L’erba moli

Omero (seduto), l’archiatra ed Ermes con l’immolum (Moly). Allegoria da una miniatura dal Codex Medicina Antiqua, (fol. 61 verso)

Il moli è una pianta immaginaria che compare nell’Odissea, sarà grazie alle sue virtù magiche che Odisseo si salverà. Ermes ne dona a Ulisse come antidoto contro la pozione della maga Circe per trasformarlo in maiale, come invece accadrà ai suoi compagni.

Dioscoride però identificò il môly con l’harmalá e con la pianta che i siriani chiamavano bḗssasan, cioè con la pianta riconosciuta botanicamente come Peganum harmala L., nota in italiano come ruta siriaca o pègano.
Voci senza fonte verificata la identificano anche con aglio, per l’assonanza con il nome (in greco molyza).
«Ecco, va’ nelle case di Circe con questo benefico farmaco, che il giorno mortale può allontanare dal tuo capo. Ti svelerò tutte le astuzie funeste di Circe. Farà per te una bevanda, getterà nel cibo veleni, ma neppure così ti potrà stregare: lo impedirà il benefico farmaco che ti darò, e ti svelerò ogni cosa»
(Omero, Odissea)

Plinio la identificava con l’Alicacabo, una pianta soporifera. Le identificazioni più diffuse riguardavano la mandragora e la ruta siriaca (Peganum harmala), piante entrambe dotate di effetti psicoattivi e allucinogeni.
Secondo Teofrasto il Moly non sarebbe un’invenzione letteraria, ma una pianta che realmente crescerebbe sul monte greco Cillene e vicino al fiume Peneo, entrambi luoghi consacrati al culto di Ermes.
La sua radice avrebbe forma di cipolla e le foglie simili a quelle della Scilla Marittima (Urginea Inaritinia), una pianta mediterranea con un grosso e pesante bulbo da cui si originano e si innalzano foglie alte un metro e fiori bianchi a grappolo: farebbe dunque parte della famiglia delle agliacche.

Naturalmente  questa interpretazione viene supportata dalla credenza popolare secondo cui tali piante proteggerebbero da ogni maleficio, l’aglio in particolare sarebbe così potente da provocare gravissimi malesseri a streghe e vampiri.
Secondo la tradizione egizia e taoista invece, questa tipologia di piante si oppone alla crescita e all’elevazione spirituale, e dunque entrambi se ne astengono dall’uso.

Se fosse la Ruta?

Altri studiosi sostengono invece che “l’erba Moly” sia la Ruta (Ruta Graveolens), basandosi sulle notizie riportate da Dioscoride Pedanio che scriveva: “Quella pianta viene chiamata ruta montana e anche, in Cappadocia e Galazia, nioly.” Dioscoride proveniva proprio da quelle zone.
Sempre secondo Dioscoride la ruta montana ha una radice nera e fiori bianchi e perciò corrisponderebbe perfettamente all’erba di cui parla Omero.

Nella notte di San Giovanni viene annoverata tra le erbe usate contro gli spiriti e incantesimi
pari all’aglio e all’artemisia, tant’è vero che fu chiamata nel Rinascimento “Herba de fuga denionis”. Nel Medioevo si ponevano corone di ruta sulle tombe per allontanare gli spiriti maligni e, fino al secolo scorso, la piantina serviva anche nelle pratiche esorcistiche.
Fin dall’antichità veniva prescritta anche per curare veleni e morsi dei serpenti.

In realtà secondo alcuni studiosi,  ispirandosi a una definizione degli scolii omerici secondo cui ”Il Moly è una quintessenza di pianta, il cui nome proviene dal potere di rendere innocui i veleni”, ritengono che sia una sorta di leggenda inventata a rappresentare l’antidoto.

La visione tardo platonica secondo cui Ermes rappresenterebbe l’ambasciatore di Dio che porta il dono divino: l’erba Moly, a rappresentare la possibilità dell’uomo di potersi liberare dalle tenebre del terreno e  così elevarsi alla luce dello spirito.

fonti: antrodellamagia wikipedia

 

Please follow and like us:
error0
fb-share-icon20
Tweet 20
fb-share-icon20

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.