Artemisia – Alexandra Lapierre

Recensione a cura di Barbara Prosperi

Un saggio sotto forma di romanzo. È questa a mio avviso la definizione che meglio si adatta ad “Artemisia” di Alexandra Lapierre, che in questa sua opera ripercorre le principali vicende biografiche e professionali di una delle pittrici più celebri della storia dell’arte. Del resto è la stessa autrice a dichiarare al termine del racconto di avere optato per il genere narrativo soltanto in un secondo momento, dopo cinque intensi anni di studi e ricerche sull’attività di Orazio e Artemisia Gentileschi. Pubblicato per la prima volta in Francia nel 1998 e tradotto in Italia l’anno seguente, il libro si segnala come un lavoro estremamente documentato e particolarmente dettagliato su una delle protagoniste indiscusse del XVII secolo e sulla stessa epoca in cui è ambientata la storia, spaziando da Roma a Firenze, da Genova a Venezia, da Napoli all’Inghilterra, mentre sullo sfondo si susseguono avvenimenti come l’esecuzione della famiglia Cenci, la Guerra dei Trent’anni, le ricorrenti epidemie di peste, e sfilano personaggi illustri come Caravaggio, Rubens, Paolo V, Urbano VIII, Galileo Galilei, Maria de’ Medici, Carlo I. Magistrale la rievocazione dell’Urbe di inizio Seicento, dominata dalla politica papale che mescola con straordinaria disinvoltura sacro e profano.

Il romanzo è ovviamente imperniato su Artemisia Gentileschi. Negli ultimi decenni la sua figura è diventata relativamente nota anche al grande pubblico, tuttavia si rende opportuno sintetizzarne la biografia per darne brevemente conto a chi ancora non la conosce. Nata a Roma nel 1593, primogenita e unica figlia femmina del pittore toscano Orazio Gentileschi, Artemisia perde la madre in giovanissima età e al pari dei suoi fratelli viene avviata alla pratica della pittura dal padre, che non tarda a riconoscere nella fanciulla la più dotata dei suoi figli. Orazio cura in maniera particolare il talento di Artemisia, che essendo nata donna per le leggi del tempo non può frequentare le accademie d’arte ed è quindi costretta ad apprendere il mestiere senza poter abbandonare le mura domestiche. Pur essendo un padre geloso e possessivo, per permettere alla figlia di ampliare la sua preparazione Orazio le consente di ricevere delle lezioni private dal collega Agostino Tassi, specialista della prospettiva e maestro nell’esecuzione di paesaggi, che inizia pertanto a frequentare l’abitazione dei Gentileschi. Con la complicità di due loschi personaggi, il furiere papale Cosimo Quorli e la governante Tuzia, Agostino si introduce in casa di Artemisia quando la ragazza è da sola e la violenta con inaudita ferocia, promettendole poi di rimediare alla sua condotta con un matrimonio riparatore. La giovane, frenata dalla vergogna e dalla promessa del Tassi, non rivela l’accaduto al padre e si assoggetta ad imbastire una relazione clandestina con Agostino, che nasconde all’amante di essere già sposato.

Quando, dopo diversi mesi, Artemisia scopre l’inganno e Orazio viene a conoscenza della cosa, il Tassi viene denunciato con l’accusa di stupro. Si apre così un processo che attira la curiosità di tutta la città, che segue assiduamente il dibattimento nell’aula del tribunale. Per dimostrare la sua innocenza Artemisia deve subire l’umiliazione di visite ginecologiche pubbliche e la tortura della sibilla, che affronta con coraggio e che contribuisce a convincere i giudici della veridicità delle sue dichiarazioni. Alla fine Agostino Tassi viene condannato a cinque anni di lavori forzati nelle galere o all’esilio da Roma, pene che tuttavia non sconterà mai grazie alle protezioni di cui gode in alto loco, mentre Artemisia si sposa con un modesto pittore toscano, Pierantonio Stiattesi, che accetta di prendere in moglie una donna disonorata in cambio della cospicua dote corrispostagli da Orazio, il quale spera in tal modo di risollevare il buon nome della famiglia. Grazie al suo talento per Artemisia, che si trasferisce a Firenze insieme al marito, si aprono ben presto le porte della corte granducale e prende il via una stagione felice, contraddistinta dai successi nella sfera professionale e dalla serenità della vita familiare, allietata dalle gioie della maternità. In un breve volgere di anni Artemisia coglie il risultato più ambito: viene ammessa all’Accademia delle Arti del Disegno, prima donna al mondo a raggiungere questo traguardo.

