La sorella di Mozart di Rita Charbonnier

Tutti conoscono Wolfgang Amadeus Mozart, ma che Mozart avesse una sorella è un fatto noto solo a quei pochi che hanno studiato a fondo la vita del Maestro, e che sanno quindi che nell’infanzia egli si esibiva sempre in coppia con la sorella Nannerl. Ma d’un tratto quella fanciulla scompare del tutto dagli annali e anche le biografie più accurate di Mozart le riservano solo qualche nota distratta. Perché mai? Che cosa accadde a quel prodigioso talento nato in un corpo di donna? Questo romanzo ci svela la storia, incentrandosi su una vibrante figura femminile del XVIII secolo molto vicina a una donna del nostro tempo. Basato sulla corrispondenza della famiglia Mozart, il romanzo mischia episodi reali e inventati.

  • Editore ‏ : ‎ Corbaccio; Prima Edizione (19 gennaio 2006)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 327 pagine

Recensione a cura di Lia Angy Fiore

Nannerl è una bambina prodigio nella Salisburgo del ‘700; a soli cinque anni suona il cembalo in modo eccelso e le basta osservare il crepitìo del fuoco nel camino, un bicchiere che cade a terra, o la forma di un qualsiasi oggetto per dare vita nella sua mente a delle melodie. Il suo nome, o meglio il diminutivo col quale veniva chiamata, probabilmente non vi dirà niente, ma il suo cognome, Mozart, vi dirà sicuramente di più. Non sbaglierete ad associare il nome di Nannerl a quello di uno dei più grandi geni della storia della musica, perché la protagonista di questo romanzo è proprio la sorella di Wolfgang Amadeus Mozart, ma il suo nome è già stato abbastanza oscurato da quello del fratello, quindi è arrivato il momento di concentrarci su di lei e di restituirle tutta la luce che merita.

È soprattutto attraverso l’intenso ed appassionato scambio epistolare con il Maggiore Armand d’Ippold che conosciamo Nannerl, che in queste lettere si mette a nudo, con sicerità e finalmente libera di essere se stessa.

Dal carteggio, che si alterna con parti narrate in terza persona, apprendiamo del grande talento innato di Nannerl, del suo amore viscerale per la musica e per il fratello minore.

Nannerl ama da subito quel neonato senza capelli e dal colorito roseo e, dal primo istante in cui lo vede, pensa che non potrà mai amare nessuno come ama lui. Durante l’infanzia, il loro è un rapporto speciale, quasi simbiotico, nonostante le diversità caratteriali…

“La mia mente e la sua vibrano all’unisono da sempre, e non abbiamo mai avuto bisogno del linguaggio per intenderci. Da bambina amavo pensare che fossimo lo stesso corpo sdoppiato per errore.”

Per entrambi tutto ha un suono, ogni oggetto, ogni azione, e anche il loro modo di fare musica è lo stesso… Si lasciano totalmente guidare dall’istinto e dalla passione. Il padre Leopold intravede nei figli un grande potenziale, ma pone subito dei limiti a Nannerl. In quanto donna, non le è concesso suonare il violino e nemmeno comporre.

Nannerl, però, ogni notte, mentre tutti dormono e il silenzio è rotto solo dal fluire delle acque del Salzach, riempie i fogli di note, che poi nasconde nella tasca segreta, legata attorno alla vita e coperta dagli strati di sottogonne.

“Così la mia musica non mi abbandonava mai. Di giorno sedeva a tavola, sfaccendava, giaceva assieme a me […], invisibile a tutti ma a me sempre presente, come un arto, come un organo…”

Nannerl racconta delle sue tournèe in Europa, delle sue esibizioni insieme al fratello nelle più importanti corti dell’epoca, della prima volta in cui le sue dita sfiorano un pianoforte e trova in quello strumento il senso della sua vita, fino ad arrivare al momento in cui dei suoi sogni non resta che un cumulo di cenere. 

Nella famiglia Mozart c’è posto per un solo genio, e quel posto non è il suo. Ha inizio così la prima frattura nel rapporto con il padre, che continuerà a sfruttare Wolfgang come una gallina dalle uova d’oro, incoraggiando il suo talento ma sottoponendolo anche a dei ritmi di vita estenuanti, e con quel fratello tanto amato. Mentre il giovane Mozart gira l’Italia e l’Europa, acclamato da tutti, Nannerl passa gran parte delle sue giornate a letto, immobile e al buio, privata delle sue ragioni di vita: Wolfgang e la musica. 

Sarà l’amore a salvarla, ma non intendo dilungarmi oltre sulla trama, e a regalarle la felicità. Una felicità in gran parte offuscata dal rimpianto per una carriera interrotta e per la frattura insanabile nel rapporto con il fratello.

“Lei non sa cosa vuol dire aver talento e non poterlo esprimere […]. Non può lasciare che sua figlia diventi una donna insoddisfatta, che si rovini l’anima nel silenzio, nel livore, nelle imposizioni senza senso… che giunge a odiare se stessa e chiunque le si avvicini. “

Non si sa molto sulla vita di Nannerl, ma l’autrice è riuscita, comunque, a scrivere una biografia romanzata appassionante e coinvolgente, che ha il merito di sottrarre all’oblio una donna vittima della società del suo tempo, che concedeva solo agli uomini la possibilità di inseguire e realizzare i propri sogni.

 A questa donna passionale, schiva e taciturna, va riconosciuto il merito di aver finanziato gli studi e le tournèe del fratello con il suo lavoro d’insegnante, e soprattutto di aver reso immortale la musica di Wolfgang, impegnandosi, dopo la morte di quest’ultimo, a recuperare, trascrivere, e far pubblicare tutti i suoi spartiti. Un modo, forse, per riconciliarsi con il passato e con quel fratello tanto amato, che non aveva  più voluto vedere nei suoi ultimi anni di vita ma al quale non aveva mai smesso di pensare.

Devo dire che non ho amato molto il Wolfgang che ho conosciuto tra queste pagine… Non ho amato il suo modo di provocare, la volgarità delle sue battute e l’egoismo che dimostra dopo aver ottenuto il successo. Se leggerete il romanzo, capirete perché non si possa condannare sua sorella per aver interrotto ogni rapporto con lui.

La protagonista di questo libro è Nannerl Mozart, ma c’è un’altra grande protagonista: la musica. Ogni pagina è intrisa di profondo amore e di passione viscerale per la musica…

“Quando faceva musica, la piccola Nannerl non aveva nulla di umano; sembrava ci fosse in lei una divinità primitiva, che aspettava d’accostarsi a uno strumento per debordare e lasciare stupefatti.”

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