Il cimitero di Praga – Umberto Eco

Considerazioni a cura di Sara Valentino

“Il cimitero di Praga”, un regalo di Natale, espressamente da me richiesto, di qualche anno fa. Ho intrapreso la sua lettura subito e senza successo, dopo poche pagine ho interrotto.

Pochi mesi fa ho deciso nuovamente di tentare perchè sentivo che sarebbe stato il momento propizio e così è stato. Ammetto che non è stata una lettura veloce e nemmeno semplice ma volevo comunque scoprire il gran finale, c’è stato e mi è anche piaciuto nella sua coerenza, quella del protagonista.

Di Eco ho letto “ll nome della rosa”, immenso e straordinario libro che reca con sè emozioni soggettive derivanti da una lettura in compagnia, lo rileggerò sicuramente prima o poi; “Il pendolo di Foucault” l’ho letto due volte a distanza breve tra la prima e la seconda ma è un libro che ne racchiude mille dunque ogni volta che lo si legge ci permette di imparare qualcosa di nuovo.

Tornando a “Il cimitero di Praga” potrei dire che, fatta salva l’immensa cultura di Eco che spolvera ogni singola pagina, tenuto conto dello stile incomparabile, è apparentemente un gradino sotto ai due precedenti che ho menzionato.

Ho scritto “apparentemente” perchè la Storia vera rivive attraverso Simone Simonini, un falsario che traghetta per l’Europa ottocentesca al servizio dei governanti, dei servizi segreti che ha a che spartire con le camice rosse, i carbonari, la massoneria… C’è poi la storia nella storia di Simonini e dell’Abate Dalla Piccola, legati a doppio filo, chi è l’uno e chi l’altro, vivono in un appartamento contiguo senza incontrarsi mai.

Sarete spettatori di una messa nera, vi garantisco che è raccontata in maniera estremamente evocativa, c’è un omicidio di una donna, c’è la storiografia, quella vera perchè in questo romanzo tutti i personaggi sono realmente esistiti, tranne uno e forse lui è più reale di tutti, così dice lo stesso Eco.

L’edizione che ho tra le mani è anche corredata di splendide illustrazioni, adoro i libri fatti in questo modo.

Sicuramente lo consiglio, certamente non è semplice ma garantisco che alla fine si esce soddisfatti e con tanta voglia di approfondire, ecco perchè resterà sulla mia scrivania ancora per un po’ di tempo,

Che dire dello stile, delle frasi di grande effetto che parlano agli uomini di tutte le epoche. Un quadro particolare dell’Italia ai tempi di Garibaldi:

“L’italiano è infido, bugiardo, vile, traditore, si trova più a suo agio col pugnale che con la spada, meglio col veleno che col farmaco, viscido nella trattativa, coerente solo nel cambiar bandiera a ogni veno..” e ancora sui preti: “I preti.. Come li ho conosciuti? A casa del nonno, mi pare, ho il ricordo oscuro di sguardi fuggenti, dentature guaste, aliti pesanti, mani sudate… Oziosi, appartengono alle classi pericolose, come i ladri e i vagabondi. … Ripetono che il loro regno non è di questo mondo, e mettono le mani su tutto quello che possono arraffare”

Certo che il sorbetto al rhum che menziona Eco io lo vorrei sorseggiare mentre rifletto su questa citazione ancora così attuale: ” La Rivoluzione, ragazzo mio, ci ha resi schiavi di uno stato ateo, più disuguali che prima e fratelli nemici, ciascuno Caino dell’altro. Non è bene essere troppo liberi, e non è neppure bene avere tutto il necessario. Inostri padri erano più poveri e più felici, perchè rimanevano in contatto con la natura.”

Come potete ben immaginare i Templari fanno ben parlare di loro anche in questo romanzo di Eco. “I Templari c’entrano sempre” lo dice proprio lui e qui non mancano i riferimenti alla loro infiltrazione nelle corporazioni degli antichi muratori delle cattedrali.

Il tema dell’antisemitismo è centrale, lo possiamo percepire attraverso l’odio del protagonista e quasi un pugno nello stomaco dall’autore per smuovere il lettore.

“Il nemico per essere riconoscibile e temibile deve essere in casa, o alla soglia di casa. Ecco perchè gli ebrei. La divina provvidenza ce li ha dati, usiamoli, perdio, e preghiamo perchè ci sia sempre qualche ebreo da temere e da odiare. Occorre un nemico per dare al popolo una speranza

Credo che si sia poco da commentare su queste citazioni, credo che oggi come ieri ancora si cerchi davvero un nemico per evitare di sentirsi inferiori. E l’amore… l’amore come dice Eco è l’anormalità.

“Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria. L’odio è la vera passione primordiale.”

Trama. Trent’anni dopo “Il nome della rosa” Umberto Eco torna in libreria con un nuovo romanzo di ambientazione storica. Lungo il XIX secolo, tra Torino, Palermo e Parigi, troviamo una satanista isterica, un abate che muore due volte, alcuni cadaveri in una fogna parigina, un garibaldino che si chiamava Ippolito Nievo, il falso bordereau di Dreyfus per l’ambasciata tedesca, la crescita di quella falsificazione nota come “I protocolli dei Savi Anziani di Sion”, che ispirerà a Hitler i campi di sterminio, gesuiti che tramano contro i massoni, massoni, carbonari e mazziniani che strangolano i preti con le loro stesse budella, un Garibaldi artritico dalle gambe storte, i piani dei servizi segreti piemontesi, francesi, prussiani e russi, le stragi nella Parigi della Comune, orrendi ritrovi per criminali che tra i fumi dell’assenzio pianificano esplosioni e rivolte di piazza, falsi notai, testamenti mendaci, confraternite diaboliche e messe nere. Ottimo materiale per un romanzo d’appendice di stile ottocentesco, tra l’altro illustrato come i feuilletons di quel tempo. Un particolare: eccetto il protagonista, tutti i personaggi di questo romanzo sono realmente esistiti e hanno fatto quello che hanno fatto. E anche il protagonista fa cose che sono state veramente fatte, tranne che ne fa molte, che probabilmente hanno avuto autori diversi. Accade però che, tra servizi segreti, agenti doppi, ufficiali felloni ed ecclesiastici peccatori, l’unico personaggio inventato di questa storia sia il più vero di tutti.

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