Il pozzo delle bambole – Simona Baldelli

Nina viene abbandonata in un orfanotrofio nell’immediato dopoguerra. Le suore fanno la cresta sul vitto e le elemosine, il confine fra disciplina e oppressione è molto sottile e le punizioni corporali e psicologiche sono parte integrante del sistema di educazione. Quando Nina compie sette anni, arriva Lucia, che ha la sua età e non possiede la scorza necessaria per salvarsi dall’insensata cattiveria delle monache. Nina si sente in dovere di difenderla. Insieme all’amicizia, scopre la differenza fra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, mentre cresce in lei il senso di esclusione. Oltre le mura dell’istituto c’è un mondo al quale loro non hanno accesso e dove accadono fatti clamorosi – la nascita della televisione, il discorso rivoluzionario di un reverendo nero, l’assassinio di J.F. Kennedy, dighe che straripano e trascinano a valle migliaia di corpi, la morte del Papa buono. Quando a diciott’anni Nina esce dall’orfanotrofio trova davanti a sé un continente inesplorato. La sua vita sembra iniziare da capo: incontra nuove amiche, con loro partecipa a manifestazioni e scioperi e alla storica occupazione del grande tabacchificio di Lanciano, nel maggio del 1968, durata per ben quaranta giorni. Le vicende private e sentimentali delle ragazze si mescolano a quelle pubbliche, tutto attorno l’Italia cambia, pare lasciarsi indietro l’oscurità del passato, scopre i consumi e le réclame, la moda e le prime utilitarie, mentre le radio a transistor raccontano una trasformazione dei costumi a tempo di canzoni. La colonna sonora di ciò che poteva essere e non è stato. Il pozzo delle bambole racchiude in sé molti romanzi: una storia di crescita e di formazione, sulla scoperta del mondo palmo a palmo; un’avventura di collegio, di istituto, di camerate e cucine, spazi in cui crescere e trasformarsi; un affresco storico sul dopoguerra che è anche racconto di fabbrica e lotte; e soprattutto un romanzo di donne che diventano consapevoli, commettono errori, avanzano e retrocedono in una lotta lunga e difficile che Simona Baldelli descrive con ritmo, verosimiglianza, attenzione e sensibilità.

  • Editore ‏ : ‎ Sellerio Editore Palermo (7 marzo 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 420 pagine

Recensione a cura di Paola Nevola

Il pozzo delle Bambole è un romanzo che ti resta dentro, una storia coinvolgente, profonda, sofferta, con personaggi femminili indimenticabili per essere così reali.

Nina la protagonista, ci accompagna negli anni del dopoguerra fino al ’68. Nina  è una trovatella, uno di quei neonati lasciati alla ruota del brefotrofio, abbandonati, soli, così piccoli ad affrontare il futuro.

“La vita è una porta girevole e, se imboccavi il lato storto, non c’era modo di raddrizzarla.”

L’autrice tratteggia accuratamente i bambini, i loro comportamenti, i loro vuoti. Assenze che li fanno sospirare e piangere la notte. Una nube di sospiri, lamenti e dolore che si alza tutte le sere per scomparire alla mattina per lasciar posto a inconsapevoli speranze, illusioni o rabbia.

Nina cresce e impara a scrivere, esegue insiemi, mette parole su un quaderno come “pietre” miliari di crescita, parole significative importanti per dare concretezza a ciò che sente, immagina. 

Le parole davano forma alle cose. Senza di loro non esisteva neppure la fantasia perché era impossibile immaginare ciò che non aveva un nome. …tutto quanto, per esistere, aveva bisogno di essere pensato e possedere un nome.

Poi arriva Lucia è un’orfana e non una trovatella come Nina, un piccolo “privilegio” nel trattamento delle suore, ed è l’opposto, altezzosa, disdegna tutti e quindi viene isolata dagli altri bimbi, l’unica che accetta è Nina, la quale si sente una prescelta, una volta tanto. Lucia sembra approfittarne per ottenere tutto quel poco che giunge a Nina e Nina si sente gratificata come fosse lei a concedere per farla felice. Un’amicizia difficile che lungo il percorso di vita, porterà a rifiuti, invidie, rivalse, incomprensioni e  comprensioni. 

