Il codice Rose di Kate Quinn

Dall’autrice di “Fiori dalla cenere”, un nuovo romanzo che presto diventerà una serie televisiva. Erano diversissime, ciascuna reclutata in base a un talento specifico: la ricca e colta Osla come interprete, l’umile e ambiziosa Mabel come dattilografa e Beth – la più timida ma anche la più brillante – come crittoanalista. Eppure, in breve tempo, le tre giovani erano diventate inseparabili. Almeno fino a quel fatidico giorno del 1944, quando la scure della guerra si era abbattuta su di loro con tutta la sua forza, spezzando il legame che le univa… Sono passati tre anni da allora, tre anni in cui Osla ha cercato di dimenticare Bletchley Park e la tragedia che si è consumata tra le sue mura. Però tutto cambia nel momento in cui riceve per posta uno strano messaggio, una sequenza di lettere apparentemente senza senso. Osla capisce subito chi gliel’ha mandata e il pericolo che rappresenta. Perciò contatta Mabel: anche se non si sono lasciate bene, è sicura che la aiuterà a sventare la minaccia che incombe non solo su di loro, quanto sull’intero Paese. In quel messaggio, infatti, è nascosta la chiave per confermare un sospetto che Beth nutriva già nel ’44, un sospetto cui nessuno voleva credere, eppure abbastanza fondato affinché qualcuno la screditasse, arrivando perfino a rinchiuderla in un ospedale psichiatrico. A Bletchley Park si aggirava un traditore, una spia che è sopravvissuta alla guerra e che adesso sta per sferrare il suo attacco, proprio alla vigilia del matrimonio della principessa Elisabetta e del principe Filippo. Mabel e Osla sono quindi costrette a mettere da parte le divergenze e a lavorare insieme, spinte dal senso del dovere e dalla volontà di rendere giustizia a Beth. E, forse, anche dalla speranza che il destino stia dando loro l’occasione di lasciarsi finalmente alle spalle i rancori del passato e di riannodare il filo della loro amicizia. Perché non c’è vittoria più amara di quella celebrata in solitudine, né bene più prezioso del sostegno delle vere amiche.

  • Editore ‏ : ‎ Nord (1 giugno 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 612 pagine

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

“Qui sono avvenute storie che non sono ancora state raccontate, non c’è dubbio: storie racchiuse nelle memorie di ferro delle menti dei decodificatori, chiuse dentro le loro labbra serrate”.

Regno Unito, 1940. La nazione si sta preparando a difendersi dalla minaccia nazista avvalendosi delle menti più brillanti del paese nella misteriosa tenuta di Bletchley Park, un luogo che raduna cervelloni provenienti da Oxford e Cambridge per infrangere i codici militari tedeschi. In questa cornice segretissima si incontrano tre giovani donne, l’una diversa dall’altra, Osla, Mabel e Beth, desiderose di contribuire alla causa del loro paese, ma anche impazienti di guadagnare l’indipendenza necessaria a far trovare loro il proprio posto nel mondo. 

Osla, una ricca signorina di Mayfair avente passaporto canadese che nonostante potrebbe permettersi di stare lontana dalla guerra vuole offrire il suo contributo alla causa, e Mabel, di estrazione sociale modesta che studia nella speranza di poter contrarre un buon matrimonio e dunque vivere una vita più agiata, ricevono una misteriosa lettera con una proposta di assunzione proprio a Bletchley Park:

“È pregata di presentarsi alla stazione X di Bletchley, Buckinghamshire, tra sette giorni. Il suo indirizzo postale è Box 111, c/o ministero degli Esteri. Non ha bisogno di sapere altro”.

Osla parla diverse lingue, mentre Mabel è un’abile dattilografa. Entrambe verranno assunte in questo luogo che sembra essere il più segreto della Gran Bretagna, dove tutte le attività che vi si svolgono sono fondamentali ai fini della buona riuscita della guerra. Non dovranno dire a nessuno dove si trovano, né cosa fanno. Ed è in questo contesto che le due ragazze conoscono Beth, una ragazza quasi invisibile, succube della soffocante e bigotta madre, che però possiede il dono di saper risolvere schemi di cruciverba difficilissimi in pochi minuti nonostante la scarsa educazione. Ben presto anche lei entrerà a far parte del team di Bletchley Park, dove metterà a frutto le sue competenze, diventando una brillante crittoanalista.

I messaggi criptati dei nazisti vengono divulgati tramite l’ausilio di Enigma, una macchina che cripta queste comunicazioni, che a loro volta, in quel di Bletchley, vengono decriptate con un incredibile e rocambolesco lavoro di squadra dagli esperti. Persino il primo ministro, Winston Churchill, confida nell’operato di questi straordinari uomini e donne che può determinare le sorti del conflitto:

“Siete le mie galline dalle uova d’oro, sapete. Galline capaci di produrre quanto di più prezioso possa esistere, ma senza cantare mai”.

