LA RAGAZZA DELLA MONTAGNA – Veronica del Vecchio

1942, Val di Sur. Tra i boschi sterminati ai piedi del monte Spino si nasconde una compagnia circense. Sono uomini e donne legati dalla paura: neppure gli abitanti del paese vicino devono sapere che sono lì, se scoperti rischierebbero l’arresto. E così, quando le urla di una ragazza sconosciuta che scende precipitosamente dalla montagna diventano impossibili da ignorare, il gruppo si ritrova davanti a un bivio: accoglierla e mettere a rischio la sicurezza di tutti o abbandonarla al suo destino? Vince la linea dell’accoglienza, ma dopo il suo arrivo le cose non saranno più le stesse: tra litigi, vecchie ferite e nuovi legami, col trascorrere del tempo la tensione si fa sempre più alta. Il prosieguo della guerra mette a dura prova tutti e quando un manipolo di soldati tedeschi scoprirà il loro nascondiglio, evitare una scelta drammatica non sarà più possibile. Un romanzo ispirato a vicende reali accadute durante la Seconda Guerra Mondiale tra le valli bresciane, dove la pace non sembrava potesse più tornare.

  • Editore ‏ : ‎ Newton Compton Editori (10 febbraio 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 288 pagine

Recensione a cura di Paola Nevola

Amo le storie che si svolgono tra le nostri valli montane, il fascino dei monti silenziosi testimoni perenni dello scorrere della storia, e delle vite di molti che nella seconda guerra mondiale vi hanno trovato rifugio o si sono uniti in gruppi combattenti contro i tedeschi e gli stessi italiani.

Da Gardone (sul Garda nella provincia di Brescia) si sale tramite i sentieri tra i boschi la Val di Sur fino a giungere sotto il monte Spino dove una compagnia di circensi vi ha trovato un rifugio isolato.

Protetti dalla natura giungono gli echi della guerra, gli animi sono scossi dalla paura di essere scoperti, di non reperire cibo, di non riuscire a riprendersi la vita di prima, di non trovare più la forza un domani di regalare stupore e sorrisi.

La Ragazza della Montagna è un romanzo di grande impatto emozionale, forte e intenso, in cui ci si trova profondamente coinvolti e trascinati dalla storia.

La narrazione procede con due voci narranti molto introspettive una è quella di Vincenzo, un ragazzo zoppo, e segue la vita della piccola comunità circense, è il figlio di Anna vedova capostipite del circo. 

Anna è un personaggio magnifico, matriarca e madre generosa, accoglie e protegge tutti come figli, devota e religiosa, invoca e sussurra preghiere nel suo dialetto, come una scaramanzia, conosce le erbe per dare sollievo e curare, è lei la guida è lei che decide, il suo sguardo vede, scruta, comprende e il riferimento per tutti, una comunità matriarcale. 

Lina, sorella di Vincenzo, splendida cavallerizza innamorata dei suoi cavalli, del futuro, della vita e dell’amore, il fratellino Tonino giovane ragazzino che cresce e impara a diventare adulto e Boris il vecchio e saggio clown augusto, che regala suggestive note gitane col suo violino. Loro sono tra i personaggi principali, ma sono tutti protagonisti, come i due gemelli trapezisti, il giocoliere e tutti gli altri perché il circo è una famiglia. 

Poi c’è il Soldato una voce narrante molto intima, il suo nome rimane ignoto per tutta la narrazione rivelandosi solo nel finale, è un soldato arruolatosi per obbligo, per sfuggire ai lager tedeschi, nell’esercito italiano e spedito nei campi di addestramento tedeschi, anche questi simili ai lager per  rientrare con la sua compagnia in Italia in un viaggio in treno pieno di incertezze. 

Montagne e mari che scatenano la nostalgia di luoghi in cui non vivrai mai. Ma a me in realtà poco importa il dove, l’importante ora è: vivrò?

La sua voce racconta tutto il suo disagio nel vivere in quelle condizioni sia per lo scarso cibo ed equipaggiamento sia perché il suo è un sopravvivere con la speranza di trovare una fuga, reale e morale, non sentendosi parte di quell’ideale, una sofferenza fatta di incubi coi volti e i corpi di nemici o amici morti che lo tormentano . 

