Il destino di Isabella. La regina che cambiò l’Europa – Susan Hastings

Isabella ha poco più di trent’anni, ma è già una leader indiscussa. È retta da una fede saldissima, dalla speranza nel popolo castigliano e dall’amore per la sua famiglia. Alcuni dei più grandi protagonisti dell’epoca si sono confrontati con lei e con le sue scelte. A partire da Tomás de Torquemada, il primo grande inquisitore e confessore personale di Isabella. Fino ad arrivare a Cristoforo Colombo che, dopo il rifiuto di Giovanni II di Portogallo, ha proposto il suo progetto alla coppia reale spagnola, ottenendo il finanziamento all’impresa di scoperta che ha cambiato per sempre la storia. Isabella è una regina che ha sempre partecipato in prima linea alla politica interna ed estera del suo paese: dagli sforzi bellici per la ‘Reconquista’ – la crociata volta a scacciare i mori dal suolo iberico – alla fondazione della città di Santa Fé, la perla dell’Andalusia, proprio durante l’assedio dell’ultima roccaforte saracena. Isabella è una donna forte e accorta, una madre coraggiosa, e una consigliera preziosa. In questo romanzo, che si nutre della trama stessa della Storia europea in uno dei suoi momenti cruciali, scopriamo gli anni che vanno dal 1482 fino agli ultimi giorni della regina e che continuano i fatti raccontati nel primo volume della dilogia iniziata con “Isabella. Una principessa sul trono di Spagna”.

  • Editore ‏ : ‎ Piemme (11 luglio 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 352 pagine

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

“Isabella ha poco più di trent’anni, ma è già una leader indiscussa. È retta da una fede saldissima, dalla speranza nel popolo castigliano e dall’amore per la sua famiglia”.

Siamo giunti al capitolo conclusivo della dilogia di Susan Hastings dedicata a Isabella di Castiglia, la sovrana che ha giocato un ruolo fondamentale nella storia europea del Quindicesimo secolo. Sono cambiate molte cose in Spagna, a partire dal ruolo privilegiato della nobiltà che, dall’ascesa al trono della nuova regina, si vede ridimensionare quel potere che aveva sempre avuto, mettendo fine a decenni di lassismo, malgoverno, corruzione e favoritismi.

“Tutto ciò era il frutto del lavoro di una creatura minuta, bionda, ancora giovane e piena d’energia, che se da un lato rappresentava un affronto per il virile orgoglio dei castigliani, al contempo dimostrava loro che una donna era assolutamente capace di attuare riforme tanto importanti”.

Tuttavia Isabella possiede un punto debole: l’eccessiva fede religiosa che la porta a fare scelte alquanto discutibili. Abbiamo già visto nel precedente volume che la sovrana aveva fatto richiesta a Sisto IV di poter reintrodurre in Spagna la Santa Inquisizione così da estirpare l’eresia. Agli eretici giudicati tali e dunque condannati vengono espropriati i beni che finiscono nei forzieri della corona. Ma in Spagna non ci sono solo gli eretici, ci sono anche molti ebrei che, guarda caso, sono molto ricchi, e Isabella, malconsigliata dal suo padre spirituale Jimenez di Cisneros, un francescano che rasenta il fanatismo, si lascia convincere ad approvare durante la Dieta di Toledo alcune disposizioni contro di loro. Ovviamente gli ebrei non prendono troppo bene la cosa, dopotutto hanno sempre dimostrato fedeltà alla corona e non hanno mai dato noia a nessuno, così iniziano a far circolare tutta una serie di libelli critici riguardo l’istituzione del Santo Uffizio. E a Torquemada, che non è certo sparito dalla circolazione, salta la mosca al naso:

“…siamo noi i responsabili di quelle anime erranti. Nonostante la mostruosità del loro crimine dobbiamo offrire loro la possibilità di salvare le proprie anime. Devono essere purificati tramite il fuoco, bruciando vivi i corpi che le ospitano”.

