Gli spiriti dell’altopiano – Bérengère Cournut

È nata nel villaggio di Oraibi con il sorriso sulle labbra, Tayatitaawa, Colei-che-saluta-il-Sole-ridendo. Con il sorriso sulle labbra e le gambe storte, che comunque non impediscono che lei venga accolta con gioia dalla sua tribú, gli Hopi, sull’altopiano desertico dell’Arizona: un popolo che ha dimestichezza con le stelle quanto con i sentieri e che vive in perfetta armonia con le stagioni, gli animali – considerati fratelli – e l’infinità cangiante della natura. Con essa, brulicante di spiriti guida, gli Hopi comunicano tramite il linguaggio ancestrale dei riti in cui la luce convive con il buio, la fertilità dell’estate con l’austerità dell’inverno, guerra e morte e fuoco con canto e pioggia e rinascita. La madre di Tayatitaawa appartiene al clan della Farfalla, ma suo padre a quello dell’Orso, ed è un uomo silenzioso e irrequieto, che solo talvolta abbandona la laconicità per tuonare come il cielo in burrasca. Un giorno comincia a tossire, e l’uomo di medicina dice che è per via delle sigarette di tabacco, che gli hanno infilato punte di freccia nel cuore. Poi una mattina smette, ed è morto. È la fine dell’infanzia, la prima delle prove da affrontare per imparare a vivere su questa Terra, sempre in bilico fra mondo di sopra e mondo di sotto. Dopo gli Inuit raccontati in Di pietra e d’osso, Bérengère Cournut torna a esplorare gli estremi limiti del pianeta e la vita interiore di un’antichissima gente, i nativi americani della tribú Hopi, in cui la spiritualità e il mito nutrono il quotidiano. Cournut tesse cosí un originale romanzo di formazione che ci accompagna lungo la crescita di una bambina precocemente segnata dal dolore e insieme ci mette a parte dei segreti di un popolo sempre capace di cogliere l’incanto nella vastità del tutto.

  • Editore ‏ : ‎ Neri Pozza (24 novembre 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 256 pagine

Recensione a cura di Paola Nevola

“Le tre mesas Hopi erano come una grande mano di fuoco aggrappata all’altopiano. Al di là c’erano solo linee bluastre che svanivano nella foschia. Il nostro territorio sembrava il solo a essere mai emerso dalla grande acqua primordiale.”

Siamo in Arizona in un’ambientazione di una bellezza mozzafiato che attrae l’uomo non solo per la maestosità paesaggistica, ma anche perché evoca un senso atavico di spiritualità e di vicinanza al creato, parliamo appunto degli Altopiani del Gran Canyon.

r/arizona - Walpi, of the Hopi people, is one of the older continuously inhabited villages in the United States, continuously inhabited for more than 1100 years since around 900 AD. It is an example of traditional Hopi stone architecture, built at defensive locations on the mesa tops. Photo taken…

Questo romanzo di formazione accompagna e avvicina alla religione del popolo Hopi che si interseca col cosmo e le stelle scandendo i tempi delle stagioni con i ritmi quotidiani della vita e dell’agricoltura.

Tayatitaawa è una bambina nata con un difetto fisico alle gambe, sono storte e nonostante questo le provochi problemi  ha sempre uno splendido sorriso, infatti il suo nome significa “Colei che saluta il sole ridendo”. Vive in un villaggio Hopi su una mesa coi genitori e il fratello. Le famiglie appartengo ognuna ad un clan e lei fa parte del clan della farfalla, quello della madre, mentre il padre a quello dell’orso. Ogni adulto riveste un ruolo sia per quanto riguarda la conduzione economica del villaggio sia per i riti religiosi.

Tayatitaawa racconta lo svolgimento della vita e dei rituali lasciando sgorgare come acqua fresca e cristallina le sue riflessioni e i suoi pensieri più intimi, le paure, le gioie, le aspettative e anche le credenze immaginarie di una fanciulla che crescendo  si affaccia alla vita.

Il padre è un uomo che ama isolarsi, percorrere lunghi solitari sentieri nella natura, Tayatitaawa ama seguire il padre anche a distanza, osservare i suoi silenzi oppure arrancargli dietro ascoltando le antiche storie che si tramandano di generazione in generazione.

HOPI VILLAGE , circa 1890 | Native american history, Native american  photos, Native america

All’avvicinarsi dell’inverno ogni famiglia si prepara all’arrivo del nuovo anno con la Cerimonia del Fuoco Nuovo, la famiglia si riunisce al buio e al freddo in una notte sospesa ad attendere il nuovo giorno, l’inizio di un altro ciclo e a Tayatitaawa piace sentire il calore dei loro corpi vicini e la voce del padre che evoca antichi canti.

