Il falconiere dei re di Ornella Albanese

Puglia, dicembre 1250. L’imperatore Federico di Svevia è a caccia nelle sue terre. Lo accompagna un giovane falconiere, Matthias: è di umili origini, eppure in lui il sovrano ha riconosciuto la sua stessa passione per il sapere e per la vita, oltre che per la caccia, e gli ha affidato da addestrare il suo uccello più maestoso, un astore forte e bizzoso. Lontani per età, provenienza e destino, i due uomini sembrano legati da un vincolo arcano. E quando un improvviso malore costringe Federico a fermarsi a Florentinum e in pochi giorni lo porta alla morte, è proprio Matthias che gli rimane accanto. Giorno e notte, come farebbe un figlio, ne ascolta i segreti e fa propria la sua visione. Decide così di votare la vita alla famiglia sveva e ai figli di Federico: il tormentato Corrado, Enzio prigioniero a Bononia, e soprattutto il valoroso Manfredi. Accanto a lui una donna altrettanto appassionata che Matthias ha sempre creduto irraggiungibile, Lucretia di Torre Ventosa, nobile e bellissima. Tra gli intrighi e le lotte per la successione, in un avventuroso viaggio che dalle terre di Puglia lo conduce nel cuore dell’odierna Bologna, Matthias impara a mettere in pratica l’insegnamento di Federico: avere dei sogni e combattere fino a quando non li trasformiamo in realtà. Accuratissimo nella ricostruzione degli eventi storici, “Il falconiere dei re” è un romanzo avvolgente e ricco di colpi di scena, che restituisce tutto il fascino e il mistero di uno dei momenti cruciali della storia italiana.

  • Editore ‏ : ‎ Mondadori (15 marzo 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 336 pagine

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

Il Falconiere di Re ripercorre le vicende della casata degli Svevi, coloro che furono considerati la personificazione della speranza di poter finalmente ottenere un ordine politico nell’allora divisa Italia.  

Siamo nel 1250 nella domus di Florentinum e l’imperatore Federico II, lo Stupor Mundi, durante una battuta di caccia accusa un malore improvviso che lo costringe a letto in condizioni gravissime. Al suo capezzale troviamo Matthias, un giovane falconiere, una presenza insolita che genera numerosi interrogativi tra i presenti: per quale motivo l’imperatore nei suoi ultimi giorni si ritrova a trascorrere così tanto tempo in compagnia di un semplice villico?

Michele Scoto, filosofo scolastico, astrologo e alchimista presso la corte siciliana di Svevia aveva vaticinato all’imperatore che sarebbe morto“sub flore, apud portam ferream”, e in quella domus, proprio nella stanza dove giace il malato, viene rinvenuto all’interno di un muro una porta di ferro. Il vaticinio dunque si sta avverando. Federico ha poco tempo a disposizione e vuole che le sorti del suo impero vengano trascritte a chiare lettere, nero su bianco, in un testamento, mentre attende la visita del figlio Manfredi e si intrattiene giorno e notte in lunghe conversazioni con il giovane Matthias:

“Ci sono disegni, Matthias, disegni imperscrutabili che ti seguono come mastini crudeli dal giorno della nascita fino a quello della morte. Nel mezzo c’è la vita e, per quanto ci diamo da fare, alla fine è solo una manciata di sabbia che scorre in una clessidra”.

Federico cita Matthias nel suo testamento. A lui andranno il falcone, Vento, che ha addestrato in maniera così perfetta, una domus di pietra a sostituzione della misera casupola di paglia e fango nella quale abita con sua madre e i suoi fratelli, e il libero accesso alla biblioteca di palazzo e all’armeria. Ma nelle ultime volontà del moribondo ci sono anche le future sorti della casata sveva:

“Corrado sarà imperatore e re. Manfredi avrà la reggenza, per il tempo che lui sarà lontano. Avrà il principato di Taranto. Avrà la signoria di Monte Sant’Angelo che avevo donato a sua madre Bianca, quando l’ho sposata. Il mio ultimo figlio, Enrico Carlo Ottone, succederà a Corrado se lui non dovesse avere eredi”.

Il tempo passato con Federico però opera su Matthias uno strano sortilegio, si ritrova improvvisamente a intravedere possibilità che fino a qualche giorno prima riteneva impensabili, e comprende improvvisamente e con un certo stupore che un uomo dotato di forte temperamento può arrivare ovunque, e che niente gli può essere negato.

Purtroppo una mattina Manfredi annuncia la morte del padre ai presenti:

“Cicidit sol mundis, qui lucebat in gentis …”.

Si è spento dunque il sole del mondo che splendeva tra la gente, ora niente sarà più come prima. A partire da questo evento tragico Matthias cambierà completamente vita e si troverà sempre più invischiato nelle sorti dell’impero e di coloro che vi gravitano intorno.

