Così muore la carne – Ambrose Parry

Giovane medico di belle speranze, Will Raven riesce a entrare come praticante nello studio del dottor Simpson, stimato luminare della borghesia scozzese, mosso dall’ambizione di costruirsi una brillante carriera e affrancarsi dalle difficoltà economiche. Will ha un passato complicato e conosce i bassifondi della Città Vecchia, ne conosce i bordelli e gli sgherri che ne infestano le strade di notte. Conosceva bene la prostituta Evie, che ha trovato senza vita nel suo letto disfatto. Un’immagine terribile che si porta dietro e che diventa la sua ossessione quando cominciano a morire altre donne. Così come Evie, tutte sembrano avere attraversato l’inferno prima di smettere di respirare, e Will non può impedirsi di cercare il nesso, il punto di raccordo in cui si sono incrociati i destini delle, povere vittime. Ad accompagnarlo in questa cupa ricerca c’è Sarah, tuttofare di casa Simpson, capace e ambiziosa, anche lei mossa da un segreto motivo personale. Insieme, i due si ritrovano presto avvolti dalle ombre lunghe e nerissime che danno forma al sottosuolo della città. Per uscirne vivi, saranno obbligati a sciogliere la distanza che li separa.

  • Editore ‏ : ‎ Rizzoli (25 settembre 2018)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 425 pagine

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

“Nessuna storia che si rispetti dovrebbe iniziare con la morte di una prostituta, e per questo domando scusa, perché so che le persone per bene non amano soffermarsi su certe cose. Tuttavia, fu proprio la convinzione che gli onesti cittadini di Edimburgo sarebbero inorriditi davanti a un fatto del genere a segnare fatalmente il cammino di Will Raven, nell’inverno del 1847”.

È così che inizia Così Muore la Carne, un thriller storico ambientato nella cupa Edimburgo del XIX secolo, in cui la chirurgia e la sperimentazione medica sono le reali protagoniste. Will Raven è un giovane medico di belle speranze. È riuscito a entrare a far parte del prestigioso studio del dottor Simpson, uno stimato luminare della borghesia scozzese, anche se solamente come praticante. È fermamente intenzionato a costruirsi una brillante carriera così da dimenticare tutte le difficoltà economiche che da sempre è costretto ad affrontare. Il giovane medico conosce a menadito i bassifondi della Città Vecchia, i bordelli e gli sgherri che ne infestano le strade di notte, e conosce bene anche la prostituta Evie che una notte ha trovato senza vita nel suo letto.

La morte di una prostituta non dovrebbe essere una cosa così insolita, ma le condizioni in cui viene rinvenuto il corpo di Evie fanno riflettere molto il nostro Will, il quale comprende già da subito che c’è qualcosa di strano:

“Il suo corpo, tutt’altro che rilassato, appariva contorto, come se il dolore che l’aveva uccisa le fosse rimasto addosso, senza trovare alcun sollievo nella morte. Le sopracciglia erano ancora contratte, le labbra spalancate. Aveva delle tracce di schiuma agli angoli della bocca”.

Sconvolto da ciò che ha visto fugge nella notte senza farsi notare da nessuno. Il giorno seguente dovrà trasferirsi dal dottor Simpson e non può permettersi errori: se qualcuno lo associasse alla morte di una prostituta la sua carriera non avrebbe scampo. Peccato però che proprio quella notte viene aggredito dagli sgherri di un tale Flint, un delinquente al quale ha chiesto un prestito proprio per aiutare Evie, i quali pretendono di riavere il denaro, e quando comprendono che non potranno ottenerlo ci vanno giù pesante e gli sfregiano il volto. Con quel brutto aspetto è convinto che farà una pessima figura al cospetto di Simpson, ma il noto luminare si rivela essere un personaggio alquanto sui generis, visto che quasi non nota il brutto aspetto del suo nuovo praticante e lo coinvolge subito in una visita d’urgenza. Will, che immagina di doversi recare in casa di un’elegante signora, ne rimane alquanto deluso:

“Che ci faceva, nel Canongate, un uomo con la statura e la reputazione del dottor Simpson? Dov’erano le ricche signore della Città Nuova che si aspettava di incontrare? E le belle dimore di classe, popolate da mogli e figlie dal dolce profumo?”.