Torniamo in val di Sur, un giorno inaspettatamente a sconvolgere la comunità di quei poveri riottosi ed emarginati giunge dai monti una ragazza ferita di cui non si sa nulla, dopo alcune parole in una lingua che nessuno conosce perde conoscenza, il sospetto è che sia ebrea. 

Già eravamo ricercati dalla polizia e un anno prima ci eravamo dati alla macchia per sfuggire alla requisizione e al rastrellamento imposto di circhi e carovane.

Gli equilibri si rompono, portando a dover fare delle scelte, qualcuno preferisce allontanarsi nei boschi, altri si stringono a condividere come sempre le loro difficoltà, la fame e il freddo dei rigidi inverni. 

L’onore che si perde in un minuto… non è ristabilito (neppure) in cento anni.

La sofferenza della guerra, la malattia, il freddo rigido invernale, la fame porta tutti ad un cambiamento che non è solo fisico, ma una crescita interiore, specialmente Vincenzo che riesce ad accettare l’incidente che lo ha reso zoppo, a raccontarsi, a trovare comprensione e ad imparare di amarsi. 

Il mio sogno? Non me l’aveva mai chiesto nessuno. La gente del circo non si fa troppe domande, segue la via degli antenati. Nasciamo lungo la strada, cresciamo sotto il tendone. Non c’è posto per noi oltre il perimetro circense.

Le difficoltà della gente nelle zone del Garda si complicano quando il 23 settembre 1943 Mussolini dichiara la Repubblica sociale italiana con sede a Salò. Ma ormai Mussolini era confinato nella sua villa, controllato dai tedeschi e isolato da tutti. Praticamente le zone erano controllate dai tedeschi e i soldati italiani che rientravano come il nostro Soldato erano malvisti dalla popolazione, denigrati e insultati, considerati carne da macello dai tedeschi. 

Di conseguenza la compagnia di circensi è maggiormente in pericolo e le condizioni sempre più difficili sia per recuperare il cibo, sia per la paura reale di essere scoperti. Il circo è una fratellanza un legame che entra nel sangue impossibile a dissolversi e allora nei momenti di difficoltà ci si ritrova per aiutarsi e sostenersi, per la salvezza.

Le loro vite si allontanano e si ritrovano, si intersecano nel bene e nel male, in un disegno che solo il destino può creare le due voci narranti convergono in un momento di grande drammaticità e solo allora viene svelato il nome del Soldato. 

Speranza come arma. Come fonte da cui trarre nuova energia, fiamma da nutrire e tenere viva nell’animo. L’unica balestra per sconfiggere le tenebre e la guerra. 

Un finale che mi ha dato una profonda amarezza quel sentimento che solo la tragicità della guerra può lasciare, ma anche quella luce che emana la salvezza di una vita umana, quel forte senso di umanità che bisogna preservare.

E’ un romanzo profondo che scruta nell’animo umano, che mi ha fatto entrare in sintonia coi personaggi con le loro forti emozioni dolori, paure, amori, speranze, illusioni, sogni.  Un libro che evoca valori di grande levatura come il sacrificio, la resilienza, la solidarietà, l’onore, l’eroismo, la fratellanza. 

Uno stile molto accurato con descrizioni vivide e una prosa che offre passaggi riflessivi molto belli, inoltre risalta una cura nella ricerca storica sia sulla guerra e la repubblica di Salò, sia sulla storia circense.  Un romanzo che non si direbbe di un’autrice esordiente, ma di una romanziera affermata. Spero di trovare altri libri con la sua firma. 

«Sai, non lo so se il mondo troverà salvezza nella fede. Di questi giorni bui poi… Ma sono certo che voi potrete trovare salvezza. Salvate una vita e, forse, potremo ancora permetterci di chiamarla tale. La vita è sacra e innata. Ma l’umanità, quella, ce la dobbiamo guadagnare. Sentire… e forse creare».

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