Questo trionfo innesca però una grave crisi coniugale: Pierantonio, pittore mediocre che vive di rendita grazie al lavoro della moglie, sfoga la sua frustrazione in avventure adulterine e provoca il naufragio del matrimonio con Artemisia, che torna a Roma e vi si impone come una delle più valenti artiste del momento. Da questo punto in avanti la sua ascesa diventa inarrestabile: i suoi dipinti vengono richiesti da committenti sempre più prestigiosi, gli incarichi pubblici si susseguono a quelli privati, ma soprattutto la donna può assaporare pienamente la soddisfazione del proprio riscatto e della propria emancipazione, prendendo una grandiosa rivalsa sui tre uomini a cui l’avevano legata altrettanti rapporti di amore ed odio: Orazio Gentileschi, che le aveva trasmesso il talento e insegnato la professione ma che voleva farne un oggetto della sua volontà; Agostino Tassi, che l’aveva violentata e ingannata ma l’aveva anche iniziata ai piaceri della carne; Pierantonio Stiattesi, che sposandola le aveva restituito la rispettabilità e concesso la possibilità di formarsi una famiglia ma poi l’aveva sfruttata e tradita. Finalmente libera e padrona di sé stessa, Artemisia prende le sue decisioni in totale autonomia, seleziona le migliori occasioni lavorative e conduce una vita amorosa disinvolta e spregiudicata, senza però trascurare le figlie che accudisce con premura e tenerezza. La Lapierre tratteggia con grande attenzione la psicologia dei personaggi e della protagonista in special modo, scandaglia in profondità i rapporti che li legano e li segue negli anni descrivendo in maniera puntuale la loro evoluzione e il loro processo di maturazione, senza mai perdere di vista il contesto storico, sociale e politico.

Allegoria dell’inclinazione

A tal proposito (oltre all’apparato iconografico) risultano utilissime le note e la bibliografia presenti nella parte conclusiva del volume, strumenti preziosi per approfondire gli argomenti affrontati nel corso della narrazione. Di straordinario interesse anche i brani tratti dai documenti originali dell’epoca – atti giudiziari, deposizioni processuali, corrispondenza privata -, che ci restituiscono la viva voce dei diretti interessati e rivelano il lavoro certosino effettuato dall’autrice. Il racconto, fluido ed appassionante, caratterizzato da un lessico elegante, ricercato e mai banale, coinvolge il lettore sia negli avvenimenti dolorosi sia in quelli lieti vissuti dalla protagonista, che giganteggia per la sua statura morale su tutti gli altri personaggi che si incontrano durante lo svolgimento della storia. In definitiva il libro, così come l’esistenza stessa dell’artista, di cui il romanzo costituisce un resoconto puntuale e fedele, rappresenta un inno alla forza delle donne, un omaggio nei confronti di tutte le vittime di violenza, che non di rado hanno saputo rialzarsi e riscattarsi dallo smacco subito in virtù di una formidabile forza di volontà, con determinazione e dignità. Per questo motivo la figura di Artemisia Gentileschi è divenuta nel tempo uno dei simboli più usati (e forse abusati) in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, che l’hanno spesso eletta a loro paladina. Ritengo tuttavia che il miglior modo per onorarla – quello che a mio parere anche lei gradirebbe – sia quello di apprezzarla per la qualità che contraddistingue le sue opere d’arte, e che la colloca senza dubbio insieme al padre tra i più rilevanti esponenti della pittura seicentesca.

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