Caravaggio assassino – Roberto Ciai, Marco Lazzeri

Roma, maggio 1606.
Dopo una velenosa partita a carte, il ruffiano Ranuccio Tomassoni affronta in duello Michelangelo Merisi, conosciuto come Caravaggio. Ranuccio viene ferito e, nonostante l’intervento di un cerusico, muore dissanguato tra le braccia del fratello Gian Francesco, mentre Caravaggio, ferito a sua volta, si dà alla fuga.
Gian Francesco governa da padrone assoluto Campo Marzio ed esige una vendetta feroce. Affida al birro Leone Bencivenne l’incarico di rintracciare il pittore, che sembra scomparso nel nulla. Attraverso le maglie oscure e impenetrabili della Città Eterna, le indagini di Leone portano inaspettatamente alla luce attriti e faide interne alla famiglia Tomassoni, storie di sangue e di carne. Un dubbio si fa strada nella sua mente: e se Caravaggio fosse innocente?
In una Roma meravigliosa e decadente, nella quale l’arte di chiese e palazzi si mescola alla miseria e alla criminalità dei quartieri infami, si scatena una violentissima caccia all’uomo che vede contrapporsi due tra le famiglie più potenti della città, i Farnese e i Colonna; una caccia all’uomo in cui le ragioni del potere potrebbero prevalere sulla giustizia.

  • Editore ‏ : ‎ Newton Compton Editori (10 novembre 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 320 pagine

A cura di Stefania De Leonardis

Leggere è come viaggiare.

Quì mi sono ritrovata immersa in una Roma sfarzosa e decadente che mi ha permesso di ritrovarmi fra le più potenti e influenti famiglie aristocratiche come i Farnese e i Colonna, i Del Monte, i Costa e Papa Paolo V Borghese, gli Ebrei, gli assassini e la gente comune.

È stato come entrare in punta di piedi nella storia, camminando nelle vie buie di una città che non ha mai conosciuto vie di mezzo, nella quale Chiesa e aristocrazia governavano un popolo privo di reale giustizia. Una Roma in cui la legge era spesso interpretata, anziché applicata. Tutto si basava su un delicato equilibrio di favori e scambi.

Ma, soprattutto, ho avuto la possibilità di conoscere un po più da vicino colui che ci ha lasciato molte delle sue opere più incredibili a Roma e al mondo: Caravaggio.

Uomo dalla personalità controversa ma che osservava e viveva il mondo in modo diverso rispetto agli altri. Ponendo uno sguardo attento sulle sue opere, conosciamo la mente e la fragilità di un uomo in grado di lasciare a bocca aperta il mondo intero.

«Specchi, torce, lumi, lenti, finestre aperte da cui il sole entra in modo

nuovo per modellare la creta della luce, cambiar forme, volti e oggetti visti

per metà. La tela è l’unico mondo in cui vorrei vivere. Nella tela il lume

squarcia le tenebre e separa il dio dal demonio, la condanna dalla salvezza.

Nella tela la redenzione è possibile. Una prostituta, se illuminata alla

maniera acconcia, può diventare la Madonna, un miserabile farsi san Pietro.

Lena, l’amore della vita mia, è la più bella di tutte le madonne, eppure è

solo una cortigiana. Fuori dalla tela c’è una terra che non amo e che non mi

ama, una terra dura e ostile come la gente che la abita». Caravaggio”

Purtroppo Caravaggio era un uomo avvezzo alle risse e continuamente entrava e usciva dal carcere romano più di una volta.

«Vuole apparire un uomo di risse e vino, di lame e di femmine, ma questa

maschera nasconde debolezza, paure, incertezze grandi. Dietro l’audacia di

muoversi per carni e coltelli, di batter vicoli alla ricerca di avventure, c’è un

male di vivere, la frustrazione che lo fa irascibile e impulsivo».

Aaron era d’accordo. Durante il tempo trascorso insieme, aveva

conosciuto un uomo fragile, insicuro, sopraffatto dal mondo attorno a sé,

molto lontano dalla sua fama. Aveva conosciuto un uomo sensibile. Facile

da ferire, bisognoso di compagnia, di sentirsi apprezzato e amato dagli altri,

o anche soltanto considerato. Un uomo che faticava ad accettarsi e cercava

di indurre il suo prossimo a farlo al posto suo. Che trovava la migliore

dimensione nell’arte costruita in solitario. I suoi dipinti erano finestre

sull’anima, richieste d’aiuto inascoltate.”

Questo romanzo è un thriller vero e proprio. Anche se è ambientato in un epoca lontana dalla nostra, sembra più vicino ai giorni nostri grazie alla potenza della narrazione. Una scrittura accurata e pertinente al periodo storico nel quale si svolge.

L’investigazione sul caso viene portata avanti dal coraggioso Lucifero Bencivenne (Aaron un ebreo nato in mezzo al dolore) che crede nella giustizia

Egli crede nella giustizia e non smetterà di cercarla fino alla fine, nonostante dolori e i sacrifici che sarà costretto a vivere: la morte dell’adorata moglie Lara e la morte dei genitori durante la sua infanzia.

Lui sembra un detective dei nostri giorni, intelligente, appassionato e pronto a scoprire il vero o i veri colpevoli dell’omicidio di Ranuccio Tomassoni nonostante i mezzi a disposizione fossero ben più limitati di quelli di oggi.

