Nessun tradimento alle Termopili – Seconda puntata

La storia è una successione inevitabile di ere, fatti, personaggi? È frutto di semplici casualità? Forse entrambe e nessuna. In effetti, spesso gli eventi si succedono in modo tale che nessun evento, per quanto fortunato (o sfortunato), potrebbe cambiare sostanzialmente il corso della storia. Eppure ci sono alcuni momenti (in verità assai pochi) nei quali la storia si trova davanti ad un bivio, momenti nei quali è possibile variare il succedersi, a quel punto sì, inevitabile di eventi successivi. In questa serie di articoli ci occuperemo esattamente di analizzare alcuni di questi momenti per valutare se, e in quel caso come, sarebbe cambiata la storia successiva.

Torniamo a parlare del passo delle Termopili con la seconda puntata si “Storia alternativa”.

Ecco il link alla prima puntata per chi se lo fosse perso: http://septemliterary.altervista.org/nessun-tradimento-alle-termopili-prima-puntata/

a cura di Eugenio Mandolillo

Scenario II I Persiani si ritirano: Leonida è padrone del campo
“È inutile che insisti, Mardonio! – Disse alla fine Artemisia – Qualunque piano di attacco tu possa immaginare si scontra contro un fatto indubitabile: in questa strettoia la nostra superiorità in fatto di numero e di cavalleria è completamente inutile. Dobbiamo ritirarci ora che abbiamo ancora il tempo di rientrare a Babilionia prima dell’arrivo della brutta stagione e, soprattutto, il prestigio del Gran Re presso i suoi alleati non è stato menomato in modo irreparabile; è vero, un pugno di Greci ci ha fermato, ma a Capo Artemisio li abbiamo costretti a restare sulla difensiva e di certo non ci inseguiranno, ritirarci ora ci lascia intatta possibilità di stabilire una salda testa di ponte in Tracia e Macedonia e da lì prepararci per una nuova invasione.”
“Artemisia – Rispose Mardonio quasi furente: lui, comandante in capo degli eserciti del Gran Re messo ormai in minoranza da una donna, occorreva un gesto eclatante che ne ristabilisse il prestigio e l’autorità verso gli altri generali, altrimenti avrebbe passato il resto della sua carriera a presidiare i confini con la Transoxiana nelle sperdute steppe dell’Asia centrale – Tu sopravaluti le forze greche: è vero che finora tutti i tentativi sono stati vani, ma sono giorni che combattono senza soste mentre noi possiamo contare su truppe sempre fresche; è solo questione di giorni, forse già domani la via sarà ostacolata solo dai cadaveri dei greci… E te lo proverò! Domani, alle prime luci dell’alba, guiderò personalmente l’ultima carica alla testa degli Immortali e ti farò dono dei calzari di Leonida: ti serviranno per quando dovrai ritirarti nella tua Alicarnasso con la vergogna di aver suggerito la resa il giorno avanti alla più grande vittoria della storia dell’esercito del nostro Gran Re.”
“Più facile che Serse debba far cercare il tuo cadavere tra quello dei tuoi Immortali – Replicò duramente Artemisia – E augurati di trovarti tra loro, altrimenti sarai tacciato a vita come il massacratore di Persiani e, a proposito dei miei calzari, forse ad Alicarnasso avrò bisogno di un addetto alla loro pulizia, non morirai di fame”
“Non ti colpisco solo per non offendere il Gran Re qui presente – Rispose furente Mardonio – Ho in mente una variante strategia che garantirà il trionfo per il nostro Gran Re e chissà se, al tramonto, la tua testa porterà ancora la corona o sovrasterà una collana di ferro: le tue parole di resa puzzano non solo di vigliaccheria, ma anche di tradimento…
Artemisia stava per replicare a tono quando si udì la voce di Serse: “E sia Mardonio, domani sarai in prima linea e mi dimostrerai l’esattezza della tua strategia. Con questo il Consiglio è sciolto. Mardonio, circa i dettagli della tua iniziativa è inutile parlarne qui, hai la mia completa fiducia, parla coi capitani dei diversi reparti che intendi far intervenire e discuti con loro delle modalità di intervento … Non fallire!”
“Non fallirò. Gran Re” – Disse Mardonio e, inchinandosi di forte al Gran Re, un brivido freddo corse lungo la sua schiena.