Ed è questa imposta segretezza, questo onere così gravoso di essere state chiamate a ricoprire un ruolo di grande delicatezza che pesa sulle giovani teste delle ragazze, che non possono vivere a pieno le loro vite e che sono costrette ad adattarsi alle circostanze della guerra in atto e al duro lavoro, consolate solo dal pensiero di poter contare l’una sull’altra. Osla, che intrattiene una relazione sentimentale con il principe Filippo di Grecia, è costretta dai suoi superiori ad interrompere la frequentazione poiché il giovane potrebbe rivelarsi pericoloso in quanto imparentato con troppe figure simpatizzanti con il regime nazista; Mabel, che si è sposata da poco con un collaboratore di Bletchley Park, vede il marito di rado a causa dei reciproci impegni, e lo perde tragicamente durante un improvviso bombardamento; Beth si innamora di un collega sposato che non può e non vuole cambiare la sua condizione, così accetta il ruolo di seconda con tutto ciò che comporta.

Ma la guerra mette ben presto una insormontabile distanza tra di loro. Verso la fine del 1944 Beth viene rinchiusa in manicomio e Osla e Mabel non hanno più alcun rapporto.  I cancelli della tenuta di Bletchley Park si chiuderanno non solo per loro tre ma anche per tutti coloro che vi avevano trascorso un pezzo di vita:

“Il vero Bletchley Park […] era finito col D-Day. Il giorno in cui tre amiche si erano parlate per l’ultima volta, il giorno in cui Mab Gray era stata riassegnata a Londra, il giorno in cui Beth Finch era scomparsa nel nulla”.

Sarà una lettera di Beth a farle incontrare di nuovo. Infatti la giovane, prima di essere internata, era riuscita ad individuare un codice segreto e a scovare un traditore all’interno dell’organizzazione segreta. Purtroppo le era mancato il tempo necessario per denunciarlo a chi di dovere poichè le porte dell’ospedale psichiatrico le si erano chiuse dietro, imprigionandola e chiudendole la bocca per tre anni, anni durissimi:

“Aveva imparato qualcosa, in tre anni e mezzo: come vomitare i farmaci, come ingannare i medici, come evitare gli infermieri più astiosi e tenersi stretti quelli gentili. Come mantenere la sanità mentale in mezzo a tanta follia … perché sarebbe stato facile, facilissimo, cedere davvero alla pazzia, là dentro”.

Dunque, in seguito a tre anni di pseudo cure, ovviamente non necessarie, e con lo spettro della lobotomia alla quale ben presto verrà sottoposta, così che non possa parlare davvero mai più, e a pochi giorni dal matrimonio della principessa Elisabetta con Filippo di Grecia, Beth è intenzionata più che mai a scovare il traditore così da poterlo denunciare, ma soprattutto vuole uscire da quel posto e riprendere in mano la sua vita. Ma per poter fare tutto questo ha bisogno delle sue amiche, alle quali riesce a scrivere un messaggio in codice:

“Tiratemi fuori di qui. Me lo dovete”.

Le tre amiche metteranno da parte ogni dissapore e torneranno unite come in passato per decifrare insieme il loro ultimo codice, il codice Rose, mettere con le spalle al muro il traditore e consegnarlo alla giustizia, così da chiudere ogni conto con il passato e ricominciare una nuova vita.

Un romanzo storico che si sviluppa in due linee temporali non è una novità, ma spesso capita che saltare da un periodo all’altro faccia perdere alla narrazione quella dinamicità che ci spinge ad andare avanti nella lettura con entusiasmo. Kate Quinn è riuscita invece a rendere il salto temporale quasi impercettibile: c’è ma non si vede, non disturba, non distrae, non toglie nulla alla storia, anzi arricchisce.

Nonostante la mole di pagine e parole macinate dall’autrice, il Codice Rose si legge velocemente e appassiona, a mio parere, più fasce di lettori: gli amanti del romanzo storico, coloro che preferiscono la narrazione ambientata durante la guerra, e gli appassionati di storie in cui è presente l’elemento romantico.

È stato molto interessante scoprire poi una realtà poco conosciuta, ovvero quella di coloro che hanno partecipato allo svolgersi del conflitto non imbracciando un’arma ma facendo funzionare il cervello, cosa che ha contribuito al successo dell’operazione in egual modo. L’autrice descrive poi in modo molto dettagliato i “ferri del mestiere”, ovvero le macchine Enigma nonchè i codici Crib di decrittazione, e lo fa in maniera molto naturale, senza far diventare pesante la narrazione.

Nella postfazione poi ho scoperto che i personaggi di questa storia sono liberamente ispirati a uomini e donne che realmente hanno lavorato a Bletchley Park, definito come “Il più grande e folle manicomio della Gran Bretagna”, poiché era ovvio che in quel contesto si venissero a trovare insieme persone particolari, che oggi potremmo definire “nerd”. Tuttavia in un contesto in cui a contare non era altro che il proprio cervello, si riscontrava un’apertura mentale all’epoca impensabile fuori da quei cancelli: 

“Le donne godevano di uguaglianza rispetto ai colleghi uomini che fuori di lì non avrebbero ottenuto prima di anni o decenni; gli omosessuali venivano tacitamente riconosciuti e accettati; persone che al giorno d’oggi riceverebbero una diagnosi di disordine dello spettro autistico erano libere di lavorare senza essere costrette a nascondere la loro neurodiversità”.

Il Codice Rose sta inoltre per tramutarsi in una serie televisiva, che speriamo possa giungere presto anche sulle nostre piattaforme, così da poter rivivere questa storia anche dal punto di vista visivo.

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