RECENSIONE MEMORIE DI UN VIAGGIO IN EGITTO DI CLAUDIO ROSSI

Recensione a cura di Claudia Renzi

Dettagliata la ricostruzione di Rossi dell’Impero romano negli anni turbolenti tra la morte di Cesare e l’avvento del suo bisnipote Ottaviano poi Augusto, primo Imperatore, che fa da sfondo alla sua saga. Un periodo non facile da descrivere, tuttavia poco battuto e dunque abbastanza originale; scelta supportata, nel caso di Rossi, da un’incontestabile competenza in materia.

Protagonista del romanzo – e di tutta la serie, di cui Memorie da un viaggio in Egitto è l’ultimo capitolo in ordine di tempo – è il giovane agrimensore Fabio Quintilio che, in compagnia del fidato liberto Hicesius, si imbarca per l’Egitto. La loro destinazione è la già allora mitica Alessandria, con la sua celebre biblioteca e la sua cultura proteiforme: egiziana e greca e romana e tanto altro. 

Una tempesta coglie però di sorpresa la nave oneraria sulla quale i due viaggiano, unici civili oltre i due misteriosi Costante e il servo Alceo, e l’Occhione naufraga miseramente su un isolotto disabitato e sperduto nell’Egeo.

A salvarli dopo diversi giorni sarà, fatalmente, una trireme militare, che li condurrà ad Efeso, in Anatolia.

La gioia di esser sopravvissuti dura tuttavia poco: Hicesius e il suo giovane padrone hanno perso tutto nel naufragio, in particolare il mare ha inghiottito la manumissio di Hicesius, innescando una serie di tragicomiche conseguenze, che darà modo all’autore di mostrare, con grande puntualità, la complicata eppur efficientissima macchina burocratica dell’Impero. 

Ad Efeso s’imbatteranno nel centurione Quinto Planio Subaziano, uno dei tanti ufficiali che si muovono convulsamente sullo scacchiere mediorientale: Marco Antonio si era infatti appena alleato con Ottaviano Augusto e Marco Emilio Lepido, dando vita al cosiddetto secondo Triumvirato. 

Raggiunta Alessandria Quintilio e Hicesius, nella caserma che li ospita, assistono all’omicidio dello scrivano Valente, reo di aver copiato una mappa della città. L’assassino, Critone, non li prende in simpatia, e dunque il loro destino è segnato. Cosa c’era di tanto segreto in quella mappa da giustificare un delitto? Quintiliano decide che non vuole saperlo, e riesce a fuggire insieme al liberto. 

Noi siamo agli ordini del generale Corvo, non degli assassini di Cesare [..] Ma qui nemmeno sappiamo in cosa siamo caduti, né per quale motivo Valente stesse copiando quella mappa.

Poter vedere dall’interno, anche solo parzialmente, le dinamiche dell’esercito, sarà un’esperienza che lascerà il segno: quella romana era una macchina militare perfetta ma impietosa, senza spazio per indecisi e deboli di cuore. 

Ad Alessandria Quintiliano e Hicesius ritroveranno anche i due compagni di sventura Costante ed Alceo, ma questo rafforzerà in Quintiliano il sospetto che la coppia nasconda qualcosa:

Mi colpì un pensiero bizzarro: questi due, il figlio del mercante e il suo intendente, avevano conquistato l’amicizia di Hicesius fin dal primo momento che l’avevano visto. Sembrava quasi che avessero un nascosto interesse. Anche con me erano stati pieni di riguardi, ma il greco addirittura l’avevano salvato dall’annegamento.

Vero scopo del viaggio di Costante era riprendersi la moglie rapita, in apparenza, da un’antagonista. Chiarito questo punto, Quinitiliano e Hicesius si trovano loro malgrado in condizione di aiutarlo a recuperare la donna della quale, grazie alla complicità della schiava Sallustia, si comincia ad organizzare la fuga. L’abilità di falsario di Hicesius riesce a procurare loro i documenti e il denaro che servono perchè Sallusita pone una condizione: li aiuterà solo in cambio del suo riscatto.

Costante mi mostrò la Via Canopica, il grande viale che tagliava in due la città, in cui non avrei mai dovuto mettere piede perché era costantemente pattugliato dai vigili egizi, a volte accompagnati da un nostro legionario. Ci affacciammo guardinghi sulla Via sbucando da un vicolo: era immensa, larga non meno di cento piedi e perfettamente rettilinea […] Il viavai di gente era interminabile, come nei fori di Roma.

