Trema la notte di Nadia Terranova

28 dicembre 1908: il più devastante terremoto mai avvenuto in Europa rade al suolo Messina e Reggio Calabria. Nadia Terranova attinge alla storia dello Stretto, il luogo mitico della sua scrittura, per raccontarci di una ragazza e di un bambino cui una tragedia collettiva toglie tutto, eppure dona un’inattesa possibilità. Quella di erigere, sopra le macerie, un’esistenza magari sghemba, ma più somigliante all’idea di amore che hanno sempre immaginato. Perché mentre distrugge l’apocalisse rivela, e ci mostra nudo, umanissimo, il nostro bisogno di vita che continua a pulsare, ostinatamente. «C’è qualcosa di più forte del dolore, ed è l’abitudine». Lo sa bene l’undicenne Nicola, che passa ogni notte in cantina legato a un catafalco, e sogna di scappare da una madre vessatoria, la moglie del più grande produttore di bergamotto della Calabria. Dall’altra parte del mare, Barbara, arrivata in treno a Messina per assistere all’Aida, progetta, con tutta la ribellione dei suoi vent’anni, una fuga dal padre, che vuole farle sposare un uomo di cui non è innamorata. I loro desideri di libertà saranno esauditi, ma a un prezzo altissimo. La terra trema, e il mondo di Barbara e quello di Nicola si sbriciolano, letteralmente. Adesso che hanno perso tutto, entrambi rimpiangono la loro vecchia prigione. Adesso che sono soli, non possono che aggirarsi indifesi tra le rovine, in mezzo agli altri superstiti, finché il destino non li fa incontrare: per pochi istanti, ma così violenti che resteranno indelebili. In un modo primordiale, precosciente, i due saranno uniti per sempre.

  • Editore ‏ : ‎ Einaudi (22 febbraio 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 176 pagine

Recensione a cura di Sara Valentino

Sono le 5.20 di mattina del 28 dicembre 1908, quando un terremoto di Magnitudo 7.1 in 37 secondi scuote e rade al suolo Messina e Reggio Calabria, insieme al maremoto distruggono città e vite, uno dei peggiori disastri naturali che possiamo ricordare. Metà della popolazione della città siciliana e un terzo di quella della città calabrese perse la vita.

L’evento è catastrofico e il romanzo di Nadia Terranova, breve romanzo, rievoca le scene di quegli attimi di terrore, lo fa inscenando la storia coeva di due giovani, una bambino e una ragazza e di come loro vissero, di come attraverso gli occhi dei più giovani possiamo rileggere questa tristissima pagina di storia italiana.

I capitoli sono 22, il loro titolo è preso in prestito dagli Arcani Maggiori, a guidarci nell’innamorarci di questa storia.

La psicologia la fa da padrone perchè attraverso il vissuto dei due protagonisti ci possiamo porre quesiti circa la nostra vita. Barbara e Nicola sono molto simili, entrambi desiderano la libertà, non si conoscono ancora prima del sisma ma avranno la tanto agognata libertà seppure in maniera totalmente diversa da come la pensavano. Il loro incontro, nel mezzo della miseria, tra le macerie e per un sorso d’acqua sarà un filo sottile, un legame che in maniera alquanto curiosa troverà alla fine il collante. Sono quelle volte che un incontro, in uno dei momenti peggiori della vita, ti resta dentro e ti sì aggrappa, sono quelle unioni di chi ha vissuto insieme una tragedia.

“C’è qualcosa più forte del dolore, ed è l’abitudine. Al dolore non ci si abitua, dicono, ma non è vero: al dolore si abituano tutti, a causarlo, a riceverlo, in una diluizione quotidiana invisibile e anestetica”.

Nicola ci racconta di sè e di come per amore, per paura, si può causare un grande e immane dolore, limitando la vita e la libertà. Eppure sarà proprio grazie a questa limitazione che solo lui, della sua famiglia, si salverà… la notte in cui tutto tremò.

Barbara impara il coraggio dai libri, le letture sono sicuramente un punto di incontro tra lei e il piccolo Nicola. Tante volte si dice che leggere salva la vita, in effetti seguendo il corso delle storie e delle nostre eroine possiamo avere il coraggio di desiderare una vita diversa da quella che ci è stata appiccicata addosso.

“…la rabbia degli invisibili, l’unica famiglia cui sentivo di appartenere, quella delle persone che non possono decidere di sè perchè non hanno una tribuna e nemmeno un inginocchiatoio per le suppliche, sono state infilate a forza dentro uno scranno dorato da un dio che non hanno scelto”

Si scava tra le macerie, si cercano i vivi ma anche i morti per una degna sepoltura. Scene dolorose e strazianti che possiamo ben immaginare ma che la Terranova racconta in maniera pacata non scendendo mai nel melodramma, il suo punto focale è diverso: sono gli uomini e le donne e le loro reazioni davanti al terrore di aver perso tutto. Il senso di colpa enorme e lacerante di chi resta…

“Le onde si sono divorate la barca davanti ai miei occhi, e la terra, la casa alle mie spalle. Io ero nel mezzo e mi sono salvato. Purtroppo.”

Ci fa un quadro importante a scandagliare l’epoca e la visione del mondo, il maschilismo imperante degli uomini che sottomettono le donne credendosi i padroni, dentro e fuori casa.

Dinanzi a drammi importanti come questo, ma naturalmente anche a quelli che viviamo ormai quotidianamente, è davvero significativo uno dei messaggi di questo romanzo: “Io non avevo niente. In realtà avevo tutto e non me ne accorgevo”

Please follow and like us:
error0
fb-share-icon20
Tweet 20
fb-share-icon20

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.