La foga di Torquemada ancora una volta colpisce Isabella che giura sulla croce di consacrare la sua vita alla lotta contro l’eresia, e da al domenicano pieni poteri sulla messa in pratica di tale proposito. Vengono così istituiti quattro tribunali permanenti, si sguinzagliano per il paese eserciti di inquisitori e Torquemada stesso elabora la procedura di accusa, di interrogatorio e di tortura. La situazione, dunque è peggiorata, persino per tutti coloro che si erano già convertiti.

“Non sarebbe più stata la coppia reale a governare, ma quel mostro dai mille tentacoli che si faceva chiamare Santo Uffizio e la cui testa era Tomas de Torquemada”.

Una testa decisamente mal funzionante! Ben presto, tra una pira e l’altra, la sete di epurazione porta il fanatico domenicano a non perseguitare più solamente ebrei e convertiti, ma ad allargare la rosa dei possibili colpevoli anche a coloro che si macchiano del peccato di sodomia, bigamia, aborto, esercizio dell’alchimia e dell’astrologia, stregoneria e opere diaboliche. La situazione è grave e fuori controllo, se ne rende conto persino Isabella che non sa come mettere un freno a questo frate pazzo, la cui sete di roghi aumenta quando nel regno scoppia la peste:

“Dichiarò in pubblico che il morbo era la manifestazione celeste dell’imperante eresia. La peste era scoppiata per colpa degli ebrei e degli eretici. E dei musulmani. Il Signore era in collera soprattutto con chi aveva abiurato il vero credo, con i miscredenti, con i bestemmiatori. Era necessario che il Santo Uffizio raddoppiasse sforzi e determinazione”.

Dunque più la malattia dilaga più l’Inquisizione da fuoco alle pire, rendendo ogni esecuzione simile a una grande festa così da richiamare più gente possibile.

Isabella in questo periodo viene chiamata a risolvere un’altra questione, quella dei Mori che hanno iniziato da qualche tempo a non rispettare più gli accordi precedentemente stipulati con la Castiglia, e non pagano più i tributi pattuiti. Ferdinando non vedeva l’ora di indossare l’armatura per andare in battaglia, così da non essere sempre in ombra rispetto alla moglie, ma conquista dei territori moreschi si prospetta lunga e difficile soprattutto perché le risorse monetarie scarseggiano. Ma Isabella è un’abile mediatrice e convince la Santa Sede a concederle gli introiti della Chiesa Spagnola per attuare la cosiddetta Reconquista che, a questo punto, assume sempre di più le sembianze di una vera e propria crociata.

Ed è proprio in questo periodo che durante un’udienza Isabella ha modo di conoscere un navigatore genovese, tale Cristoforo Colombo, che le fa una proposta tanto bizzarra quanto allettante: raggiungere le Indie, da dove provengono preziose merci, passando per le Colonne d’Ercole e avventurandosi nell’Oceano, dopotutto ormai è noto che la terra sia piatta. La proposta di Colombo le diventa ancora più allettante quando lo scaltro genovese le dice che raggiungere queste terre, al di là dei benefici economici, avrebbe avuto anche lo scopo di convertirne gli abitanti. Per una fanatica della fede come la regina è un’opportunità irrinunciabile, ma attualmente la Reconquista ha la priorità su tutto, dunque l’impresa di Colombo dovrà aspettare tempi migliori.

Nel 1490 vengono celebrate le nozze tra l’infanta Isabella e l’erede al trono portoghese, ma purtroppo a breve distanza dall’unione il giovane cade da cavallo lasciando vedova e senza prole la principessa castigliana. Isabella non ha il tempo per realizzare la sventura perché inizia l’assedio di Granada, il cuore pulsante dei territori moreschi, la città che dopo una lunghissima resistenza una volta caduta afferma definitivamente la supremazia e il trionfo del Cristianesimo sull’Islam.

“All’alba del 1492, Granada, l’ultimo bastione arabo sul suolo spagnolo, cadde. Dopo quasi otto secoli, il dominio moresco sulla penisola iberica si concludeva per sempre”.

