La condanna del sangue. La primavera del commissario Ricciardi di Maurizio De Giovanni

Che succede a giocare con le illusioni, a cancellare i sogni? Una cartomante e un’usuraia, nella stessa persona: inventare il futuro e sbriciolarlo tra le dita. Mentre la città si apre alla primavera, nel solito trionfo di profumi e canzoni, il più tenero degli amori diventa la peggiore delle condanne: e spegne nel sangue anche il ricordo di un’antica passione.

  1. Lunghezza stampa 296 pagine
  2. Lingua Italiano
  3. Editore Einaudi
  4. Data di pubblicazione 12 giugno 2012

Recensione a cura di Sara Valentino

Questa estate nella lista dei libri da leggere ho inserito il secondo volume della fortunata serie, ora anche televisiva, del personaggio nato dalla penna di Maurizio De Giovanni, Ricciardi.

“D’altra parte, a Ricciardi non sembrava importare nella della carriera. Era sempre immerso nel lavoro, sacerdote della giustizia più che impiegato statale, seduto nel suo ufficio o mentre attraversava a piedi i quartieri più sordidi, sotto la pioggia battente o nel caldo intenso dell’estate, alla febbrile ricerca della sorgente del dolore che lo soffocava”

Il commissario Ricciardi si svela ancora un poco in questo nuovo episodio, già avevo imparato a conoscerlo, a entrare in sintonia con il suoi silenzi carichi di emozioni e malinconia. Il dono che deve portarsi addosso, sulle spalle e nel cuore, è un fardello tanto pesante perchè non gli dona requie mai. Se il suo lavoro è quello di scoprire la verità ed assicurare i malviventi alla giustizia, il “fatto”, come viene sin da subito chiamato, lo tallona da presso in ogni angolo. La morte è improvvisa a volte e il tempo di chiudere i conti non lo lascia, un messaggio a chi può sentire è l’ultimo baluardo per serrarli per sempre o per vendicarsi.

Sono romanzi gialli ambientati in maniera magistrale nella Napoli degli anni 30. I personaggi sono ben caratterizzati sia tra i protagonisti che tra i comprimari e tra i protagonisti d’eccezione.

Un gioco a rimpiattino con la morte, quella che il commissario Ricciardi può vedere in faccia come nessun altro. Ecco perchè il fidato brigadiere Maione, nella prima ispezione in caso di omicidi, lascia che il commissario entri da solo, il morto saprà vederlo e lui viceversa, nei pochi versi criptici che il fantasma saprà proferire si costruirà la base per le indagini.

Questo particolare episodio vede la morte di una cartomante, nelle pagine che segnano il passaggio dall’inverno alla primavera, al cospetto con un suicidio terribile, forse proprio dell’assassino, Ricciardi saprà guardare in faccia la morte e scartare le carte proprio in vece della donna deceduta. Il commissario però con la sua vena di malinconia si scopre avere un lato piuttosto romantico, lo possiamo scorgere attraverso gli sguardi al crepuscolo verso una finestra.

Lo stile di De Giovanni è di una poesia disarmante, una calamita per gli occhi, tanto che non è facile fermarsi e sottolineare e riflettere come spesso mi accade, no… non ci sono riuscita, ho tirato dritto per sapere cosa fosse accaduto veramente e ne sono rimasta stupita.

“Forse vittima e carnefice ballano nella luna, in qualche radura incantata, assieme agli altri morti”

Una storia nella storia invece ci racconta i drammi di una famiglia, una donna, una madre che paga cara la sua bellezza. Una donna sola, soprattutto se bella, non ha diritto a essere libera e questo è un fatto vero che pesa quanto un macigno. Ecco che l’autore ci racconta dei legami di una madre verso il figlio e di un figlio verso la madre, un sodalizio di amore e dolore.

“Capì quello che sono i figli, ancora una volta, figli che sfregiano, che uccidono a calci, che aspettano la morte della madre… e madri che mentono, rubano, truffano per loro. Che per i figli rinunciano all’amore e alla vita, alla bellezza ai sogni”

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