La signorina e l’amore di Giovanna Mozzillo

Storia di un amore all’ennesima potenza al tempo del fascismo e della guerra. Un amore tenero, appassionato, inebriante, ma vietato dalle convenzioni dell’epoca. E perciò intessuto di laceranti attese, di ansie, di struggimenti, ma, ciò nonostante, anche di tanta, tantissima felicità. Ne sono protagonisti Leonardo, conteso tra il bisogno di tenerezza e le ambizioni professionali e mondane, e Rosella che, benché fragile e vulnerabile, trova nella fedeltà alle ragioni del cuore il coraggio di sfidare i codici di comportamento imperanti. Intorno a loro, Napoli, ancora radiosa nella sua intatta bellezza, con il mare incontaminato di Posillipo, i pranzi allo scoglio di Frisio, le feste al Giardino degli Aranci, le cene nelle trattorie di Antignano, le serate al San Carlo, lo “struscio” a Toledo, i concerti in Villa Comunale. E una schiera di personaggi che tutti si sottraggono ai luoghi comuni, con il vivacissimo ritratto di una borghesia arroccata nei propri privilegi, ma ammantata nel velo del sentimentalismo. E di un popolo ancora identico solo a sé stesso nelle forme della devozione e nella calda spontaneità. Sullo sfondo le parate di regime, gli echi dei conflitti d’Etiopia e di Spagna, i cortei di studenti che cantano “Giovinezza”, e poi la guerra, i bombardamenti e il trauma della quotidianità sconvolta dall’emergenza. Un romanzo che è al tempo stesso testimonianza su un passato prossimo spesso accantonato e commossa riflessione sull’amore e sulla morte.

  • Editore ‏ : ‎ Marlin (Cava de’ Tirreni) (2 dicembre 2021)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 352 pagine

Recensione a cura di Paola Nevola

Fin dalla notte dei tempi l’amore è l’essenza della vita umana, un sentimento che racchiude grandi turbamenti, tragicità, trasporti, passionalità, non si può che restarne attratti, affascinati, stregati.

Questa passionalità, questo amore lo troviamo nelle pagine del libro di Giovanna Mozzillo che racconta la grande storia d’amore di Rosella Benevento, sua zia, e della sua famiglia. Sullo sfondo un palcoscenico di struggente bellezza, che è una dichiarazione d’amore alla città di Napoli negli anni ’30.

Quelli erano si bei tempi, in cui Napoli esplodeva di una bellezza sublime, miracolosa, ma erano anche tempi difficili e duri, agli spiriti liberi mancava l’aria erano soffocati dall’immobilismo.

Ma il guaio è che la bellezza – lo sanno tutti – la bellezza è una primadonna. Da che mondo è mondo, è insensibile, egoista, strafottente. Tutta presa di sé e del proprio fascino, mai e poi mai ha impedito a qualcuno di soffrire. E quindi Napoli, bella da impazzire, non per questo era immune dal dolore. Il dolore si infiltrava nei suoi pori, si incuneava nelle sue fibre, si annidava mordace nelle sue viscere.

Ma  Rosella ci incanta con le meraviglie della città  portandoci a passeggio per le vie dello struscio con la sorella e le  amiche vestite con eleganza, coi  tacchi “perché quando una ha i tacchi si sente una regina”, alle feste nei lussureggianti giardini di ville stupende dove risuona la musica delle orchestre, ai concerti del tenore Tito Schipa, alle prime di un Totò all’inizi e alle commedie di De Filippo; e poi sul lungomare incantato di Posillipo e nelle campagne rigogliose, coi cieli azzurri che si specchiano nel mare, le notti stellate in cui non brillano solo stelle, ma anche miriadi di lucciole. Basta questo a farci sognare! 

Rosella sogna, e sogna un grande amore, quello di cui le aveva parlato zia Pipina, sa che quando sarà il momento lo capirà subito e il momento arriva. 

