Le streghe di Manningtree – A.K. Blakemore

Inghilterra, 1643. Il Parlamento combatte contro il re, la guerra civile infuria, il fervore puritano attanaglia il Paese e il terrore della dannazione brucia dietro ogni ombra. A Manningtree, una cittadina della contea dell’Essex privata dei suoi uomini fin dall’inizio della guerra, le donne sono abbandonate a se stesse; soprattutto alcune di loro, che vivono ai margini della comunità: le anziane, le povere, le non sposate, quelle dalla lingua affilata. In una casupola sulle colline abita la giovane Rebecca West, figlia della vedova Beldam West, «donnaccia, compagna di bevute, madre»; tra un espediente e l’altro Rebecca trascina faticosamente i suoi giorni, oscurati dallo spettro incombente della miseria e ravvivati soltanto dall’infatuazione per lo scrivano John Edes. Finché, a scombussolare una quotidianità scandita da malelingue e battibecchi, in città non arriva un uomo: Matthew Hopkins, il nuovo locandiere, che si mostra fin dal principio molto curioso. Il suo sguardo indagatore si concentra sulle donne più umili e disgraziate, alle quali comincia a porre strane domande. E quando un bambino viene colto da una misteriosa febbre e inizia a farneticare di congreghe e patti, le domande assumono un tono sempre più incalzante…
Le streghe di Manningtree è la storia di una piccola comunità lacerata dalla lenta esplosione del sospetto, in cui il potere degli uomini è sempre più illimitato e la sicurezza delle donne sempre più minata. Il primo romanzo di A.K. Blakemore, premiato in patria come miglior esordio dell’anno, sostenuto da una scrittura magistrale e pervaso di atmosfere vivide, è un libro emozionante e viscerale che ha rivelato un nuovo, straordinario talento.

  • Editore ‏ : ‎ Fazi (17 ottobre 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 336 pagine

Recensione a cura di Paola Nevola

Per iniziare a descrivere il romanzo occorre fare una premessa sul periodo storico. Siamo nel 1643 in piena guerra civile inglese che vede scontrarsi re Carlo I e il Parlamento sotto la guida di Oliver Cromwell Lord Protettore. Il contrasto nasce da questioni fiscali e religiose, il re sosteneva una comunione tra cattolici e anglicani mentre il Lord protettore col Parlamento erano a favore del Puritanesimo, un movimento religioso che intendeva purificare la Chiesa da ciò che non era previsto nelle sacre scritture seguendole con estremo rigore.

“Una nazione buona e pulita di gente buona e pulita in cui si sentiranno intonare i salmi davanti a ogni focolare, e ogni donna starà al suo posto, sottomessa all’uomo, un’unica carne.”

Il romanzo racconta una vicenda realmente accaduta nell’Essex a Manningtree. Immaginiamo questo luogo, un piccolo paese in cui molte donne sono sole per i mariti in guerra o vedove, nubili, vecchie, serve pettegole, donne dai modi volgari o trasandate, ma in particolare la maggior parte senza la guida di uomo, una comunità chiusa in cui facilmente circolano voci malevole, pensiamo come queste donne possano venire discriminate, additate e in seguito considerate anche portatrici di sventure. 

Ma procediamo per ordine. Giunge nel paese Matthew Hopkins, un giovane vestito elegantemente tutto di nero che assume la gestione di una locanda. Poco tempo dopo un bambino cade in preda alla febbre e a deliri inquietanti e tutto inizia a cambiare; poi, una donna perde il figlio, alcune vacche muoiono e le malelingue si trasformano in accuse, gravi accuse, e Matthew Hopkins è lì per questo. L’unico che con la sua elevata istruzione e conoscenza delle sacre scritture ha l’autorevolezza per indagare, lui può dare la caccia alla causa, dunque alle streghe, lui l’inquisitore generale. 

“Un Inquisitore, un cacciatore di streghe. Notate bene, è tutto quel che promette di fare: di cacciarle, di trovarle. Quel che succede alle streghe una volta che sono state identificate è responsabilità di qualcun altro, sembra insinuare quel nome.”

Ma l’autrice sebbene intriga con questo personaggio oscuro, che ha tutta la parvenza d’esser lui il demone che insinua il male, racconta principalmente le donne valorizzando il loro temperamento, il loro orgoglio e il loro umorismo.  Si perché sorridere apertamente, essere orgogliose, esuberanti o sbeffeggiarsi è peccato, la donna dev’essere morigerata, timorosa di Dio, ossequiosa col marito, l’abito pulito monacale e la cuffietta linda da cui non fuoriesce un ricciolo, tutto secondo il costume puritano.

La giovane Rebecca West ventenne, la narratrice, vive in una casa ai limiti del paese ed è la figlia della vedova Beldam West, così tutti la chiamano anche se il suo nome è Anne, la Beldam, un nome che richiama la bellezza e la dannazione. “Belle” è una parola francese che significa ‘bella’ (e bella mia madre non è, anche se dicono che un tempo lo sia stata). E “dam” come “damned”, ‘dannata’. 