*****
È l’alba di un settembre più secco del solito quando, preceduto dal suono di mille trombe Mardonio parte all’attacco alla testa dei gli Immortali, ma non è una carica come tante altre: mentre le truppe avanzano lentamente, dalle loro spalle partono nugoli di frecce che rendono il cielo più buio della notte appena trascorsa, costringendo i soldati delle seconde file ad alzare gli scudi a protezione di chi, in prima fila, si appresta a resistere alla carica ormai imminente. Il cozzo tra le due armate è violento e stavolta il muro greco, indebolito dal dimezzamento della forza di opposizione delle prime linee a causa dalla pioggia di frecce e dal mancato appoggio proveniente dalle linee successive, sembra sul punto di cedere, già alcuni rinnegati greci urlano “Leonida è morto!” sperando così di rompere definitivamente il morale già scosso dei Greci, ma il fronte è troppo stretto e tutti riescono ad udire il re spartano: “Leonida vive!”.
Rinvigoriti dalla notizia e approfittando di un rallentamento della cadenza di tiro degli arcieri persiani, costretti a tirare più lontano rispetto alle primissime file per non colpire i propri commilitoni, i Greci tornano ad opporre una valida resistenza quando un grido si eleva al di sopra del clangore delle armi: “Mardonio è morto!” Ma stavolta non sono voci greche quelle che si odono, sono le voci degli immortali che, fiaccati dallo sforzo cui sono sottoposti da ore e col morale a pezzi per le molte, inutili, perdite, echeggiano da un capo all’altro dello stretto fronte e, come un’onda di marea che si ritira, anch’essi cominciano a retrocedere, mentre i Greci restano fermi, immobili, stremati al punto da non tentare nemmeno un timido avanzamento.
Erodoto ci racconta che, nel vedere i suoi immortali giacere a migliaia sul campo, Serse iniziò a tremare e gli unici ordini comprensibili che riuscì a pronunciare riguardavano la sua immediata fuga dal campo di battaglia e i rientro nei suoi dominii nel più breve tempo possibile.
Rimasti soli e padroni del campo, i Greci seguirono gli ordini di Leonida che impose alle truppe di restare di presidio per un altro mese mentre la flotta, oltrepassato Capo Artemisio controllava la ritirata persiana mantenendosi tuttavia a distanza di sicurezza ed evitando qualsiasi confronto con la controparte.
*****
Epilogo
Sconfitti i Persiani, il mondo antico si apprestava a veder mutare rapidamente i suoi equilibri:
In Grecia, la vittoria delle armi spartane, non avendo come controaltare vittoria di Salamina, consegna alla città laconica il ruolo di nazione guida dell’Ellade, mentre ad Atene si afferma la fazione filo-aristocratica, isolazionista e desiderosa di mantenere ottimi rapporti con Sparta.
L’impero persiano vede affermarsi la figura di Artemisia divenuta, dopo aver schiacciato le città ribelli della Ionia, satrapo della Lidia e tutrice dei figli illegittimi di Serse.
5 Anni dopo
Serse non ha retto al dolore per la sconfitta subita sotto i suoi occhi e, sempre più folle, viene detronizzato da un complotto di palazzo. Nella guerra civile che ne segue, Artemisia approfitta della rivolta di Ianro in Egitto per imporre il suo protetto Artaserse quale Gran Re riuscendo, dopo aver sconfitto le forze lealiste nelle battaglie di Manzicerta e del Tigri (474 A.C.), nel suo obiettivo di regnare su tutta l’Asia dall’Ellesponto fono all’Indo.
La Grecia, intanto, si rinchiude sempre più in se stessa, Atene è un fiorente centro commerciale ma le sue navi si limitano a traffici con Creta o la Sicilia, tenendosi alla larga dall’Egeo orientale o peggio, il Levante; Sparta è stata chiara: abbiamo versato il nostro sangue per la Grecia ma non lo verseremo di nuovo per difendere le dracme di qualche mercante ateniese. Anche la filosofia greca si modifica: non più slanci universalistici o dialettici, ma riflessioni sulla natura concreta delle cose, su come sia possibile che la somma delle doti di ciascun singolo individuo possa armonizzarsi in un unico, superiore organismo che sia più forte della mera sommatoria delle singole qualità.