La soddisfazione di Isabella non si può quantificare, ed è percepibile nella mole immensa di festeggiamenti che si organizzano in tutto il regno. Ma c’è chi non sta festeggiano affatto, c’è chi si presenta al cospetto della regina vincente sempre più esaltato a protestare contro la presenza degli ebrei sul territorio. Ovviamente stiamo parlando di Torquemada.

“Vergogna sulla Castiglia! Da un decennio sperperate soldi, tempo ed energie per scacciare i Mori dalla vostra terra, mentre alle vostre spalle accade ogni sorta di bestemmia. Sono gli ebrei che, come la peste, avvelenano il vero credo e continuano a vivere tranquillamente tra di noi compiendo i loro sacrilegi. La colpa della crocifissione del Figlio di Dio è dei giudei, colpa che è valsa anche alle generazioni successive la punizione collettiva del loro crimine”.

In breve, non basta più confinarli o renderli riconoscibili, bisogna costringerli al battesimo! E Isabella come sempre, nonostante un iniziale tentennamento, cede:

“…tutti gli ebrei, uomini, donne e bambini, a eccezione di chi è stato battezzato, devono lasciare il regno entro il primo luglio 1492”.

Torquemada ha vinto ancora, gli Ebrei fuggono dalla Spagna con una mano avanti e una dietro poiché è stato loro proibito di portare con se preziosi di qualsiasi tipo che sono finiti tutti nei forzieri della Corona che, finalmente, ha le risorse sufficienti per armare una flotta da consegnare nelle mani di Colombo che, fresco di titolo di ammiraglio, parte da Palos con le celebri caravelle. E quando torna, senza l’oro, ma con la convinzione che le Indie siano gremite di giacimenti, già si pensa a una prossima spedizione per la colonizzazione di quelle terre. Sì, perché Isabella ottiene dall’attuale papa, Alessandro VI, alias quel furbacchione di Rodrigo Borgia, l’emanazione della bolla Inter Coetera, nella quale il pontefice divide il mondo conosciuto a metà così che Spagna e Portogallo non debbano litigarsi i nuovi territori che, ovviamente, sono di proprietà del regno di Castiglia. Ma come sappiamo il Borgia non concede favori senza motivo. In realtà questa concessione, insieme al titolo di Re Cattolici, nasce per evitare che i sovrani di Castiglia abbiano da ridire sul fatto che tutti quegli ebrei fuggiti dai loro territori siano stati amorevolmente accolti da Roma, e non per carità cattolica, ma perché l’Italia si trova in guerra, e c’è bisogno di denaro, e il Popolo Eletto si sa, ha sempre qualche forziere da tirare fuori, anche se si trova in esilio. Inutile precisare che anche su questo Torquemada avrà da ridire!

Dunque Carlo VIII, sovrano di Francia, avanza pretese sulla Sicilia, che è di proprietà aragonese, quindi di Ferdinando, e sta scendendo in Italia minacciando persino Roma che, per evitare noie, appoggia le pretese della Francia spingendo, come suddetto, Ferdinando a cercare alleati poiché la guerra non è più evitabile. E chi potrebbe aiutarlo? Gli Asburgo, ovviamente. E come allearsi con loro? Con la politica matrimoniale. Giovanni, l’infante spagnolo, l’erede, il figlio prediletto di Isabella, e Giovanna, altra figlia, sposeranno rispettivamente Margherita d’Austria e Filippo, passato alla storia come il Bello. Da questo momento in poi la stella splendente di Isabella inizierà a oscurarsi sempre di più e una nube nera aleggerà sul futuro del suo regno. Ma andiamo in ordine.

La figlia Giovanna, che passerà alla storia con l’appellativo di “pazza”, inizia a sviluppare per il marito un attaccamento morboso, al punto tale da risultare non solo insolito ma molesto, portandola a essere protagonista di situazioni insolite che convincono la corte fiamminga, dove gli sposi risiedono, a pensare appunto che sia pazza. Il figlio prediletto di Isabella, Giovanni, l’erede al trono, che si è sposato da poco, si ammala di consunzione e mentre la moglie è incinta muore. Per la regina questa perdita è devastante. Per di più, pochi mesi dopo sua moglie partorisce un essere deforme che muore poche ore dopo.

