Un’educazione libertina di Del Amo, Jean-Baptiste

Parigi, 1760. Dopo essersi lasciato alle spalle Quimper, nell’estremo ovest della Bretagna, il diciannovenne Gaspard raggiunge la capitale: solo Parigi può offrire la possibilità di un nuovo orizzonte a un figlio della campagna con l’ambizione di emanciparsi dalla propria, misera condizione. Ma a che mestiere può aspirare un garzone di fattoria in grado solo di allevare maiali e rotolarsi come loro nel limo di un fiume? Ciò che Gaspard desidera è l’agiatezza della nobiltà, quell’opulenza che porta a riempire il vuoto dell’esistenza con salotti, scampagnate, cene fastose e noiosi scambi epistolari. Il mezzo per realizzare queste aspirazioni sembra presentarsi, in una pallida giornata d’autunno, nelle sembianze del conte Étienne de V. Eterno cortigiano, ammaliatore e libertino, Étienne de V. non ha eguali nell’infiammare le passioni. È sottile e sagace, ride di tutto e non ha nulla a che fare con le convenzioni. I suoi costumi sono abbastanza sconvenienti, le sue abitudini frivole, ma un ricevimento a cui lui partecipi è una serata ben riuscita, dove non si cesserà di commentare i suoi comportamenti, gli sguardi altrui, di indovinare i giochi e le seduzioni, gli spasimi soffocati. Si porta dietro tutta una collezione di scandali, sul suo conto circolano le più svariate voci e ci sono innumerevoli matrimoni distrutti per colpa sua, per il semplice gioco della seduzione. È spudorato e cattivo, vagabondo e osceno. Tuttavia, non si può negare che abbia modi impeccabili, una cortesia che piace agli uomini, un garbo che emoziona le donne. Étienne de V. prometterà a Gaspard il lusso, i salotti, il prestigio e il riconoscimento, esigendo in cambio un solo prezzo da pagare: l’innocenza.

Copertina flessibile: 415 pagine
Editore: Neri Pozza (6 giugno 2019)
Collana: Bloom

Recensione a cura di Sara Valentino

Gaspard scopre la città di Parigi o viceversa “il lurido ombelico puzzolente di Francia” incontra Gaspard?

“Perché anche quando soffocava, Parigi era un’eterna chiacchierona”

Romanzo che dipinge con le parole, in maniera impeccabile, odori, colori, situazioni con la chirurgia di un uomo, l’autore, che ha la capacità di utilizzare le metafore rendendo tutto molto più che reale, quasi extrasensoriale.

Frasi forti, dure, a volte taglienti e spiazzanti, mai volgari, mai ridondanti, uno stile inusuale che colpisce e affonda il lettore.

Non si tratta di un libro semplice, né scorrevole, ma di un testo capace di evocare stati d’animo, sentimenti, scava nelle viscere del protagonista e in quelle del lettore che si pone inevitabilmente alcune domande. Domande scomode, ma quesiti che verosimilmente ci si dovrebbe sempre porre.

A cosa saremmo disposti a rinunciare per ottenere un posto di spicco? La gloria.. agognata da molti… Rinuncereste a voi stessi, per arrivare all’apice? Calpestereste, metaforicamente parlando, il vostro unico e vero amico? Dimentichereste chi vi ha aiutato quando eravate in difficoltà?

“Era un figlio della campagna, di quel tipo fisico bruno, vigoroso, con la pelle ispessita dai venti dell’Ovest e dalla pioviggine bretone. Il volto non era particolarmente rozzo, un volto per così dire comune, ma tra le facce plebee poteva apparire gradevole”

Gaspard giunge a Parigi, esce da una situazione familiare complicata, difficile, che lo ha reso ciò che è ora: arido calcolatore, ma potrebbe anche essere un’aridità innata la sua.

Parte dal basso, dai bassifondi, ma vuole emergere, diventare come i nobili. Pulire il fiume, imbattersi in cadaveri trasfigurati di neonati buttati e dimenticati non gli può bastare come lavoro e così inizia la sua ascesa.

“Sapeva di sudore ma anche di una schiera di odori sovrapposti. Odore di fiati acidi, di marciume, di animali, di pietre e legno umidi, di urina, di cavolo, di tuguri puzzolenti, di sterco di schiuma di cavallo, di pelo di cane, di pelli scabbiose, di sessi sporchi, di corpi ulcerosi, di sperma rancido. In alcuni punti si aveva l’impressione di penetrare nella vagina sifilitica di Parigi”

In questa storia, che ci viene raccontata, fatta di illusioni, dove una prostituta poteva essere il miraggio di un amore mancato, siamo immersi, e sommersi, fino al collo nella Parigi depravata del 1700.

Gaspard conosce E’tienne de V., il conte, e ne rimane affascinato, entrambi restano vittime di questo fascino vicendevolmente, ma ognuno di essi per uno scopo ben differente.

E’tienne è un uomo senza virtù, senza coscienza. Un libertino, un empio, si fa beffe di tutto, non gli interessano le convenzioni, ride della morale” 

Gaspard viene educato a riprovevoli e frivole abitudini, verso piaceri che non conoscono limiti. La sua unione carnale con il Conte sarà il trampolino di lancio verso la grandezza, la sua anima … corrotta per sempre.

La corsa verso il successo gli farà presto scordare, se mai ne fosse stato provvisto, di bontà, compassione, altruismo. Quello che non può calcolare, né immaginare, è che la sua coscienza (come quella di tutti noi) è in agguato, la corsa può finire in un baratro.

L’ho odiato questo protagonista, detestato, mi sono anche mossa pietosa verso di lui perché in fondo rappresenta la nostra metafora, allegoria degli uomini vuoti del nostro tempo, in corsa verso il successo e dimentichi del prossimo, persino di loro stessi.

“Ma, ingannandosi, finivano sempre per ritrovarsi attori di un simulacro e vagavano nel dormitorio alla ricerca di una parvenza di empatia”

 

 

 

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