Il bambino di carta – Marina Marazza

«Si può passare la vita a comunicare col proprio padre per interposta persona?» Il giovane tenente Milne se lo chiede al riparo di una tenda da campo, nel cuore nero della Seconda guerra mondiale. Anche suo padre Alan è stato in trincea, nella guerra precedente, quel padre con cui non è mai riuscito a comunicare, a dirsi le cose veramente. Eppure, le parole sono il mestiere di Alan, uno scrittore famoso: è lui l’inventore di Winnie The Pooh. Mentre chiude sospirando la lettera paterna, nella tenda, il tenente non sa che pochi giorni dopo si troverà a lottare per la propria vita e, in un silenzio sospeso sull’orlo della fine, a riviverla, fin dal primo vagito risuonato in una casa rossa di Chelsea, nella Londra dei ruggenti anni Venti del Novecento. Va così in scena la storia di una famiglia travolta dal successo: quello di Alan A. Milne, che si ispirò per il personaggio di Christopher Robin a suo figlio, ancora bambino. Rubandogli l’infanzia, perché ben presto l’orso Winnie e la sua combriccola cominciano a gettare un’ombra troppo lunga per permettergli di crescere come un bambino in carne e ossa e non di carta. Tate e suffragette, club esclusivi per gentiluomini e reduci feriti nel corpo e nell’anima, gli scioperi dei lavoratori e le baldorie dei ricchi, la letteratura di Kipling, di Conan Doyle e di Barrie che parla al mondo intero e l’incomunicabilità tra le mura di casa, il bullismo e la fatica di crescere. C’è tutto questo e molto altro nelle pagine di un romanzo in cui Marina Marazza fa rivivere la storia di un padre e di un figlio, celebri eppure ordinari, vicini alla contemporaneità e alla vita di tutti noi.

  • Editore ‏ : ‎ Solferino (10 novembre 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 320 pagine

Recensione a cura di Lia Angy Fiore

Chi non conosce il tenero orsetto Winnie The Pooh? Anche chi, come me, non ha mai letto le sue avventure e non ha visto i film di animazione a lui dedicati, ne avrà sicuramente sentito parlare.

Difficile immaginare che dietro a questo personaggio, nato subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e simbolo della spensieratezza dell’infanzia, si celi la storia di un bambino che non fu certo felice e spensierato, nonostante la popolarità e l’agiatezza.

Il bambino in questione è Christopher Robin Milne, o Billy Moon, come lui preferiva essere chiamato. Una storia, la sua, che si intreccia a quella del padre Alan Alexander Milne, colui che diede vita all’orsetto più famoso della storia.

Christopher Robin, chiamato così in onore del poeta Marlowe e di Robin Hood, nasce in una famiglia della buona borghesia londinese, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, a cui suo padre aveva preso parte, e dopo ben sette anni di matrimonio… Eppure i suoi genitori, e in particolare sua madre, non sembrano così entusiasti dell’arrivo del piccolo. Sua madre Daff non nasconde nemmeno il suo malcontento per non aver dato alla luce una femmina.

La giovanissima tata Olive è l’unica che sembra provare tenerezza per il neonato e per tanti anni è lei a prendersi cura, in tutto e per tutto, del bambino, sacrificando anche una parte importante della sua vita pur di non lasciare quel piccolo così bisognoso di affetto e di attenzioni.

Per tanto tempo, è lei l’unico punto di riferimento di Billy, la cui prima parola, non a caso, è proprio “tata”, e non “mamma”.

 Daff è una madre assente, mai presente nei momenti importanti della vita di Billy, sempre presa dalla cura ossessiva del suo aspetto fisico e dai vari impegni mondani e sociali. Spesso tratta Billy come se fosse la figlia femmina che tanto avrebbe voluto avere, imponendogli un taglio di capelli e dei capi d’abbigliamento più adatti a una bambina. 

Alan, scrittore di saggi, gialli, articoli contro la guerra e pièces teatrali, è sempre molto impegnato, e anche quando c’è, la sua difficoltà nel comunicare e nell’esprimere le emozioni, gli rende difficile rapportarsi con suo figlio. È un uomo brillante, intelligente e ironico, ma anche introverso, fragile, insicuro e traumatizzato dalla guerra. Le sue notti sono ancora tormentate da incubi angoscianti.