Tuttavia il Fato fa finire Quintiliano nell’orbita del proconsole d’Asia, Giunio Bruto, il quale, sorprendentemente, gli ordina di portare una certa mappa nientemeno che a Roma, e di consegnarla ad un oscuro senatore. L’agrimensore riconosce subito il documento: è lo stesso per il quale lo scrivano Valente è stato ucciso – ci sono persino alcune macchie di sangue – e comprende che lui e il suo liberto sono diventati pedine nelle mani del prefetto.

Nella mia mente una vile domanda si affacciava già dalla sera prima, ma certo non avrei potuto porla al prefetto, per quanto la curiosità fosse grande: come fidarsi a mandarmi fino in Italia con quel plico? Possibile che il prefetto non immaginasse che io e il greco ci saremmo dati alla fuga alla prima occasione?

Il Triumvirato stava nel frattempo deciso le sorti di Giunio Bruto e Cassio Longino, c’era aria di resa dei conti. I disordini e i malumori cominciano a farsi sentire anche nelle province, e Quintiliano e il suo liberto si danno nuovamente alla fuga:

Guardava la città che si allontanava, le mura rossastre d’argilla e mattoni cotti, e i palazzi più alti, dei quali svettava la parte superiore con i tetti. Il palazzo della regina, in marmo chiaro con fregi multicolori, era il più alto di tutti; nei suoi pressi si trovava il Soma, il mausoleo di Alessandro. Un edificio grigio dalla forma tozza forse era la grande Biblioteca.

Approdati a Canopo, i due tuttavia non sono ancora al sicuro. Una minaccia costante incombe su di loro e, consapevoli di questo, cercano di allontanarsi il più possibile dalla scena: devono tornare in Italia.

  • Bruto […] chissà cosa pensa di cavare con quella maledetta mappa.
  • Quella mappa è un simbolo. Tu, che sei agrimensore, solo per caso sei al corrente che ne esistono già delle copie a Roma.

Dopo altre peripezie, Quintiliano e Hicesius sbarcano, assieme all’ormai libera Sallustia e alla sua amica Eirene, nei pressi di Neapolis. Qui apprendono che il triumvirato aveva dichiarato guerra a Longino e a Bruto; i proscritti a Roma cominciavano ad essere sistematicamente eliminati, primo fra tutti Cicerone, raggiunto da un sicario di Marco Antonio; e hanno notizie della cruenta battaglia di Filippi, durante la quale i presagi nefasti che avevano avvertito Bruto in sogno si verificano. A Filippi aveva rivisto infatti il suo daemon e, ormai sconfitto, si era suicidato. 

È la vita che è fatta così, Quintilio. Non credo che esista un vero termine per ogni cosa che facciamo, non nel senso che intendi tu. Ciascuna nostra azione apre scenari diversi per altre persone, ci hai mai pensato? Forse l’unica conclusione che esiste è proprio quella della nostra vita, quando gli dèi decidono che è giunta l’ora.

Quintiliano e Hicesius però non si possono fermare, e riprendono il loro viaggio. Prossima tappa: Roma.

Un finale aperto, dunque, in conclusione del nono capitolo della saga, dalla minuziosa ricostruzione storica nella quale le vicende dei personaggi di fantasia si incastrano in maniera del tutto plausibile con quelli reali; il tutto impreziosito da un ricco glossario in appendice.

Al termine di una lunga missione in Giudea, sulla via del ritorno verso l’Italia, per l’agrimensore Quintilio, un civile che presta servizio nel Genio dell’esercito di Roma, si presenta l’opportunità di trascorrere i mesi invernali nella meravigliosa città di Alessandria d’Egitto.È con lui il suo aiutante, l’erudito liberto greco Hicesius, che arde dal desiderio di visitare la Grande Biblioteca, la più grande collezione di libri del mondo che contiene tutto lo scibile umano. La città, e l’intero Egitto, da pochi anni sono sotto il dominio romano, benché governati dall’ultima regina dei Tolomei, quella Cleopatra VII che senza nessuna vergogna si è alleata, o venduta come dicono alcuni, a Cesare.È il 43 a.C., il dittatore è stato assassinato da un anno e il delta e la valle del Nilo sono terra di conquista per i romani: chi vi si reca, forte della protezione dell’esercito, è infiammato dal desiderio di arricchire alla svelta alle spalle della gente del posto, perché l’Egitto è terra ricca di grano e oro, di fertili latifondi e stuoli di schiavi.L’Egitto e la meravigliosa città di Alessandria riservano incredibili sorprese a chi vi si reca. Lo stesso viaggio a volte è un’avventura, e le cose ignote che aspettano il viaggiatore non sono mai quelle immaginate.

Editore : Independently published (15 dicembre 2020)

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