiamati “Canossa” dal nome di un loro feudo), trasportandoci in un mondo lontano, un periodo turbolento per la Chiesa e il Sacro Romano Impero, quello della lotta per le investiture, un tempo oscuro fatto di guerre e lotte fratricide dove, ovviamente, non c’è spazio alcuno per le donne. Eppure, nonostante tutto, la protagonista di questa storia, Matilde, ha saputo ritagliarsi un posto tutto suo, ha gestito un regno e ha tenuto testa a papi e imperatori, scegliendo la libertà: in un mondo governato esclusivamente dagli uomini ha scelto di non invecchiare nelle comode e confortevoli stanze di un palazzo, ma di essere protagonista non solo della propria esistenza, ma anche della Storia.

Ma chi era realmente Matilde? L’autrice ce la racconta attraverso un ipotetico manoscritto che la professoressa Demetra Fusselman, ricercatrice e studiosa di Storia, viene chiamata a esaminare e a restaurare in Vaticano, una la biografia ufficiale di Matilde di Canossa scritta da Donizone. Tra quelle carte, però si rende conto che è custodito un memoir scritto proprio dalla stessa contessa.

Matilde, figlia di Bonifacio di Canossa e Beatrice di Lotaringia, nasce (1046) in un periodo in cui suo padre, grazie ai suoi estesi possedimenti, ha acquisito un potere talmente elevato da generare non tanto invidia quanto più timore da parte dell’Impero:

“Il suo potere crebbe e fu palese che il signore di Canossa e di Toscana faceva onore ai suoi avi, diventando sempre più potente. Il disappunto dell’imperatore Enrico il Nero divenne odio. E l’odio si trasformò ben presto in desiderio di vendetta, che sfociò nell’attentato a Bonifacio durante la battuta di caccia che gli fu fatale”.

Dunque Matilde resta orfana di padre, ed è a questo punto che nella sua vita entra una figura chiave che determinerà tutta la sua futura esistenza: il monaco benedettino Ildebrando, scelto da sua madre per fare da guida spirituale alla famiglia e da precettore ai suoi figli, perché Matilde ha anche un fratello maggiore, Federico. Da subito il rapporto tra Ildebrando e la bambina diventa sempre più esclusivo, anche perché la piccola Matilde è davvero fuori dal comune:

“Non si era mai vista una bambina così incline alla guerra come allo studio. In acume e forza fisica superava infatti il legittimo erede di Bonifacio. Tutti pensavano che fosse l’ultimogenita la vera incarnazione della discendenza paterna, e non quel fragile e timido ragazzo dallo sguardo dolce assieme al quale prendeva lezioni di guerra e teologia”.

La contessa Beatrice però a un certo punto comprende di non essere in grado di gestire l’immenso feudo che le ha lasciato il marito senza l’aiuto di un uomo, rischierebbe di divenire una facile preda per chiunque, soprattutto per l’imperatore:

“La caduta di Canossa significherebbe per la chiesa la perdita di un baluardo, e l’imperatore avrebbe un potere così immenso da far tremare i cieli …”.

Sì, perché Canossa da sempre è fedele al papa. Dunque Beatrice contrae un nuovo matrimonio, sposa Goffredo il Barbuto, duca della Bassa Lotaringia. Ma questa unione si rivela fatale per Matilde la quale, a causa di un accordo prematrimoniale, in futuro sarà costretta a sposare il figlio di Goffredo. L’unione non piace affatto all’imperatore che, con il pretesto di un incontro a Firenze, arresta tutta la famiglia dei Canossa. Il papa però intercede in loro favore e riesce a ottenere un accordo: Beatrice e Matilde vivranno alla corte imperiale, mentre il marito e Federico nei loro possedimenti. La separazione da madre e sorella però sarà fatale al giovane erede già malaticcio di suo: morirà pochi mesi dopo in circostanze mai del tutto chiarite.

Matilde, dunque, rimane in terra tedesca per due anni dove si lega molto al cugino, il figlio dell’imperatore, altra figura determinante nella vita della Gran Contessa. Morto l’imperatore le due possono finalmente rientrare a Canossa:

“Matilde giurò a sè stessa che mai nessuno si sarebbe impadronito della sua rocca, l’avrebbe difesa e governata a costo della vita”.

Purtroppo però anche per lei giunge il momento di contrarre matrimonio e onorare il patto tra sua madre e, a questo punto, il defunto secondo marito: Matilde deve sposare Goffredo (il Gobbo) di Lotaringia. A nulla servono le suppliche o la confessione di non essere più illibata, deve sposare quell’uomo rozzo, ignorante e volgare al più presto. Dopo un paio di anni, in seguito a un parto difficile in cui nasce un bambino morto e lei rischia quasi di perdere la vita, l’indomita Matilde prende una decisione importante:

“…non potevo e non volevo prendere ordini da nessuno. Per quanto folle potesse sembrarmi la prospettiva di essere io la padrona di me stessa, l’idea di poter gestire da sola la mia vita mi rendeva smaniosa di lasciare la corte di mio marito e di ricominciare a vivere a Canossa al più presto”.

Con il pretesto di far visita a sua madre, Matilde si mette in viaggio, abbandona definitivamente il marito e torna a Canossa. E questa volta per restare.

“Sono la figlia di Bonifacio di Canossa, sono nata per governare queste terre e nessuno potrà mai impedirmelo. Nemmeno mio marito”.