Una donna alta tutta d’un pezzo che non risparmia le bevute e le liti …Mia madre ha un odore tutto particolare quando dorme. È un odore articolato, quasi virile. Non è facile in quel mondo essere la figlia di una donna così e lei cerca di discostarsi come può, con un atteggiamento sobrio e tentando di trovare una sua strada, ma se non fosse per le cattiverie che circolano si sentirebbe fiera della Beldam. 

Rebecca scandisce le giornate con le incombenze domestiche, andando a studiare catechismo dal giovane John Edes di cui è invaghita, un espediente per potersi istruire o a far visita e a messa con l’amica Judith Moone. Oppure occupandosi della vecchia madre Clarke una vecchia con una gamba sola che vive isolata, nella sporcizia, con le sue galline che tratta come animali domestici (cosa in ogni caso da evitare), abbandonata a se stessa se non fosse per le West, considerata da molti una fattucchiera e da fattucchiera a strega il passo è breve, soprattutto con le sventure appena accadute in paese.

Matthew Hopkins coadiuvato da John Stearne con le accuse raccolte procede ad arrestare la vecchia madre Clarke e con due comari a pungolare le sue carni, la sua azione di purificazione dal demonio è iniziata.

Rebecca cede a John Edes abbandonandosi al peccato e quindi diventando preda dell’inquisitore che aveva già puntato il suo sguardo cupo su di lei. Lei che si è data con ingenuità offuscata dall’amore, diventa colei che è posseduta dal demonio tentatore e solo un giorno comprenderà la slealtà del lascivo Edes, scoprendo l’indole degli uomini, infine maturando le sue consapevolezze.

«Madre e figlia», afferma lui con voce rauca, continuando ad avanzare, continuando a ridurre lo spazio che ci divide, «tutte sole, in una casa sulla collina». Sorride. «Quando le donne pensano da sole, pensano il male, così si dice».

Ma guai a toccare sua figlia e allora la Beldam si erge in tutta la sua fierezza e alterigia sfidando l’inquisitore e capitolando gli lancia il suo anatema, mai chinerà il capo, mai si pentirà, lei che spingerà la figlia verso l’unica possibile salvezza. 

Rebecca, la Beldam, la vecchia Clarke e altre donne dopo essere denudate in cerca di verruche, nei, macchie, capezzoli ecc, pungolate, sporche e umiliate vengono condotte nelle celle più buie di una prigione senza feritoie in totale assenza di luce, se non qualche moccolo di candela, in condizioni terribili ad attendere per lungo tempo il processo. 

Hopkins osserva tutto con distacco clinico. Niente di tutto ciò lo eccita, una cosa che trova persino interessante. Una delle sfaccettature del potere innaturale del Diavolo, immagina. Oppure gli eletti sono immuni ai peccati della mente?

Da ciò che affiora dagli atti dei processi per stregoneria e dai verbali delle donne l’autrice ci offre la loro essenza in modo realistico, senza enfasi, semplicemente la vita di quelle donne realmente vissute con le loro personalità e sensazioni, il suo intento è  dare giustizia e voce alle loro vite e alle loro morti e ora rimarranno per sempre tra queste belle pagine.

“Tutte le scene riguardanti il processo sono state tratte dagli atti autentici delle udienze delle streghe di Manningtree e dalla confessione di Rebecca West, pubblicati per la prima volta nel 1645”

La penna dell’autrice restituisce una protagonista di grande carattere introspettivo, la giovine West racconta se stessa dei suoi pensieri, incertezze, angosce, sensi di colpa, speranze, le percezioni di ciò che la circonda che sia l’atmosfera degli ambienti, del paesaggio, la storia o  la  natura umana. In ultimo affascina sondando la mente e l’animo intricati di un uomo come Hopkins molto giovane e così determinato nella sua “missione”.

Il romanzo inizia gradualmente in un crescendo sempre più suggestivo e intenso, grazie alla scrittura ricercata, acuta e penetrante. Con soventi richiami biblici evoca quell’epoca  rendendoci partecipi di quel clima puritano che ostentava un moralismo religioso eccessivamente rigido e intransigente che vedeva in qualunque sfumatura e superstizione l’ombra del demonio, in cui uomini come Hopkins trovano terreno fertile per la loro protervia.

Concludo con queste parole delle note che mi hanno colpita e che fanno riflettere: La caccia alle streghe …in molte parti del mondo non è una reliquia del passato. Siamo stati noi a esportarla. In anni recenti, nello Stato Islamico, in Tanzania, in India e in altri paesi che si trovano ad affrontare il retaggio crudele del colonialismo, sono state giustiziate donne accusate di stregoneria.

Complimenti all’autrice che ha esordito con un interessante romanzo sull’argomento stregoneria, mi è piaciuto molto.

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