Lo stimato dottor Simpson è così, non disdegna di aiutare anche chi non ha il denaro necessario per onorare le sue parcelle, e ne approfitta per utilizzare l’etere, una sostanza ancora in fase di sperimentazione, che il luminare impiega frequentemente nei parti difficili con grande successo. Tuttavia Simpson è alla ricerca di una pozione soporifera migliore dell’etere, e ogni sera in casa sua, al cospetto di altri giovani medici ambiziosi, Will inizia ad assistere alle sperimentazioni di varie sostanze.

A questo punto è importante dire che il James Young Simpson che troviamo in questo libro non è un personaggio di fantasia ma un reale medico scozzese, considerato uno dei padri dell’anestesia poichè scoprì le proprietà anestetiche del cloroformio che utilizzò, dopo aver accantonato l’etere dietilico che aveva impiegato con successo come anestetico per indurre incoscienza temporanea, in campo ostetrico. Fu proprio nel 1847, l’anno in cui è ambientata questa storia, che realmente iniziò le sperimentazioni di un’altra sostanza anestetica che potesse sostituire l’etere, e che non possedesse rilevanti effetti collaterali. La scoperta delle proprietà del cloroformio risale proprio a questo anno quando, intento a sperimentare la sostanza con degli amici (tra i quali purtroppo non figurava Will Raven essendo un personaggio di fantasia), si rese conto che poteva indurre sonnolenza.

Ma torniamo alla nostra storia. Will, nonostante il coinvolgimento così stimolante nella vita e nel lavoro di ricerca del dottor Simpson, non riesce proprio a dimenticare la strana morte di Evie, e quando in città iniziano a morire anche altre giovani donne di bassa estrazione sociale, i cui cadaveri sono rinvenuti nelle stesse condizioni di quello della giovane prostituta, comprende che sta accadendo qualcosa di oscuro e vuole vederci chiaro. Con l’aiuto di Sarah, una domestica di casa Simpson, da il via a una indagine personale che lo porta a scoprire che da qualche tempo in città ci sono stati diversi casi di aborti finiti male. “Arti oscure”, è così che chiamano questa pratica clandestina, che a volte viene eseguita anche con metodi alternativi al classico ferro da calza:

“Ho visto delle ragazze soffrire orribilmente dopo aver assunto quei rimedi, senza ottenere alcun sollievo dall’ostruzione che avrebbero dovuto rimuovere. Stravolte dal dolore, erano. Dio solo sa cos’avessero ingerito, nella speranza che alleviasse il loro fardello”.

Anche Evie era incinta? Lo stato interessante all’epoca rappresentava non solo un impedimento per una prostituta o per una qualsiasi donna che non poteva contare sull’aiuto di un compagno, ma era soprattutto un grande disonore per una giovane nubile, qualcosa che ti bollava a vita, e per questi motivi dalla notte dei tempi le pratiche di aborto clandestino erano andate avanti nonostante il reale rischio di morte causato non solo da mani inesperte, ma anche da strumenti non sterilizzati a dovere. Nella Edimburgo del XIX secolo c’è qualcuno che con il pretesto di aiutare queste povere disperate sta seminando la morte, e Will è intenzionato a scoprirne l’identità non solo per fermare la mattanza, ma anche per restituire un po’ di giustizia a Evie, così che smetta di essere solamente “un’altra puttana morta”.