Un giorno, mentre si sta allenando nell’armeria insieme ad alcuni dei più grandi guerrieri dell’impero, viene raggiunto da Lucretia di Torre Ventosa, una nobile fanciulla dalla quale Matthias è sempre stato attratto, che richiede il suo aiuto per poter raggiungere un convento ad Andria per poter sfuggire ad un matrimonio sgradito. La giovane è in attesa del ritorno di Enzio, figlio di Federico, prigioniero ormai da anni a Bononia, e non ha nessuna intenzione di unirsi ad un altro uomo. Matthias la aiuta nella fuga e per questo motivo si inimica la famiglia Di Torre Ventosa, soprattutto Arrigo, fratello di Lucretia.

Intanto il trono è stato occupato, così come era volere di Federico, da suo figlio Corrado. Ma qualcosa non sta andando come dovrebbe:

“Il figlio primogenito di Federico era diverso dall’idea che si era fatta di lui. All’inizio gli era parso un sovrano giusto e risoluto, invece si era rivelato crudele. Non conosceva la pietà. Aveva il pugno di ferro, ma era del tutto privo del guanto di velluto che spesso si rivelava più utile al raggiungimento degli obiettivi”.

Corrado dunque non è come Federico. Infierisce sulla popolazione inerme con pesanti tasse per finanziare i suoi eserciti sempre in guerra col papato, non ascolta i consigli di suo fratello Manfredi, anzi, arriva persino ad accusarlo di tradimento e successivamente ad allontanarlo dalla corte spingendolo quindi a ritirarsi a vita privata a Taranto. 

“Corrado si è circondato di gente infida e ambiziosa, che non lo consiglia per il meglio. Tutto questo per me è stato una ferita al cuore inferta da un fratello, più che il grave affronto di un sovrano al suo suddito più fedele”.

Inoltre non rispetta assolutamente la volontà del padre che voleva trovare un modo per far uscire di prigione Enzio, cosa che getta sempre di più nello sgomento la giovane Lucretia di Torre Ventosa, la quale riesce a consolarsi solo con la presenza assidua al convento di Matthias accompagnato dal suo falcone.

Ma le sorti della penisola cambiano di nuovo quando Corrado, che a conti fatti è sempre rimasto un estraneo, uno straniero, per giunta poco amato, muore precocemente a Lavello il 21 maggio 1254, con disposizioni alquanto discutibili per non smentirsi neanche dopo il trapasso. Lascia suo figlio Corradino, un bambino di due anni, alla tutela del papa, un gesto che forse voleva essere abile ma che risulta alquanto bizzarro con la consapevolezza che il papa è colui che ha in programma di distruggere la casa sveva; e la difesa del regno, dunque la reggenza, a uno straniero inviso da tutti, tale Bertoldo di Hohenburg, escludendo dunque il fratello Manfredi che è l’unico a poter raccogliere intorno a sé le forze necessarie e il consenso popolare (ovviamente non ci si può stupire che esista una leggenda secondo la quale Manfredi abbia accelerato la dipartita di Corrado). 

Tuttavia Manfredi non resta con le mani in mano e raccolto un esercito e il consenso della popolazione e scende in campo per riprendere ciò che spetta di diritto alla casata sveva. Ed è proprio in questo periodo che Matthias viene accusato di aver ucciso il giovane Arrigo di Torre Ventosa, il fratello di Lucretia, morto assassinato in circostanze misteriose. Tutti sono a conoscenza dei dissapori tra i due giovani, ma il falconiere è totalmente estraneo ai fatti. Eppure viene accusato:

“La fiducia di cui godeva presso il principe poteva aver esacerbato gli animi. Suscitato invidie. Erano state tessute trame ai suoi danni? Non riusciva a darsi risposte. La furia si gonfiava nel suo petto. La furia, la collera, il senso di impotenza”.

Matthias non ha alcuna speranza di salvarsi, non ha un alibi per la notte in questione, nessuno può testimoniare a suo favore, neanche Manfredi può aiutarlo: la pena di morte a questo punto è scontata. Ma Lucretia in extremis lo salva dal boia fornendogli un alibi.

Intanto con il passare degli anni Manfredi trionfa sul papa. Riprende sotto l’egida sveva la Puglia, la Terra di Lavoro e la Sicilia, e inizia tutto un lavoro di revisione e ammodernamento del regno, così da poterlo consegnare un giorno al meglio nelle mani del nipote, Corradino.

“Aveva promosso le arti e dato impulso agli studi, riaprendo l’università di Napoli. Accoglieva nella sua corte artisti, traduttori, studiosi, partecipando a dispute su varie questioni di filosofia e di astronomia […] Aveva poi modernizzato l’amministrazione e sviluppato il commercio, stipulando accordi anche con le città marinare …”.

