Tempora d’autunno. Una guerra di streghe e benandanti di Natasa Cvjianovic

A Cormòns le verdi colline del Collio custodiscono un segreto dimenticato dalla storia: la sopravvivenza della Compagnia dei Benandanti e della Congrega delle streghe Dominule. Saranno i due giovani Benandanti Gabriel ed Emanuel Furlan e Diana Samer, la figlia della Somma Strega, a togliere i veli che ammantano le due comunità. La storia del loro incontro e della loro irresistibile attrazione è popolata da diversi personaggi che, in un intreccio di amori e verità nascoste, sveleranno rituali e usi degli uomini e delle donne che hanno convissuto con la magia e la medianità fin dalla notte dei tempi e che troveranno l’apice in Leonora Del Zotto, guaritrice e ultima erede di una stirpe di streghe, che ha abbandonato un’esistenza di privilegi per seguire il sentiero della Grande Madre, la prima Dea.

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Copertina flessibile: 520 pagine
Editore: Edizioni Segno; 2 edizione (29 novembre 2018)
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8893183773
ISBN-13: 978-8893183772

Recensione a cura di Sara Valentino

Tempora d’autunno è un romanzo ambientato ai giorni nostri, proprio per questo ero titubante, non è il mio genere preferito. Andando avanti nella lettura mi sono dovuta ricredere fortemente. L’impatto della leggenda tramandata, delle descrizioni del mondo pagano e le informazioni accurate dei culti friulani lasciati in eredità dalle generazioni passate mi hanno letteralmente avvinta.

Inizio con il dare alcune informazioni che per me non erano così scontate e ho apprezzato anche per questo il volume.

Le tempora sono quattro, probabilmente di origine celtica, legate alla santificazione del tempo nelle quattro stagioni oppure, più recentemente, a ringraziare il Dio Padre per i frutti della terra. Ogni stagione corrisponde a una tempora.

Il libro di Natasa Cvjianovic ha come momento culminante proprio la tempora d’autunno. Ricorrenza durante la quale le streghe e i benandanti entrano in una sorta di “guerra”. Ovviamente nel romanzo, per esigenze narrative, ci sono momenti di eventi “magici”, ma fondamentalmente si dà una grande importanza al corpo spirituale, cosa che non tutti sono propensi a credere.

Se delle streghe si è lungo scritto e parlato, dei benandanti molto meno. Chi sono questi benandanti?

Letteralmente sarebbero i “buoni camminatori”, erano gli appartenenti ad un culto pagano contadino basato sulla fertilità della terra diffuso in Friuli, intorno al XVI-XVII secolo. Erano preposti alla protezione dei villaggi e del raccolto dall’intervento malefico delle streghe. Erano i fortunati “nati con la camicia”, avvolti nel liquido amniotico (a ben pensare credo anche io di essere nata con la camicia). Nelle notti di tempora uscivano dal corpo fisico per questa lotta con le streghe; se avessero vinto i primi ci sarebbero stati mesi di abbondanza e prosperità in caso contrario sarebbero seguiti mesi di carestia, fame, pestilenze. Subirono anch’essi le accuse del tribunale inquisitorio che li riteneva stregoni affiliati al demonio ma nessuno di essi fu mai condannato a pena capitale.

Siamo a Cormons e alcuni giovani si ritrovano a fare i conti con i sentimenti, gli innamoramenti come tutti, come “semplici” ragazzi. Diana è figlia però della somma strega a capo della congrega dedita al culto della dea Diana, si innamora di Gabriel il figlio di un benandante. La gente comune doveva rimanere all’oscuro della identità dei figli dei benandanti.

Tra streghe e benandanti ci sono però segreti nascosti da una cortina, potremmo dire in maniera artificiosa, che vede e copre apparentemente tutto, segreti terribili in grado di spezzare la corazza che alcuni di loro si sono faticosamente costruiti nell’arco di vent’anni: l’età di Diana.

Uno dei personaggi a cui mi sono affezionata in maniera maniacale è Leonora Del Zotto, ultima discendente di una antica famiglia cormonese, le cui donne erano state Somme Streghe. Lei però diviene una guaritrice e lascia il ruolo di Somma Strega a Aradiana, madre di Diana, si dedica al culto e al sentiero della Dea Madre, i suoi insegnamenti sono molto importanti.

“Tante volte Leonora meditava su quanto tutti avevano perduto a causa del consumismo, a cominciare dalla realizzazione dei propri compiti: ogni persona viene al mondo per uno scopo, ma la maggioranza degli individui vive nell’ignoranza di questa consapevolezza e si lascia manipolare dalla giostra di balocchi e specchietti per le allodole che la circonda”

Le streghe della congrega di Cormons avevano un nome: dominule, il latino di Donnole. Questo era da sempre il loro animale totem in quanto stemma della città e lascito delle tribù galliche che avevano abitato quelle colline. Sei secoli di conflitti e si era ora alla vigilia della tempora d’Autunno, giorno anche di battesimo per i nuovi giovani benandanti, un giorno potente, importante e tutte le energie dovevano essere convogliate per il grande evento. Diana però, nonostante sia figlia della Somma Strega, per uno strano caso non vuole fare parte della congrega, vuole restare una semplice, ma semplice non è. Se ne accorgerà quando i veli degli oscuri segreti saranno spazzati via, quando occhi chiusi, da vent’anni ormai, saranno riaperti.

Si tratta di un romanzo corposo, denso di informazioni anche su questa splendida terra, le meravigliose colline, gli antichi rimedi naturali tramandati tra i quali spicca quello di abbassare la febbre facendo indossare all’ammalato calze intinte della grappa. In alcuni punti la narrazione tende a sedere per dar modo ai personaggi di riprendere in mano la loro vita.

C’è tanta delusione, momenti di scoramento ma ho sentito come un soffio d’amore che da balsamo risanava le ferite. La forza del perdono, grande forza, permea questa storia.

“Quanto alla delusione che provi ora, abbi fede soltanto in una cosa: il tempo guarirà le ferite. Perciò ora sfogati, scalcia, urla, fai tutto quello che devi, ma quando deciderai di riprendere in mano la tua vita ricordati le mie parole. Dedicati a tutto quello che più ami fare, buttatici a capofitto per non pensare a lui e a quello che ti ha fatto”

Menzogne, calunnie gratuite sono il companatico delle vicende, la verità ha il passo più lento ma si rivela sempre al momento opportuno.

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