Così Muore La Carne è quindi un thriller storico di notevole interesse poiché riesce a catapultare il lettore nella lugubre atmosfera della Edimburgo del 1847, facendo interagire personaggi realmente esistiti con il protagonista. L’autore, Ambrose Parry, che è lo pseudonimo di due scrittori, Chris BrooKmyre e Marisa Haetzman, è stato particolarmente abile a ricostruire anche l’ambiente medico e della sperimentazione scientifica, portandoci a conoscenza non solo di come è nata l’anestesia, di quanto fosse stata ostacolata dall’immancabile bigottismo della religione (la donna deve partorire con dolore altrimenti che gusto c’è?!), e di quanto affascinante fosse l’ambiente medico di quel secolo che, se vogliamo, è quello in cui sono state gettate le basi che porteranno a quella che è la medicina corrente, quella moderna.

Certo, in questo caso siamo alle prese con il suo lato più oscuro e perverso, poiché certe conoscenze e pratiche mediche vengono utilizzate con la consapevolezza che nuoceranno al prossimo:

“…Si è trattato di sacrifici necessari nel mio cammino verso il progresso. Ho sempre cercato di somministrare la giusta dose in modo da indurre prematuramente le doglie senza danneggiare la madre. Immagini che pacchia sarà, quando avrò perfezionato un metodo sicuro ed efficace per liquidare i frutti indesiderati della passione e arginare l’incessante prolificazione dei poveri […]. Non c’è altro modo che la pratica per imparare. Ed è essenziale perfezionare la propria tecnica, prima di proporla alle ricche signore della Città Nuova. Le puttane e le domestiche sono le cavie ideali, perché le prime vengono sepolte senza lapide, e le seconde senza che nessuno versi una lacrima”.

Un discorso che fa accapponare la pelle ma che inserito nel suo contesto storico descrive la cruda verità: ci sono vittime di serie B delle quali nessuno si interesserà.

Dopo aver terminato la lettura, oltre che rammaricarmi per aver terminato troppo rapidamente una storia così coinvolgente, ho scoperto una cosa molto interessante. L’autore, o meglio gli autori, hanno preso in prestito il titolo da un famoso romanzo-pamphlet, The Way of All Flesh, di Samuel Butler. Ma chi è costui? Incuriosita mi sono documentata, e ho scoperto che Samuel Butler è un famosissimo critico vittoriano iconoclasta (per chi non lo sapesse, l’iconoclastia nasce come movimento di carattere religioso intorno alla prima metà del secolo VIII, la cui base dottrinale fu che la venerazione delle icone spesso sfociasse in una forma di idolatria) così duro nei confronti dell’ipocrisia dell’epoca da essere stato pubblicato postumo. E The Way of All Flesh, scritto tra il 1873 e il 1884 e pubblicato nel 1903, è un romanzo semi-autobiografico che attacca l’ipocrisia dell’Inghilterra vittoriana, un chiaro sbeffeggiamento a quell’untuoso perbenismo di cui si è fregiata l’epoca della regina Vittoria. E bisogna dire che anche in questa storia certe tematiche sono presenti, dunque posso ipotizzare che il titolo non sia stato scelto a caso. Ma questo è il mio pensiero.

In conclusione, Così Muore La Carne è stata una lettura davvero stimolante poiché mi ha istruita su una tematica, quella dell’anestesia in epoca vittoriana, che non conoscevo (ero rimasta alle due misure di oppio settecentesche che onestamente non so quanto potessero essere efficaci). Ho gradito moltissimo anche l’ambientazione, la città di Edimburgo, un luogo che inevitabilmente mi ha riportato alla memoria la Londra di Jack lo Squartatore, se non altro poiché entrambe le metropoli all’epoca erano praticamente divise in due parti ben distinte, la zona buia, infetta, cadente, disperata, in cui abitavano gli indigenti, e quella assolata, ordinata, linda, in cui prosperavano i ricchi. E guarda caso anche a Edimburgo, così come a Londra, l’assassino prediligeva compiere la sua mattanza nella parte buia della città, tra i poveri, tra gli invisibili:

“…Le puttane e le domestiche sono le cavie ideali, perché le prime vengono sepolte senza lapide, e le seconde senza che nessuno versi una lacrima”.

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