L’Alto Nido di Roxane Van Iperen

È una fredda notte di febbraio del 1943 quando la famiglia Brilleslijper arriva all’Alto Nido, una villa nascosta nel bosco poco fuori il villaggio di Nardeen, a est di Amsterdam. È al riparo delle sue mura che le giovani sorelle Brilleslijper, Lien e Janny, metteranno in piedi una delle operazioni di salvataggio più audaci della resistenza olandese all’occupazione nazista, proprio sotto il naso dei leader dell’NSB, il Movimento nazionalsocialista olandese, che abitano a poche centinaia di metri dalla grande casa. L’Alto Nido diventa infatti il nascondiglio per dozzine di ebrei in fuga, che là trovano non solo un posto sicuro dove vivere ma anche il calore di una famiglia allargata e la vitalità di una comune di artisti: mentre la guerra infuria la villa si riempie di gioia di vivere e della musica che Lien e i suoi ospiti compongono e suonano tra le risate dei bambini. A giugno del 1944 però la sicurezza dell’Alto Nido viene compromessa. Lien e Janny sono arrestate insieme alle loro famiglie e portate nel campo di concentramento di Westerbork. È lì che incontrano Anne e Margot Frank, con cui verranno deportate ad Auschwitz e poi a Bergen-Belsen, dove Jenny e Lien, che saranno fra i pochissimi a sopravvivere all’inferno dei campi e a fare ritorno ad Amsterdam, si prenderanno cura delle sorelle Frank nei loro ultimi giorni di vita.

Copertina flessibile: 464 pagine
Editore: Bompiani (22 gennaio 2020)
Collana: Overlook
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8845299066
ISBN-13: 978-8845299063

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Recensione a cura di Isabella Novelli

Lien e Janny Brilleslijper sono due sorelle olandesi che in una villa ad Est di Amsterdam, l’Alto nido, nel 1943, organizzano una serie di azioni per conto della Resistenza olandese dando tra le altre cose, rifugio a moltissimi ebrei e fornendo documenti falsi ai rifugiati per scampare alle forze naziste.
La loro vita attraverserà diverse vicissitudini che le porterà ad incontrare sul loro cammino Anna e Margot Frank, conosciute durante la prigionia in campo di concentramento.

In un paese devastato dove “La campagna per la registrazione supplementare degli ebrei ha avuto grande successo:circa 160.000 ebrei nei Paesi Bassi hanno una” J” maiuscola timbrata accanto alla foto, sul lato sinistro del documento di identità ” e dove” in un momento in cui “Nel 1940 nel paesino polacco di Oswiecim, su un vecchio complesso di caserme i tedeschi hanno costruito un campo per poter smaltire l’enorme afflusso di prigionieri” conosciuto come Auschwitz.
Nello stesso periodo Janny  “viaggia spesso per poter falsificare e recapitare documenti di identità. Il suo obiettivo ideale sono i documenti con date di nascita specifiche se riesce a rubargli, può consegnarli a ebrei grosso modo della stessa età” .

Una storia, questa narrata nell’Alto Nido, che restituisce tutto l’orrore della guerra e racconta meticolosamente tutte le fasi della Resistenza olandese, visto con gli occhi di due sorelle che sono al centro, con la loro casa, che ospita artisti e rifugiati politici, di una serie di vicissitudini che le porteranno a salvare molte vite e ad essere testimoni, una volta rinchiuse in un campo di concentramento, degli orrori nazisti.

Un libro testimonianza che andrebbe letto soltanto per la lucidità con cui restituisce i fatti, che narra sogni e speranze di un popolo che cerca di riconquistare la libertà di espressione e di movimento, in un’epoca buia come quella della seconda guerra mondiale.

Un libro che coinvolge il lettore facendolo immedesimare nelle storie di queste due sorelle che sfidarono il nazismo da vicino (i Nazisti avevano una centrale di controllo a pochi passi dalla villa), senza alcuna paura, sino a mettere a repentaglio la loro vita e costruendo per qualche tempo un’oasi con l’Alto Nido, per molti perseguitati, bambini e artisti che si rifugiarono nella villa per scampare agli orrori della guerra in attesa di un domani migliore.

 

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