Ma i problemi con il papato non sono certo terminati, infatti Carlo d’Angiò, uno dei fratelli del re di Francia, si è alleato con il papa contro gli svevi, con l’intento di strappare la corona a Manfredi. Si ritorna dunque sul campo di battaglia, ma l’esercito svevo, finora sempre trionfante, viene tragicamente sconfitto mediante un abietto stratagemma, raccontato da chi è riuscito a sopravvivere alla carneficina:

“Davanti ai suoi occhi increduli si stava attuando la più sleale delle tecniche di battaglia. Quella che era sempre stata bandita dal codice cavalleresco dei sovrani in guerra. Un orrore, un feroce abominio, una pratica crudele che ogni guerriero francese stava adesso eseguendo come risposta a un ordine preciso. Colpire i cavalli invece dei cavalieri. Colpirli di punta e non di taglio perché la ferita fosse mortale”.

Manfredi muore a Benevento nel 1266 mentre tutti i suoi alleati fuggono e/o tradiscono. Le speranze di chi vedeva nella casata sveva la soluzione migliore per la penisola italiana si infrangono miseramente poiché tutto finirà nelle mani di Carlo d’Angiò: Corradino è ancora molto giovane ed è lontano, Enzio è prigioniero. Ma qualcuno ancora crede nel futuro degli svevi, ed è Matthias, il giovane falconiere così amato e tenuto in considerazione dai sovrani, ed il motivo della sua estrema fedeltà e della loro stima è facilmente intuibile: il falconiere condivide con gli svevi lo stesso sangue. Ed è più che intenzionato a fare qualcosa per ristabilire l’ordine. Come ad esempio liberare Enzio dalla prigionia.

Lucretia lo accompagna in un viaggio lungo e insidioso alla volta di Bononia, dove Enzio vive prigioniero e apparentemente sereno. Eppure nonostante un piano ben congegnato, che prevedeva che Matthias avrebbe preso il suo posto dietro le sbarre, lo svevo si rifiuta di evadere, e non solo per non condannare alla reclusione un innocente:

“Vi giuro che odio questa gabbia. Ma mi sento più vecchio dei miei anni. È come se mi trascinassi un’anima centenaria, e il mio corpo si è indebolito, non so neppure se riuscirei ancora a montare sul cavallo che mi aspetta fuori di qui. Potreste essere voi il futuro della stirpe sveva”.

Matthias lascia Bononia con l’amaro in bocca e la consapevolezza che il papa e lo straniero stanno invadendo man mano tutti i territori conquistati dagli svevi. Per questo motivo fa un solenne giuramento:

“Giuro su mio padre l’imperatore, giuro sui miei fratelli morti, giuro su mio fratello prigioniero che non avrò pace finchè l’invasore non sarà sconfitto. Finchè l’aquila sveva non sarà tornata a volare alta nel cielo”.

Il nostro falconiere tiene fede al giuramento partecipando attivamente alla causa per permettere al giovane Corradino di scendere in Italia per rivendicare il trono, ma proprio quando ormai le vicende sembrano essere estremamente favorevoli al ragazzo, ancora una volta uno svevo viene miseramente tradito e consegnato al nemico. Ma i tempi sono cambiati, e l’Italia non è più disposta a sottostare al giogo straniero:

“La gente è inferocita contro Carlo, che ha osato giustiziare un quindicenne. E che ha osato disperderne i resti sulla spiaggia. Solo la pietà del popolo ha protetto il corpo di Corradino. L’odio contro gli invasori sta dilagando”.

E questo odio contro l’invasore sfocia qualche tempo nel luogo dove tutto aveva avuto inizio, dove gli svevi erano divenuti grandi, in Sicilia, trasformandosi in una celebre rivolta popolare che passerà alla storia con il nome di Vespri.

“Furono i tempi della ferocia. Del sangue. Della slealtà. La caccia agli angioini divenne spietata e cruenta, si spinse nei palazzi e nelle casupole, nei vicoli e nei porti, ovunque avessero potuto nascondersi. Si nutrì di lunghi anni di umiliazioni e presto l’isola fu liberata dall’invasore”.

Le vicende qui narrate si concludono con Costanza, figlia di Manfredi, che cinge la corona di Sicilia. Il Falconiere dei Re è un affascinante viaggio nell’Italia del XIII secolo in pieno scontro tra guelfi e ghibellini, nonché un approfondimento sulla casata sveva qui perfettamente riscostruita con pregi e difetti dei suoi componenti. Matthias è un po’ il pretesto per far avventurare il lettore nella vita di questi straordinari personaggi storici che per importanza, prestigio, lungimiranza e potere politico sono giunti fino a noi attraverso “gli oceani del tempo”, così come ci direbbe il Conte Dracula.

