Il fantasma del vicario. L’ufficio degli affari occulti: Vol. 2 – Eric Fouassier

Parigi, marzo 1831. Non ha ancora ventiquattro anni, Valentin Verne, l’ispettore di polizia dal volto angelico ma dal cuore pieno di ombre, e già occupa un ruolo quantomeno originale in prefettura: è il responsabile dell’Ufficio degli affari occulti, un reparto non ufficiale creato per risolvere i crimini sovrannaturali, o presunti tali. Un giorno al suo cospetto si presenta una donna elegante, il viso dai lineamenti delicati sotto ricci ramati e gesti lenti da convalescente alla prima uscita dopo una lunga malattia. Madame Mélanie d’Orval, moglie del ricco Ferdinand d’Orval, ha un peso sul cuore: dopo la morte della figlia adolescente per un’inspiegabile e violenta crisi di convulsioni, suo marito ha perduto il senno, finendo tra le grinfie di una specie di medium, Paul Oblanoff, un losco individuo che lo ha persuaso di poter entrare in contatto con lo spirito della defunta. Madame d’Orval è convinta che a Verne basterebbe assistere a una di quelle famose sedute di spiritismo per smascherare il lestofante, ma l’ispettore, che ha la mente occupata da ben altri pensieri, cede il caso al suo collaboratore Isidore Lebrac. Proprio da poco, infatti, c’è stato uno sviluppo nell’inchiesta segreta che Verne porta avanti da tempo, una faccenda personale che l’ispettore intende risolvere a modo suo, a costo di spingersi ai margini della legalità: il Vicario, l’abietto criminale, il mostro perverso che si lascia dietro cadaveri di bambini come l’orco delle fiabe, è tornato a seminare il panico per le strade di Parigi, risvegliando in lui ricordi troppo dolorosi. Ma ecco che, quando si tratta di difendere l’esistenza stessa dell’Ufficio degli affari occulti, minacciata dall’incerta situazione politica in cui versa la Francia, il caso d’Orval potrebbe rivelarsi sorprendentemente cruciale.

  • Editore ‏ : ‎ Neri Pozza (10 ottobre 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 336 pagine

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

“Si trattava, anzi di un giovane dandy pieno di energia, la cui renigode di buon taglio sottolineava le spalle larghe e la vita sottile. Un cilindro confezionato da Bandoni, un panciotto di seta ricamata, guanti di pelle grigio perla e un bastone col pomo d’argento di Thomassin completavano l’abbigliamento raffinato. Ma più ancora dell’eleganza degli abiti, ad attirare irresistibilmente era il viso nobile dello sconosciuto, la cui bellezza esagerata, quasi troppo perfetta, si tingeva di una profonda malinconia. Poi c’era quello sguardo ardente, che passava a seconda della luce dal grigio al verde e veniva a smentire la dolcezza angelica dei lineamenti, lasciando intravedere un’anima di acciaio temprato”.

Valentin Verne, il giovanissimo ispettore di polizia dal volto angelico ma dal cuore pieno di lugubri e misteriose ombre, torna con una nuova imperdibile avventura. Siamo come sempre a Parigi al tempo della monarchia di Luglio (1830-1848), più precisamente nel 1831, sono passati otto mesi dall’ascesa al trono di Luigi Filippo e siamo in un periodo di grande instabilità politica, in cui si assiste allo scontro tra fautori della monarchia contro quelli della repubblica. 

Niente dunque è stabile, soprattutto l’Ufficio degli Affari Occulti di cui il nostro dandy è responsabile, ovvero quel reparto non ufficiale della prefettura creato per risolvere i crimini sovrannaturali, o presunti tali, e per dare la caccia a quei malfattori di nuova generazione che sfruttano la credulità della popolazione con l’ausilio degli ultimi progressi in fatto di scienza. Un ufficio particolare che, nonostante la risoluzione di precedenti casi spinosi quali quello dell’automa strangolatore e quello del mistero del ragno canterino, come accennato, è appeso a un filo, e quando alla sua porta bussa una dama, tale Madame d’Orval, che presenta al nostro ispettore e al suo collaboratore, Isidore Lebrac, un caso che ha a che fare con lo spiritismo, Valentin Verne intravede uno spiraglio di luce per il futuro di questa bizzarra istituzione.

Questa donna lamenta la presenza molesta nella loro casa di un sedicente medium, al secolo tale Oblanoff, il quale avrebbe abbindolato il marito affranto per la perdita improvvisa della giovane figlia, illudendolo di poter riuscire a comunicare con quest’ultima e persino riportarla in vita:

“Non c’è bisogno di essere grandi esperti in medicina per sapere che i morti non escono dalla tomba e non parlano con i vivi. Lo spiritismo, tanto di moda in questo periodo tra gli inglesi, è una buffonata. Di conseguenza il nostro Oblanoff è necessariamente un ciarlatano, come tutti i suoi simili”.

Come specifica anche l’autore nella postfazione, introducendo il discorso dello spiritismo nella narrazione sta anticipando di qualche decennio il boom di questo affascinante fenomeno che esploderà in Europa ma anche negli Stati Uniti diventando una vera e propria ossessione, nonché una fabbrica di soldi per i disonesti. Ma poco importa poiché senza una componente pseudo paranormale le indagini dell’Ufficio degli Affari Occulti non avrebbero ragione di esistere, dunque l’autore è pienamente giustificato. 

Ma al di là dell’indagine riguardo il sedicente medium barra ciarlatano, Valentin Verne ha ben altro di cui occuparsi, poiché è sempre impegnato nella sua personale e spasmodica ricerca del Vicario, un mostro che rapisce bambini, li tortura e ne abusa.