La svolta della sua crescita avviene con la morte del padre e con l’allontanamento del fratello che  giunto all’età adulta si è costruito le sue amicizie e spesso si allontana per parecchio tempo da casa. Tayatitaawa è curiosa e decide di seguirlo fino a giungere ad una caverna dove nascosta assiste ad alcuni riti dove i ragazzi intonano canti, fumano e bevono. Nascosta senza cibo e acqua per giorni perde i sensi, prostrata viene riportata a casa, ma quando si riprende e racconta la sua esperienza, le voci e i canti che ha udito, una zia la interrompe con la paura che possa essere diventata una DueCuori, una persona che per sopravvivere e allungare la propria vita o per desiderio di possederne un’altra  la ruba ad altri.

…Era una DueCuori. Ogni vita presa a qualcun altro per prolungare la propria le costava ora, da morta, diversi decenni di cammino assetato, prima di raggiungere la Casa dei morti.

La sua condizione fisica peggiora come se il suo punto debole fosse aggravato per l’assenza del padre, di quel riferimento e quell’affinità che li legava.

Quando la sofferenza diventa insopportabile tanto da non riuscire a camminare le viene consigliato di rivolgersi ad un uomo di medicina del clan dell’orso, quello a cui apparteneva il padre. L’uomo un tipo scontroso di poche parole giunge a sottoporre Tayatitaawa ad un rituale doloroso e pericoloso poiché la porta ad uno stato di incoscienza. 

Quello di cui stiamo discutendo è la parte cosmica del tuo essere. La tua volontà vertebrale è qualcosa di sacro, che appartiene solo a te. Nessuno può arrivare fino lí, e io non piú di chiunque altro. Solo gli spiriti possono, quelli che ne hanno il potere, e io non sono uno spirito.

La sua coscienza interiore, il suo spirito travalica il mondo dei vivi e si spinge fino al mondo dei morti dove ad attenderla c’è Màasaw il signore della morte, è un’esperienza in cui potrebbe perdersi, senza ritorno, ma il desiderio di rivedere il padre è troppo forte. Màasaw le mostra la nuova vita del padre e che non potrebbe più riconoscerla, l’aiuta a capire che è tempo di superare il lutto e trovare il suo percorso. 

Tayatitaawa attraverso questa esperienza finalmente ha raggiunto la sua maturità acquisendo la consapevolezza di ciò che vuole e quale debba essere il suo percorso di vita col desiderio di avventurarsi nel mondo.

A questo punto avrei tanto preferito che la narrazione proseguisse, avrei desiderato esplorare con lei i sentieri del suo viaggio, conoscere le nuove esperienze e giungere magari alla fine per poter vedere le sue scelte di vita, questo mi ha lasciato una sensazione di insoluto. 

Il pregio dell’autrice è una narrazione semplice, pulita, delicata e luminosa con la quale esplora ed espone i sentimenti di una bambina che perde il padre e la sua genesi interiore per superarla. Introduce nei segreti e nella vita spirituale di questo meraviglioso popolo, gli Hopi, Popolo della Pace, ma anche negli usi e costumi, facendo scoprire le loro abitazioni, la tessitura, i manufatti, la preparazione dei cibi con la coltura del mais. 

Un popolo in grado di sentire, vedere e abbracciare la meraviglia dell’Universo, la natura, il cosmo, il tutto, che si fonde con la vita quotidiana, gli spiriti e il rispetto dei defunti. 

«È necessario che tu capisca una cosa: niente di quello che è esistito nel mondo dei vivi potrebbe riprodursi nel paese dei morti. Ciò che tuo padre era per te può sopravvivere da qualche parte nel tuo territorio interiore, ma soltanto lí e in nessun altro luogo. Correndo appresso alla vita di prima, la sola cosa che potrai fare sarà rallentare il suo viaggio qui, dove ha ormai una famiglia».

Un messaggio che mi ha colpita è quello di lasciare andare i nostri cari che non ci sono più, non trattenerli a noi per la nostra sofferenza, il loro spirito deve essere libero di ritornare a nuova vita.   Un altro è la fratellanza tra le persone dei clan, la loro unione nel benessere della comunità, una valore che noi abbiamo perso. 

E il rispetto per gli animali.

Perché gli animali rappresentavano degli spiriti sacri e benefici per il nostro popolo, ma anche perché, semplicemente, bisognava rispettare la loro tranquillità.

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