“La paura strisciò gelida come un fantasma sul corpo della sovrana. Ombre oscure avvolgevano la famiglia reale. La morte aveva allungato su di loro le sue ossute mani”.

Ma l’ennesimo colpo per Isabella è la morte della sua primogenita omonima. Nel 1498 muore anche Torquemada, ma i roghi non accennano a finire, e nello stesso periodo dal regno di Castiglia vengono scacciati i Mori recalcitranti alla conversione. 

L’unica erede al trono resta dunque l’instabile Giovanna che viene richiamata in patria insieme al marito. Ma tutti comprendono che quei due non sono in grado di reggere sulle loro spalle il peso del regno, contando anche sul fatto che Filippo non nasconde affatto il disprezzo per il fervore religioso e i roghi spagnoli. Un disastro che mina alla salute della regina ormai stanca e demoralizzata.

“Il mondo per Isabella era precipitato definitivamente nell’abisso. Per la prima volta nella sua vita movimentata e inquieta fu colta da una sorta di letargia. La prosecuzione della monarchia creata negli ultimi anni un mattoncino dopo l’altro, con infinita cura, stava crollando su se stessa”.

Quando sente che ormai la vita la sta abbandonando esprime il desiderio di essere seppellita a Granada e designa come sua erede la figlia Giovanna, ormai completamente fuori controllo purtroppo, con l’ausilio del padre Ferdinando che avrà il ruolo di reggente. Il 26 novembre 1504 Isabella muore, e il paese inizia a essere flagellato da terribili temporali, quasi a testimoniare la fine di un’epoca. Cosa accadrà dopo di lei lo sappiamo bene, un decennio circa dopo la sua morte il figlio di Giovanna, Carlo V, che non ha bisogno di presentazioni, diverrà re di Castiglia e Leon a seguito anche alla morte del nonno Ferdinando:

“Il suo regno, comprensivo anche delle colonie spagnole d’oltremare, era sconfinato. Senza rendersene realmente conto, proseguiva il progetto di unità cristiana della famosa nonna materna, Isabella. Si dice che sul suo impero il sole non tramontasse mai …”.

Il lungo e appassionante viaggio che l’autrice ci invita a fare nella vita di una delle sovrane più famose del passato si conclude qui, e ci aiuta a comprendere meglio la Isabella donna, la tenacia nel raggiungere i suoi obiettivi, la passione che possedeva e la speranza di poter costituire un regno solido, potente, invincibile, anche se portato avanti da una donna. Certo, il suo zelo religioso l’ha spinta a fare scelte drasticamente sbagliate, come affidarsi nelle mani di Torquemada che, a conti fatti, era un fanatico squilibrato, e a rinunciare al contributo culturale ma anche economico di ebrei e mori che da sempre convivevano nella penisola iberica pacificamente con i cattolici.

Ma Isabella ha compiuto imprese notevoli, in primis ha unito Castiglia e Aragona sotto un unico scettro, ha regnato con il pugno di ferro contrastando il potere che avevano sempre avuto fino a quel momento i Grandi di Spagna, ha reso il territorio un posto sicuro e non più terra di nessuno flagellata da briganti… E ha anche gettato le basi per la costituzione dell’era moderna, quella che facciamo canonicamente partire dal 1492, quando un navigatore genovese visionario sbarcò su una terra sconosciuta credendola le Indie, dando fiducia al progetto di un uomo a lei sconosciuto, andando contro la propria corte che la sconsigliava di investire così tanto denaro nelle farneticazioni di un pazzo.

Ma soprattutto Isabella è stata una sovrana donna che si è mossa sulla scacchiera europea come e meglio di un uomo, dimostrando che non è il sesso a contraddistinguerci ma ciò che riusciamo a realizzare con la nostra volontà.

“Nessuno del suo sesso, né dei tempi passati né di quelli attuali, è degno di essere paragonato a quest’ineguagliabile donna”. Pietro Martire, storico presso la Corte di Castiglia.

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