“Nessuno conosce la sua vera identità, neanche nei bassifondi. È un essere solitario che non è mai stato in combutta con altri criminali. Sconosciuto anche tra i sodomiti. Lo temono, ma nessuno lo conosce davvero”.

Il Vicario, il mostro perverso che si lascia dietro cadaveri di bambini un po’come l’orco delle fiabe, è tornato a seminare il panico per le strade di Parigi, e soprattutto sta risvegliando in Valentin ricordi troppo dolorosi.

“Come in passato, quell’uomo infame tentava di ridurlo in schiavitù, cercando di attirarlo non più in una gabbia di metallo, ma nei meandri del proprio cervello allucinato”.

Sta giocando con lui a un gioco perverso: un messaggio per ogni cadavere, un nuovo indizio per un’altra vita che se ne va. E Valentin non può che assecondare questa follia perché se arriverà in fondo al gioco, se sconfiggerà il Vicario, forse tornerà a essere un uomo libero, forse i fantasmi del passato si dissolveranno alla luce del nuovo giorno. Così il nostro ispettore si accinge a compiere un vero e proprio viaggio nella memoria con la consapevolezza che potrebbe rivelarsi fatale:

“Perché mai il Vicario l’aveva costretto a tornare indietro nel tempo? La risposta gli sfuggiva, ma poteva stare certo di una cosa. Il suo nemico giurato non aveva ceduto al fascino obsoleto della nostalgia. Se l’aveva attirato in quel luogo era per renderlo fragile e colpirlo al cuore. Perché il loro scontro era una lotta mortale in cui tutti i colpi erano permessi”.

Riuscirà Valentin a fermare il Vicario una volta per tutte prima che accada l’irreparabile? Sarà possibile far luce sul misterioso Oblanoff, le cui performance medianiche sono sempre più inspiegabili e accuratamente stupefacenti?

Il Fantasma del Vicario è un romanzo nel quale più generi si uniscono in un’unica incalzante narrazione che tiene continuamente con il fiato sospeso. L’elemento thriller, giallo e mistery nell’inseguimento spasmodico del Vicario, nelle indagini deduttive, nelle descrizioni degli omicidi e delle vittime, si unisce a una sfumatura gotica che possiamo trovare non solo nell’ambientazione della storia in una Parigi che ha poco o nulla di quella che vive nel nostro romantico immaginario, ma ci riporta direttamente ad atmosfere buie e fumose, azzarderei burtoniane, ma anche alla tematica dello spiritismo che, come già accennato è protagonista dell’indagine parallela a quella del Vicario.

Ma l’elemento davvero diverso in questo romanzo è l’adozione del metodo scientifico da parte di Valentin per risolvere i casi che gli vengono proposti, qualcosa che ad oggi rappresenta la prassi, ma che nel 1831 era davvero qualcosa di insolitamente rivoluzionario:

“Per combattere il crimine e assicurare ordine e giustizia, la scienza sarebbe stata, in futuro, un’arma temibile almeno quanto la lama d’acciaio o le pistole più perfezionate”.

Ed è proprio grazie alla scienza che Valentin riesce a smascherare il sedicente medium che, lungi da essere uno sprovveduto, anche lui ricorre a certe conoscenze in fatto di scienza, con le quali imbroglia chi è ignorante in materia. Lo vediamo ad esempio creare dal nulla una luce abbagliante in un grande parco senza l’ausilio di candele, lampade o altre fonti di luce. Come fa? Ce lo spiega direttamente Valentin:

“…alcuni chimici hanno scoperto poco tempo fa che la calce pura emette un lampo di luce intensa quando entra in contatto con l’ossigeno”.

Mica male il nostro medium! Ma non finisce qui poiché oltre ai più classici trucchi illusori, questo Oblanoff, che quasi ci piace perché è ingegnoso, si serve anche di un’invenzione rivoluzionaria per l’epoca. Sto parlando del diorama, che prima di leggere questo libro non avevo idea di cosa fosse. Si tratta di un’ambientazione in scala ridotta che ricrea scene di vario genere:

“Gli spettatori compiono una specie di viaggio senza muoversi. Presentiamo loro grandi scene dipinte in trompe -l’oeil su pannelli di tela traslucida. Rischiarandoli da sopra o da dietro, grazie a lievi variazioni luminose, è possibile modificarne le sembianze. Si possono riprodurre quindi diversi momenti della giornata, dall’alba al crepuscolo, o addirittura, giustapponendo diversi pannelli, simulare i movimenti. Le foglie si animano, i ruscelli scorrono, le nubi si spostano in cielo. Un effetto davvero stupefacente”.

L’invenzione del diorama viene attribuita a Louis Daguerre, artista e fisico francese, che ne realizzò i primi esemplari tra il 1822 e il 1827 con lo scopo di ricreare per il teatro scenografie così accurate da sembrare reali. Ricordiamoci anche che monsieur Daguerre è anche universalmente riconosciuto come l’inventore di quel processo fotografico chiamato dagherrotipo.

Insomma, al di là della componente crime di questo romanzo che è interessante sia per la tematica affrontata e per il personaggio del villain, dell’ambientazione storica in un’epoca politicamente problematica e caotica che contribuisce a creare ancora meglio l’incertezza e l’incognita nei confronti dell’immediato futuro, del personaggio di Valentin che è quell’eroe tormentato e affascinante al quale non possiamo resistere ma che ci lega a se in maniera tossica, Il Fantasma del Vicario è una lettura imperdibile poiché ci tiene incollati alle pagine dalla prima all’ultima e (spoiler!!!), una volta chiuso il libro ci lascerà con qualche interrogativo al quale speriamo di poter avere risposta nella prossima avventura del nostro ispettore dandy dell’Ufficio degli Affari Occulti.

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