La libertà delle foglie morte di Elide Ceragioli

“La libertà delle foglie morte” è un romanzo di fantasia a sfondo storico (ambientato a Berlino, in epoca nazista, alla metà degli anni ’30 del ‘900, al momento dell’emanazione delle leggi razziali). Si rivolge ad un pubblico adulto raccontando il salvataggio di molti ebrei da parte di protagonisti diversi le cui vicende si intrecciano per un arco di tempo breve, ma intenso. Nella Berlino anni ’30 Jacob con alcuni amici si trova, suo malgrado, coinvolto da protagonista nell’azione contro le leggi razziali. Sconvolto, ma non travolto, dal momento storico lotta per amore di Judith, sua compagna di scuola ebrea, e l’innata dote artistica che solo lui possiede diventa strumento di salvezza per tanti. La sua vita si intreccia con l’agire di molti altri personaggi, di alto rango o di umile condizione, gerarchi nazisti e alti prelati, donne di dubbi costumi ed umili suore, ragazzi e professori, ecclesiastici ed ebrei, pubblici funzionari e madri di famiglia. Tutti, più o meno consapevolmente, nell’ombra e nel silenzio, ma con fantasia e determinazione, chi coinvolto dalla volontà chi dal caso, operano in difesa di chi sarebbe altrimenti condannato solo perché non ariano.

  • Editore ‏ : ‎ Youcanprint (14 ottobre 2019)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 330 pagine

Recensione a cura di Alice Croce Ortega

Non poteva esserci momento migliore, alla vigilia della Giornata della Memoria, per leggere questo romanzo drammatico ma allo stesso tempo pieno di speranza, che ci porta a Berlino, nel periodo che precede la seconda Guerra Mondiale: quando l’effetto delle leggi razziali comincia a farsi sentire e l’atmosfera in città comincia a farsi sempre più pesante.

Il nostro protagonista è un giovane sfortunato, che ha perso il padre prematuramente e in modo così straziante che anche la madre, distrutta dal dolore, a poco a poco ha cominciato a perdere il senno. Ma il nostro giovane Jacob è un artista: ed è solo grazie alla sua arte che riesce a tirare avanti, a prendersi cura della mamma, in una parola a continuare a vivere.

Tutti sappiamo dell’ossessione che il regime nazista ebbe nei confronti dell’arte, e che si manifestò in due modi: tentando di distruggere tutte le opere classificate come “degenerate” e saccheggiando l’Europa di tutta l’arte antica e moderna su cui riuscí a mettere le mani. Si calcola che le opere sequestrate nei Musei tedeschi siano state oltre 16.000 e oltre 5 milioni in tutta Europa: gli artisti all’indice furono ad esempio Max Beckmann, Paul Klee, Oskar Kokoschka, Otto Dix, Marc Chagall, El Lissitzky 

Nella Berlino del 1937 vennero organizzate due incredibili mostre: una di “Arte Germanica” e una di “Arte Degenerata”. La prima mostrava i grandi capolavori trafugati di artisti come Leonardo, Donatello e Raffaello; l’altra, invece, era dedicata alle opere di artisti all’indice come Monet, Modigliani e Kandinskij, esposti come fenomeni da baraccone da deridere e condannare. Era il frutto della razzia, nei musei dei territori occupati e nelle case di collezionisti ed ebrei, di capolavori destinati a occupare gli spazi di quello che Hitler immaginava come il Louvre di Linz, rimasto poi solo sulla carta e a Carinhall, la residenza privata di Goering, l’altro grande protagonista del saccheggio dell’Europa. Avvalendosi di esperti intenditori e mercanti d’arte, il Fuhrer depredò letteralmente l’Europa delle sue meraviglie più grandi, rapendo non soltanto le vite dei suoi abitanti, ma anche l’espressione della loro stessa cultura.

L’idea di purezza della razza venne applicata anche a qualsiasi aspetto dell’arte: dividendo il bello dal brutto, Hitler intendeva così rendere la cultura germanica migliore di tutte le altre. Cosí decise di privare l’espressione artistica della sua funzione originaria, trasformandola in bene privato, tesoro personale e oggetto di lusso sfrenato. Pur di accaparrarsi quadri e statue degli artisti classici più famosi, terrorizzò i proprietari ebrei facendo loro percepire l’imminenza della deportazione e la minaccia di morte certa, dopo estenuanti torture. Molte famiglie acconsentirono allo scambio della loro eredità per la propria vita, altre “regalarono” le loro fortune sperando nell’immunità, poche combatterono pagando con la vita.

Non deve stupire quindi che in un quadro di tale drammaticità, anche gli oppositori del nazismo abbiano cercato di servirsi di questa follia per opporre resistenza alla violenza delle deportazioni e alla progressiva privazione delle libertà: quando il professore d’arte di Jacob si accorge del suo genio lo coinvolge in una missione rischiosissima, copiare alcuni disegni antichi da spacciare per un fantomatico Codice del Mantegna e cederli a un ricchissimo gerarca nazista per ottenere i salvacondotti che avrebbero garantito la fuga di tante persone disperate verso terre piú libere…

Questo libro è un triste viaggio tra le peggiori miserie umane che il nazismo incentivò, dal razzismo più bieco alle peggiori perversioni nutrite dal potere assoluto di vita e di morte sugli altri, da una parte, e i commoventi atti di eroismo di cui le persone più semplici, come Jacob e i suoi amici, si resero protagonisti, forti di quella sete di giustizia e di quel senso di lealtà verso gli esseri umani più sfortunati che forse non avrebbero mai scoperto di avere, in condizioni diverse. E che ci lasciano con una rinnovata speranza e fiducia nell’umanità. 

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