L’artista della fuga di Freedland Jonathan

Auschwitz, 1944. La zona è un cantiere edile e rimbomba del rumore sordo del legno, dei cani che abbaiano e delle grida delle SS e dei Kapò. Walter Rosenberg controlla con cura la machorka, il tabacco russo infilato nelle fessure delle assi della catasta di legno perché i cani trovino l’odore repellente. È nascosto con Alfred Wetzler in quella catasta da tre giorni. Ha udito migliaia di stivali che calpestavano il terreno, gli ufficiali che imprecavano, i cani con la bava alla bocca alla ricerca del minimo, fragile, trepidante segno di vita umana e, ora che l’anello esterno delle torri di avvistamento è sgombrato, è il momento giusto per scappare. Fuggire da Auschwitz a diciannove anni insieme con Fred, l’amico bohémien conosciuto a Trnava, in Slovacchia. Due ragazzi ebrei prigionieri dell’orrore nazista. Cosí comincia una fuga che è senza precedenti nella tragica vicenda della Shoah, una fuga che farà di Rudolf Vrba, – il nome che prenderà Walter Rosenberg peregrinando nei paesi dell’Europa dell’Est governati dagli alleati dei nazisti – un testimone meritevole di stare accanto ad Anna Frank, Oskar Schindler e Primo Levi.
È una storia che mostra «come le azioni di una sola persona, anche adolescente, possano piegare l’arco della Storia, se non verso la giustizia, almeno verso la speranza». Rudolf Vrba racconterà, infatti, in maniera dettagliata e precisa, dello sterminio e del progetto della «soluzione finale». Non sarà creduto, sulle prime. Le trentadue pagine del suo rapporto arriveranno, tuttavia, fino a Roosevelt, a Churchill e al Papa e diventeranno poi il documento chiave del processo di Norimberga. La sua impresa è raccontata in questo libro perché «si esibisca in un’ultima fuga: sottrarsi all’oblio ed essere ricordato».

  • Editore ‏ : ‎ Neri Pozza (24 gennaio 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 400 pagine

Recensione a cura di Sara Valentino.

Ogni anno in occasione della Giornata della memoria leggo un libro per ricordare. Lo so che non è giusto farlo solo per un giorno ma commemorare a volte significa rivivere. E rivivere gli orrori della Shoa è doloroso.

Quest’anno ho letto “L’artista della fuga” di Jonathan Freedland edito Neri Pozza. È una storia vera e una storia che non conoscevo.

Walter Rosenberg viene spedito ad Auchwitz in un treno, stipato insieme ad altri ebrei verso una destinazione che non immaginano.

La chiave attorno a cui questa opera fa riferimento è la menzogna becera verso gli ebrei e il mondo tutto.

Milioni di esseri umani, giovani, vecchi, bambini a cui è stato raccontato che sarebbero stati reinseriti, che dopo il viaggio bestiale, perché come bestie erano trattati, avrebbero fatto una doccia rigenerante. Favole raccontate anche all’ingresso delle docce, alias camere a gas. Favole quando cartoline venivano fatte scrivere e firmare per raccontare a chi era in patria quanto bene si stava nelle nuove destinazioni. Ecco, ci sono tracce ancora, oltre alle testimonianze, di tutto questo.

Walter inizia dal primo giorno di campo a pensare a una fuga. Lo farà per anni, mai demorde, anche quando pare che il destino abbia scelto per lui.

Anni di dolore,anni di privazioni della dignità. Anni a guardare morire innocenti, uccisi come mosche. Raccontare non riesco a farlo perché rivivere è faticoso ogni volta. Restano ancora oggi le montagne di scarpe e occhiali e carrozzine nel sito museo. A chi come a Walter la vita ha concesso il lusso di sopravvivere ai campi non resterà che ancora resistere alla mente perché il dolore è stato talmente grande che una vita normale non sarà più possibile.

Una vita in fuga dalla vita stessa, perché Auchwitz non è solo il numero impresso sulla pelle, è una condanna per sempre.

Eppure è grazie a Walter il quale ha voluto fuggire in primis per raccontare la verità sui campi che essa stessa ha iniziato a serpeggiare tra la gente, nella Chiesa e tra i potenti

Vi sorprenderà scoprire che la reazione della Chiesa non fu proprio quella che ci si sarebbe aspettati.

Rudolf Vrba, il nome con cui Walter passerà alla storia, il suo rapporto sui crimini conosciuto come “I protocolli di Auchwitz” saranno ricordati per sempre, un diciottenne che progetta una fuga in modo perfetto. Al processo di Norimberga sarà utilizzato il rapporto Vrba come capo d’accusa. Un’opera dettagliata di una macchina mortale quasi perfetta…

Alla fine dopo questo libro mi sono bloccata sulla lettura degli storici. Digerire queste testimonianze è davvero molto difficile. Ricordiamo quindi sempre e non solo un giorno perché sia garantita la dignità ad ogni essere sulla terra.

Grazie ai coraggiosi che si sono battuti per la verità e per la libertà.

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