Federico “Stupor Mundi et Immutator Mirabilis” è passato alla storia per la sua visione laica e innovativa con la quale ha rafforzato il controllo su Baroni e Vescovi, per aver introdotto un sistema burocratico centralizzato e multilingue (greco, arabo e latino), tutelato i saraceni ammettendoli nell’esercito come guardie personale, ed aver ottenuto la consegna di Gerusalemme con un accordo diplomatico e non mediante una Crociata. Federico nella Corte di Palermo era solito dedicarsi allo studio e circondarsi di letterati e scienziati cristiani, bizantini, arabi ed ebrei. È proprio in questa sede che la Scuola Siciliana importa la tradizione poetica provenzale, dando il via allo sviluppo della lingua e della letteratura italiana. Considerato dunque un sovrano sui generis, impegnato nella modernizzazione dei propri possedimenti e nel favorire arti, astronomia, scienza e cultura, Federico viene scomunicato a più riprese (per questo motivo Dante lo colloca nell’Inferno, nel Canto X, fra le tombe della città di Dite, ove risiedono gli epicurei) prima di morire.

Corrado purtroppo non è stato in grado di continuare l’opera del padre, probabilmente non possedeva le sue brillanti doti. Nonostante abbia gestito la disputa con il papato in maniera brillante, non è mai stato amato troppo dai sudditi, ed è morto troppo presto di malaria. Voci insidiose hanno sussurrato che Manfredi insoddisfatto per non avere parte attiva nella gestione del potere potesse averlo avvelenato, ma non ci sarebbero prove a favore di questa tesi, che pertanto rimane tale.

Manfredi è invece il continuatore della politica del padre. Scomunicato anch’egli a più riprese, viene purtroppo sconfitto, ed ucciso, nella Battaglia di Benevento del 1266 per mano di Carlo I d’Angiò, fratello del re di Francia. Il suo corpo, seppellito in loco sotto un ponte presso il fiume Calore, fu dopo pochi mesi rimosso per ordine dell’arcivescovo di Cosenza, Bartolomeo Pignatelli e portato, come dice Dante, “fuor dal regno”:

“Se ‘l pastor di Cosenza, che alla caccia di me fu messo per Clemente allora,

avesse in Dio ben letta questa faccia, l’ossa del corpo mio sarieno ancora  

in co’ del ponte presso a Benevento, sotto la guardia della grave mora.

Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde,

dov’ei le trasmutò a lume spento.”

(Purgatorio, III, 124-132)

Una delle teorie più accreditate (peraltro sposata anche dall’autrice) presuppone che Manfredi sarebbe stato sepolto a Ceprano, luogo ai confini con lo Stato della Chiesa. A Ceprano inoltre scorre anche il fiume Liri che all’epoca veniva detto “il Verde”. Ma è pur vero che tanti altri fiumi in epoca medioevale venivano chiamati “Verde”, dunque le spoglie di Manfredi potrebbero essere ovunque.

Infine abbiamo il giovanissimo Corradino, che appena quattordicenne si apprestò a lasciare la Germania per intraprendere la discesa verso il Sud con una piccola armata al seguito. Accolto trionfalmente prima a Verona, poi a Pisa, nel 1268 arriva fino al Fucino, in prossimità di Tagliacozzo, dove viene sconfitto dalle truppe guelfe. Ripara ad Astura, luogo di proprietà dei nobili romani Frangipane, i quali all’inizio fingono di accoglierlo e poi lo consegnano agli angioini. Il 29 ottobre dello stesso anno Corradino di Svevia viene giustiziato fuori le mura di Napoli. Il corpo dell’ultimo degli Hohenstaufen viene gettato prima in un fossato e poi sepolto all’interno della chiesa del Carmine. La testa non è mai stata ritrovata.

Dunque, per concludere, Il Falconiere dei Re trasuda storia, quella vera da ogni lato lo si guarda, ed ha il pregio di farlo con estrema naturalezza, soprattutto se teniamo conto che l’autrice ci sta raccontando delle vicende ambientate in un periodo che non è affatto facile da raccontare, soprattutto in un romanzo, dove si deve tenere ben presente che non si può tediare quel lettore a digiuno di storia con la recita fredda, seppur veritiera, di avvenimenti, battaglie e risvolti politici realmente avvenuti. Dunque, la naturalezza con cui fiction e storia vengono sapientemente mescolate tra loro è innegabile, le vicende personali di Matthias si incontrano e si fondono con quelle degli svevi senza alcuna forzatura, e rendono questo romanzo non solo accessibile a tutti, estremamente scorrevole e piacevole da leggere, ma anche il pretesto per conoscere o approfondire un periodo storico tra i più affascinanti ma al tempo stesso complicati che la nostra penisola abbia mai vissuto.

Please follow and like us:
error0
fb-share-icon20
Tweet 20
fb-share-icon20

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.