A Canossa ritrova anche Ildebrando, il quale promette di aiutarla a restare, anche perché il periodo che sta attraversando il feudo è molto delicato in quanto l’imperatore, che a questo punto della storia è il cugino Enrico con il quale aveva diviso studi e giochi durante la cattività in Germania, è in rotta con il papato, e questo insanabile dissidio può facilmente sfociare in una guerra, perciò Matilde deve eventualmente essere pronta a combattere.

“E così ci pensai io a portare alto il vessillo degli Attonidi da cui discendevo, e mi misi alla guida del nostro feudo, che si estendeva dalla Longobardia fino a Viterbo, includendo Modena, Reggio, Parma, Ferrara, la Toscana di cui ero marchesa e i ducati di Camerino e Spoleto”.

Il papa è malato e ben presto muore. Al suo posto viene eletto a furor di popolo proprio il frate Ildebrando, che prende il nome di Gregorio VII

“Nel decreto di elezione venne riportato che il nuovo pontefice era un uomo potente nella coscienza umana e divina, un amante distinto di equità e giustizia, forte nelle situazioni avverse, moderato in quelle favorevoli, di buoni costumi, pudico, modesto, sobrio, casto”.

Ed è in questo momento che i rapporti tra papato e impero diventano incandescenti perché Ildebrando/Gregorio inizia a sostenere con forza la tesi della supremazia della Chiesa su ogni altro potere. Questo fa circolare tra i vari signori una petizione per deporre il papa, corredata persino da gravissime accuse, tra le quali figura anche quella che il nuovo pontefice abbia rapporti ambigui e poco cristiani con la Gran Contessa. Ed è proprio il marito di quest’ultima a fomentare certe accuse perché non riesce ad accettare la separazione dalla moglie che, chiaramente, oltre ad essere un affronto al suo onore, rappresenta anche una perdita ingente di potere rappresentato dagli immensi possedimenti di Matilde. Dal canto suo, la nostra protagonista inizia a meditare di far fuori Goffredo così da potersi considerare finalmente libera. Fortunatamente per lei il marito è un personaggio alquanto scomodo per molti, tra i quali tale Roberto di Fiandra, la mano che lo toglierà definitivamente di mezzo in una latrina.

“Goffredo IV, duca della Bassa Lotaringia, conte di Verdun e Margravio, nonché reggente di Toscana in quanto mio consorte, perì con una lancia nell’ano”.

La Storia ma anche G. R. R. Martin, dunque, ci insegnano che talvolta i bagni sono dei posti molto pericolosi!

Lo scontro tra impero e papato arriva all’apice quando Gregorio scomunica l’imperatore Enrico, e Matilde, nonostante la prostrazione per la perdita di sua madre avvenuta proprio in quel periodo, decide di assumere il ruolo di mediatrice tra le due fazioni, così da incoraggiarne una riconciliazione.

“Con la morte di mio marito prima e di mia madre adesso, i miei possedimenti erano sconfinati. Ero entrata in possesso di un’eredità territoriale immensa. Mai nessuna donna era arrivata tanto in alto. E intendevo rimanerci fino alla fine dei miei giorni”.

Da questo momento in poi il ruolo di Matilde diviene cruciale poiché per tutta la sua vita si impegna con fervore a favore del papato durante la lotta per le investiture, emergendo come una figura di primaria importanza in questo periodo storico, restando costantemente in bilico tra la fedeltà al papato, così come era consuetudine per la sua famiglia, e il desiderio di cessare le ostilità con Enrico, il cugino per il quale nutre grande affetto.

La Matilde che qui ci viene presentata è una donna dalle mille sfaccettature che però convergono tutte in un’unica direzione, ovvero Canossa. Ogni suo gesto, ogni sua scelta, ogni mossa, privata o pubblica, volge esclusivamente alla salvaguardia del suo feudo, a mantenere alto l’onore della sua stirpe, gli Attonidi. 

È una figura quasi mitologica oggi Matilde, una intorno alla quale già dai primissimi anni dopo la morte si è venuto a creare un alone di leggenda. È passata alla storia come una contessa monaca, dedita alla contemplazione e alla fede per alcuni, ma per altri come un personaggio animato da forti passioni sia spirituali che carnali e come amante di ben due pontefici, Gregorio VII e Urbano II. Petrarca ha scritto di lei che “conduceva con animo virile le guerre, imperiosa verso i suoi, ferocissima verso i nemici, molto liberale verso gli amici”, mentre Ariosto scrive di lei come “la contessa gloriosa / saggia e casta”.

Chi sia stata realmente Matilde non lo sapremo mai. L’unica certezza che abbiamo, e che Cinzia Giorgio con questa bellissima e particolareggiata biografia romanzata ci conferma, è che la Gran Contessa è stata una figura femminile di grande importanza nella storia del Medioevo europeo, una di quelle donne che hanno fatto la storia, quelle che non si sono sedute vicino al caminetto a fare la calza. È stata una donna d’azione e una guerriera, pienamente protagonista, e non solo pavida spettatrice, dei fatti che hanno sconvolto e trasformato l’età in cui ha vissuto.

Una piccola particolarità. Esiste una leggenda, o diceria che dir si voglia, riguardo la nostra Gran Contessa. Pare che Matilde avesse chiesto con una certa insistenza al papa che il sacerdozio potesse essere esteso anche alle donne, lei compresa. Gregorio/Ildebrando, che come abbiamo visto le era particolarmente legato, per prendere tempo probabilmente, le promise che le avrebbe concesso di officiare messa se avesse fatto costruire cento chiese. Si dice che morì proprio a un passo dal traguardo, ovvero dopo aver fatto costruire la novantanovesima chiesa.

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