Adesso Alan si è preso il volto tra le mani. Si chiede quando passerà. Quando smetterà di sognarlo. Quando smetterà di trasalire al suono di un fischietto che gli ricorda il segnale di andare all’attacco, per far uscire i soldati dalle trincee e mandarli a correre verso il nemico e verso la morte. Quando potrà dormire una notte senza risvegli, senza incubi, senza dolore.”

La notte, però, è anche il momento in cui riesce ad avvicinarsi al suo bambino senza ansie e insicurezze. 

“Ma la notte, quando gli incubi si fanno più spaventosi, quando tutte le paure si ingigantiscono, quando i ricordi diventano sequenze di film dell’orrore e il muso nero della depressione spunta dietro le tende, allora per Alan è un gran conforto cercare la presenza di suo figlio.”

Billy è un bambino timido, introverso come suo padre, curioso e dotato di un’intelligenza geniale. Sebbene il suo punto di riferimento continui a essere la sua tata, il rapporto con suo padre migliora notevolmente negli anni.

 Billy ama ascoltare le storie che suo padre gli racconta e passeggiare con lui, e insieme si divertono a comunicare con l’alfabeto Morse, che Alan ha imparato durante la guerra. Alan ha sempre molta difficoltà nel manifestare il suo affetto e le sue emozioni, ma ciò non impedisce che tra i due vi sia un rapporto di grande complicità.

Sua madre Daff, invece, è sempre più distante e disinteressata. L’unica cosa che le interessa è pianificare la vita del figlio, senza minimamente prendere in considerazione i bisogni di quest’ultimo, e cercherà di farlo anche quando Billy sarà adulto.

Un giorno, mentre Billy gioca con Olive e con il suo inseparabile orsetto di peluche, suo padre Alan lo osserva e ha un’ispirazione…

È così che nascono Winnie the Pooh e i suoi amici, tra cui Christopher Robin, il “bambino di carta” che Alan decide di chiamare come suo figlio. 

“A Christopher Robin Milne, 

anzi, a Billy Moon, come lui preferisce farsi chiamare, questo libro, 

che tanto gli appartiene, 

viene umilmente offerto.”

Una scelta che avrà delle conseguenze inaspettate. Alan, travolto dal successo, non immagina nemmeno come il tenero orsetto, tanto amato da tutti, sia diventato per Billy una presenza ingombrante e minacciosa, che avrà delle ripercussioni negative sulla sua crescita. 

La sovraesposizione di Billy, costretto a essere presente alle presentazioni dei libri su Winnie e alle interviste, attira su di lui l’invidia dei suoi coetanei, e l’invidia, si sa, genera cattiveria. 

Inoltre, da quando una giornalista ha velatamente accusato suo padre di “aver dato in pasto” suo figlio al pubblico, il bambino ha degli incubi terribili. “Pavor Nocturnus” è la diagnosi del medico, che, lasciandosi ingannare dalla patina dorata della famiglia Milne, sottovaluta il profondo malessere del suo piccolo paziente. È Olive a rassicurare Billy, ogni volta che si sveglia con gli occhi sbarrati dal terrore. Anche Alan vorrebbe confortarlo, ma non sa come fare… 

“Ci sono dei demoni che visitano il sonno anche di suo figlio? Eppure lui era sicuro che Billy fosse un bambino felice Ma lui stesso non ha ancora vinto i suoi, di incubi. Lo torturano quasi ogni notte. Come può essere in grado di aiutare suo figlio a sconfiggere i propri?”

“Billy, sapessi come ti capisco. Credevo di essermi lasciato l’inferno alle spalle e invece me lo ritrovo ogni notte. Ma tu, figliolo, che demoni puoi mai avere nel tuo giovane cuore?” 

È questo che vorrebbe dirgli.

Solo Olive sembra capire quanto Billy stia soffrendo di tutta quella popolarità e della pressione mediatica. Ci vorrà un po’ di tempo prima che anche Alan si renda conto di quanto alcune sue scelte abbiano reso infelice suo figlio, pur senza volerlo. 