IV secolo A.C.
Il sogno di Artemisia è ormai in frantumi: morta in circostanze sospette dopo appena un decennio dall’ascesa di Artaserse, il secondo impero persiano è diviso in quattro entità (Lidia, Siria-Mesopotamia, Persia ed Egitto) litigiose ed in perenne contrasto tra di loro. Solo una la Grecia conservatrice qual era diventata dopo le Termopili poteva garantirne la sopravvivenza. Ma questo non poteva durare a lungo.
Dopo il rientro del figlio Alessandro da un soggiorno a Siracusa, principale centro culturale del mondo di lingua greca, Filippo II di Macedonia, comprata la neutralità degli stati greci i quali, pur non desiderosi di lanciarsi in campagne militari al di fori delle loro terre non vedevano di cattivo occhio la possibilità di veder definitivamente indeboliti i loro nemici storici senza esporsi al rischio di una rappresaglia, varcò attraversò l’Ellesponto e in una sconcertante successione di vittorie sconfisse i Lidi, i Babilonesi ed infine i Persiani nei pressi di Susa. Era ormai la volta di concentrarsi sull’Egitto quando la morte del figlio Alessandro, sopraggiunta nel 323 A.C. a Babilonia, lo costrinse a rivedere i suoi piani: stanco e ormai anziano, Filippo II lasciò il trono nelle mani di Perdicca, suo principale luogotenente ed unico, a suo dire, capace di mantenere saldo un impero così vasto e di recente formazione.
Un ultimo sguardo
Roma, una città che ai tempi in cui tutto ebbe inizio era poco più di una colonia a metà strada tra il mondo latino ed il mondo etrusco, domina il mondo conosciuto dalle Colonne d’Ercole all’Indo.
La morte improvvisa di Alessandro, condottiero valoroso sì, ma anche espressione di un uomo che si volle elevare al di sopra degli dei, ha lasciato un segno in tutti i sovrani che gli sono succeduti: i modelli si chiamano Leonida, Perdicca, Psammetico V il grande – ultimo faraone capace di estendere i confini del suo Paese, raggiungendo, nella seconda metà del II sec. A.C. la Siria fino ad Antiochia –, e gli imperatori che siedono sul trono imperiale romano cercano di seguirne l’esempio: così Nerone il mecenate apre scuole per lo studio dell’astronomia e delle altre scienze a Babilonia – ribattezzata Neropoli – e Atene dove, dietro suggerimento di Seneca, viene restaurato il Portico di Peisianatte che diviene talmente grande da assorbire con le sue biblioteche e edifici per lo studio, che occupano quasi per intero l’acropoli, il centro della cultura umanistica del mondo conosciuto declinata secondo gli ideali stoici, Traiano il conquistatore espande i confini dell’impero fino all’Indo e all’Oxus (l’odierno Syr Darya) , mentre Marco Aurelio il legislatore convoca due concili, a Gerusalemme ed Atene, dove Cristianesimo, Stoicismo, Mitraismo, Manicheismo vengono alla fine sintetizzati in un’unica religione che sarà proclamata religione di stato sotto Costantino.
Con un baricentro così spostato ad oriente, l’Impero Romano sopravvive alle invasioni dei popoli nomadi che caratterizzano il V secolo dell’era cristiana limitandosi, per così dire, ad assorbire tali popolazioni confinandole nelle terre della attuale Europa Occidentale mentre la cultura ed il potere si irradiano da Costantinopoli, Atene e Neropoli.
Post Scriptum
Scoperta dell’America? No grazie! Con la via della seta presidiata dalle Legioni, la minaccia Mussulmana respinta prima di divenire realmente pericolosa e le coste dell’Atlantico in mano a vassalli lasciati ad un livello di sviluppo tecnologico molto basso, nessuno avrebbe avuto il bisogno, o il desiderio, o la possibilità di esplorare le terre al di là dell’Oceano. Scienza, cultura, religione, società sono ormai armonizzate in filosofie totalizzanti che lasciano ben poco margine ad iniziative libere, autonome e fuori dagli schemi, corona e altare sono indissolubilmente legati: è questa la fine della storia?

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