Impossibile non condividere con lui le emozioni che lo travolgono, la ricerca della verità a tutti i costi e la consapevolezza di correre rischi davvero enormi.

Un punto sul personaggio Aaron: quello di aver aiutato il Caravaggio a fuggire da morte certa da parte di Giovanni Tomassoni.

Da lì in poi, seguirete il vostro destino. Io seguirò il mio».

«Avete fatto tutto questo per me…».

Aaron si prese il tempo di un respiro e sottovoce disse: «L’ho fatto e basta.

Non per voi né per nessun altro».

Caravaggio fu sul punto di dire qualcosa, ma l’ebreo lo zittì.

«Andate».

Il pittore gli disse addio. Poi riempì d’aria il petto e scivolò dall’apertura,

diretto a valle.”

Ogni personaggio, ogni scena e ogni dettaglio sono qui descritti meticolosamente e niente è inserito a caso.

Mi è rimasta molto impressa la scena dello scellerato Ranuccio Tomassoni quando viene chiamato per vedere la figlioletta nata da poche ore, li si vede lo squallore vero e proprio di quest’uomo!

La serva Costanza aiuta a partorire Madonna Lavinia con il solo aiuto delle serve. Un dottore non può venire perché malato a posto suo dovrebbe venire un altro. Costanza con fare arrogante verso le serve dice di non voler l’altro medico perché è ebreo (un judìo).

La bimba nasce dopo un parto non facile. Durante il travaglio alla puerpera viene somministrata una bevanda di segale cornuta detta anche droga delle streghe.

Ranuccio viene mandato a chiamare durante una serata in taverna.

Egli entra nella stanza senza curarsi di nessuno fiondandosi su un boccale di vino, allora madonna Lavinia gli chiede di prendere in braccio la bimba.

Messer Ranuccio, questo è il suo nome, la prende e si avvia verso la finestra, con le le braccia tese fa penzolare la bimba nel vuoto.”

Persino i rumori, gli odori e gli scorci sono raccontati in maniera così nitida da darti la sensazione di vedere un film.

Mentre leggevo, ho scoperto l’esistenza dei Navalia a Roma. Quante volte sono stata a Roma e nei libri di Storia mai sentito parlare !

Alle Fogne di Roma

Sulla parete, un’incisione in parte cancellata riportava la scritta:

CASTRA NAVALIA

Aaron mosse la lampada davanti a sé. Le file di colonne formavano aree

destinate a essere occupate dalle imbarcazioni, come accadeva nei

neosoikoi di Cartagine o del Pireo. Gli stalli per le triremi erano abbinati a

due a due sotto lo stesso tetto, molto elevati sul livello del Tevere, così da poter usare le navi anche col fiume grosso. Quando Roma aveva esteso la

sua attività all’intero Mediterraneo, i Navalia erano stati trasformati in

horrea subterranea, magazzini infossati nel sottosuolo.”

Non solo !

Stupenda ma anche penosa la descrizione del ghetto romano che a quel tempo si chiamava Il Serraglio o la Giudìa istituito nel 1555 dal papa Paolo IV. Si trovava e tutt’ora si trova nel rione Sant’Angelo accanto al teatro di Marcello. Un luogo che ai nostri giorni i turisti amano fermarsi per mangiare in uno dei numerosi ristoranti.

Allora non era così: era un luogo triste.

Gli ebrei erano obbligati a risiedere all’interno dei cancelli che venivano aperti all’alba e chiusi al tramonto. Erano costretti ad indossare segni distintivi per poter essere riconosciuti. Non potevano esercitare qualsiasi attività di commercio tranne la vendita di stracci e vestiti usati, e di possedere beni immobili. Non potendo altro e costretti a pagare molte tasse, essi si rivolsero ai beni mobili per eccellenza, l’oro e il denaro, accumulandone in gran quantità tanto da ingolosire papi e re, i quali si si rivolgevano agli Ebrei per ottenere prestiti.

Con l’aumentare della popolazione, non potendo crescere in superficie, il ghetto crebbe in volume. Le case erano alte e presentavano porte di comunicazione, ponti, sovrappassi e sottopassi per sfuggire alle frequenti cacce perpetrate dai cristiani.

Cosa che mi sorprende che in questo romanzo è presente è la Simbologia.

Sulla fronte di Oloferne notò una minuscola Mem, la tredicesima lettera

dell’alfabeto ebraico. Secondo il Libro dello Splendore simboleggia

l’Angelo della Morte. Aaron ricordava gli antichi sistemi di cifratura della

Tanakh, dove la Mem si trasforma in Yod, e l’unione di queste lettere

compone la parola Mi, che significa “chi?”, perché Mem suscita l’impulso a

porsi domande.

Aaron se le fece,  quelle domande. Seguì con lo sguardo le linee della vita

che si attenuavano verso le tempie di Oloferne. Lesse:

ה ר ר מ

Mererah.”

Terminato questo fantastico viaggio che si chiama “Caravaggio Assassino” posso solo dire che è stato potente, a volte cupo e brutale, romantico e pieno di emozioni nel quale la meraviglia della Roma Caravaggesca si mescola alla corruzione e al tradimento proprie del periodo storico della vicenda narrata.

Imperdibile !

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