“Non pensavo che l’attenzione della gente si spostasse completamente su Christopher Robin. non ho mai inteso usare davvero mio figlio. Non ho mai pensato di attirare in questo modo l’interesse dei lettori sulla mia famiglia. Ho preso il nome di Christopher un nome che lui nemmeno usava, e l’ho messo dentro i libri. Ma questa distinzione… questa distinzione agli altri sfugge. La gente identifica mio figlio col Christopher Robin dei miei libri… e non va bene.”

Del resto, nessun genitore è perfetto. Cercherà di rimediare e di chiedere scusa a suo figlio, a modo suo. 

“Non si può fare tutto bene. Ci sono delle cose che, tornando indietro, faresti diversamente, o non faresti proprio […]. A volte pensi di agire per il meglio. Per te e per gli altri. E non valuti alcune conseguenze.”

L’ombra minacciosa di Winnie perseguiterà Billy fino agli inizi dell’età adulta. Sarà l’esperienza traumatica della Seconda Guerra Mondiale, alla quale prenderà parte, a segnare per lui l’inizio di una nuova vita, finalmente libero di poter essere semplicemente Billy Moon, e non Christopher Robin, l’amico di Winnie the Pooh. 

“Ha sperato tante volte che fosse tutto un sogno, in quella sua vita dentro una trappola dorata. E che magari una mattina si sarebbe risvegliato e avrebbe scoperto che Winnie the Pooh era morto, dimenticato, o mai esistito. E Christopher Robin sarebbe diventato un bambino come tutti gli altri. Anonimo.”

Con la sua consueta scrittura coinvolgente e delicata, Marina Marazza ci racconta la storia di Christopher Robin Milne, il bambino che ispirò a suo padre le storie dell’orsetto Winnie the Pooh, che ebbe un successo incredibile negli anni a cavallo tra i due conflitti mondiali. 

L’idea che questa biografia romanzata, ricostruita attraverso i mémoires e le autobiografie scritte da Alan e da Christopher, abbia a che fare con Winnie the Pooh, può far pensare erroneamente a una lettura leggera, di evasione e magari un po’ frivola, ma “Il bambino di carta” non è niente di tutto questo. È una lettura che, a tratti, può risultare persino pesante, perché l’autrice è stata molto brava a trasmettere a noi lettori la pesantezza del fardello che Billy ha portato sulle spalle per tanti anni. 

Un fardello fatto di una popolarità non voluta, di aspettative e pressioni, di pregiudizi, di cattiveria gratuita generata dall’invidia, di un nome famoso e ingombrante che ha portato solo tanta infelicità.

“Quel Christopher Robin gli pesa sulle spalle come un macigno da quando aveva sei anni. Non è ora di liberarsene?”

Una scelta ingenua quella di suo padre Alan. Lui stesso finisce per sentirsi ingabbiato da Winnie, perché, nonostante abbia scritto tante altre cose prima di quei libri per bambini, è riconosciuto solo come “lo scrittore di Winnie the Pooh”. 

Quella di Christopher/Billy, oltre a essere la storia di un minore che ha pagato a caro prezzo una visibilità non voluta, è anche la storia di un bambino che si trova a crescere in una famiglia disfunzionale, con due genitori fragili, che hanno alle spalle traumi e conflitti personali irrisolti. Il tema del rapporto tra genitori e figli, della responsabilità educativa degli adulti e delle difficoltà che derivano dall’essere genitori, è indubbiamente centrale, ma ci sono tanti altri temi importanti, che avrete modo di scoprire leggendo il libro.

I fans del famoso orsetto, oltre a questi interessanti spunti di riflessione, troveranno anche tante curiosità sul modo in cui questo personaggio è nato, sull’origine del suo nome, ecc. 

È stata una lettura toccante e coinvolgente. Ho trovato molto interessanti anche le note finali dell’autrice, nelle quali ci svela altre informazioni importanti sulla vita di Billy e di suo padre, e la postfazione di Alberto Pellai, scrittore e psicoterapeuta. Ho apprezzato molto l’idea dell’autrice di inserire estratti da poesie e scritti minori di Alan, mai tradotti in Italia.

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