“Senza amore non valeva la pena di diventare adulta, adulta e poi anziana, anziana e poi, magari, vecchia! Perché la verità vera era questa: per lei la vita era fatica sprecata, noia nauseante, vuoto incolmabile, se mancava l’amore.”

Il suo non sarà un amore convenzionale, perchè Leonardo Pavoncelli è sposato, con la moglie è infelice, non è se stesso, deve portare una maschera, la maschera imposta dalle relazioni sociali a cui bisogna assoggettarsi per la carriera.

Leonardo ha bisogno di Rosella come l’aria, ha bisogno di essere se stesso per essere felice, come Rosella ha bisogno di lui perché il suo amore la rende felice, perché il loro è un amore all’ennesima potenza, ridono complici, condividono le stesse emozioni, amano le piccole cose. 

Rosella è consapevole che il suo destino le costerà rinunce e sacrifici; è una maturazione in cui da giovane fragile si trasforma in una donna piena di energia e sicurezza, non è più timorosa si lascia andare alla forza travolgente ed esplosiva dell’amore e della felicità. 

La sofferenza e la gelosia sono il prezzo che va pagato,  allora quei momenti così incantevoli insieme a Leonard sono da vivere in pieno e da conservare nel cuore, perché la felicità è così effimera.

Il loro rifugio è una bella e piccola dimora ai Vergini, vicino ai vicoli, dove amano mischiarsi tra la folla, alle feste popolari dove danzano a ritmo sfrenato la tarantella, affascinati dalle antiche usanze e superstizioni popolari.

E’ un racconto anche delle donne che attorniano la vita di Rosella e riflette l’essenza femminile di quei tempi, che affiora nelle consuetudini, nelle conversazioni e nelle confidenze, nei desideri e nei segreti, tra le amicizie; storie di donne dedite alla famiglia, donne affascinanti, coraggiose, dagli amori disillusi, donne spezzate e annientate.

C’è Teresa sorella di Rosella, brama l’indipendenza e si realizza con lo studio e l’insegnamento, emancipata, ha idee chiare e non si fa scrupolo a criticare il regime fascista. E Carolina esuberante e moderna, grande e vera amica di Rosella,  nonostante un marito chiuso nelle sue idee e abitudini, si ritaglia il suo mondo e la sua felicità.

Incombe la seconda guerra mondiale, la magia si spegne sotto i bombardamenti, nelle corse ai rifugi, alla carenza di cibo, alla precarietà. Ma il loro amore è ancora intenso e in Leonardo, la guerra, la precarietà provoca un cambiamento, non gli interessa più molto tenere nascosto l’amore per la sua Rosellina.

Un romanzo che pennella uno scorcio sugli eventi storici e sulla società dell’epoca: l’alta borghesia chiusa nelle convenzioni, nei privilegi e in un certo moralismo; e i ceti bassi, l’anima popolare spontanea e genuina, la rassegnata povertà, le antiche usanze e credenze.

Una scrittura ricca, poetica, raffinata e con tratti di autentica napoletanità, che trasuda emozioni vivide, palpitanti, che esalta le sfaccettature della vita, la felicità, l’amore, la sofferenza, la nascita e la perdita, e il valore dei ricordi.

E allora la felicità bisogna viverla nella consapevolezza della sua instabilità. E già mentre la si gode, occorre trasformarla in ricordo: ricordo da conservare, da custodire, da tesaurizzare, perché il ricordo, quello sì, non ce lo leverà mai nessuno.

Nella storia c’è anche Giovanna, la nipotina amata da Rosella, che ha scritto queste pagine con profondo e dolce affetto per la zia e ne restituisce il ricordo: Rosella che tanto ha amato e donato più di quello che ha ricevuto, buona, generosa, sensibile, libera, onesta con se stessa.

E’ una storia che mi ha risvegliato forti emozioni, perché ci si riconosce in quel legame affettivo intenso e profondo tra madre e figlia o zia e nipote, in quelle storie familiari che attraversano le generazioni piene di nostalgici ricordi.

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