Al brefotrofio arriva il giorno dell’esposizione, in Nina nasce il desiderio di appartenere ad un insieme che è famiglia, di una dolce carezza, ma la paura o l’incognita le fa credere che il suo insieme è il brefotrofio.

Nina e Lucia una notte osservano dalle finestre e vedono arrivare due donne che entrano e spariscono. Marcella tra le ragazze più grandi, amica di Nina, non ha più la sua ingenuità e le racconta che le donne sono incinte e cosa vengono a fare.  Una notte Nina di nascosto raggiunge quel luogo in fondo ad una scala con una porticina che dà in una stanzetta, una volta era un pozzo, vede una donna su un lettino con Suor Immacolata e cerca risposte. 

Perché questo era il destino di chi proveniva dal pozzo delle bambole: si convince di non valere niente, di non avere diritto alla bellezza.

Suor Immacolata le fa giurare di NON GIUDICARE MAI quelle donne, mai nessuna. Queste parole sono la guida e l’insegnamento  più prezioso della lettura. 

Suor Immacolata è un bel personaggio,  l’unica delle suore che ha un’essenza umana, non solo rigorosamente religiosa, comprensiva verso il prossimo e ciò che la circonda, l’unica che regala un sorriso, una carezza con lo sguardo, l’unica che ha preso a benvolere Nina.

Le suore impongono ai bambini regole rigide e ferree, che scandiscono la giornata insieme alle preghiere. Infliggono punizioni, ispezioni corporali umilianti e ingiustizie con la divisione tra trovatelli e orfanelli, li fanno lavorare duramente appena hanno l’età, li  lasciano nell’ignoranza e lontani dalla realtà del mondo proibendo la radio o le letture, abbandonati a se stessi nel loro smarrimento, disorientati. 

Le donazioni di cibo buono e nutriente non arrivavano mai ai bambini costretti a ingurgitare brodaglie; vestiti con divise fruste o rigide si sentono mortificati nelle poche uscite. E il fatidico giorno dell’Esposizione i bimbi belli lindi vengono fotografati, come per un catalogo, offerti come merce al mercato in cambio di lauti compensi e per chi non viene scelto resta la cocente delusione del rifiuto. 

Questa è la dolorosa realtà vissuta dai bambini che inconsapevoli subivano il male che arrivava purtroppo dalle suore; il male di chi per la propria vita frustrata e triste manca di empatia e per questo ha pensieri e mentalità malevoli.

Nessuna anima infelice, ripiegata sulle proprie sofferenze, è capace di riconoscere il bene. E dunque non ne fa.

Marcella sogna di diventare un’annunciatrice, sposare un uomo ricco, ma i sogni si infrangono e va a lavorare al tabacchificio come quasi tutte le donne del paese di Lanciano e quando  Nina lascia il brefotrofio l’aiuta ad entrare, Nina si adegua subito  alle regole severe della fabbrica in fondo è abituata.

L’economia del paese si regge sul lavoro femminile delle tabacchine; sono donne, giovani, madri, vedove o anziane, donne che mantengono la famiglia, i cui uomini le aspettano fuori il 27, sgobbano a casa e in fabbrica, tuttavia sono malviste perchè fumano tabacco e stanno tutto il giorno fuori casa, lontano dalla famiglia.

Quando il progresso porta nuovi macchinari l’azienda comunica che ci sono molti esuberi. Lo smarrimento delle donne che vedono il loro lavoro crollare è come lo smarrimento dei bambini verso la vita, verso un futuro incerto che non si conosce. 

Dopo alcune trattative si inizia a parlare di sciopero, per alcune donne non è facile stare con le scioperanti, decidere tra la paga, la reazione dei mariti, le bocche da sfamare e solidarizzare con le operaie scioperanti, queste ce l’hanno sulle spalle e non alle spalle la famiglia, ecco la differenza.

Cerca di sentire i bisogni altrui. …Facile pensare ai bisogni altrui quando non se ne hanno di propri. 

Gli eventi del mondo fuori nella reclusione dell’orfanotrofio sono giunti come un eco lontana e  Nina una volta che si trova in mezzo al mondo  è spaesata, come tutti quelli usciti dal brefotrofio d’altronde, ma finalmente inizia aprire gli occhi, il mondo si spalanca davanti a lei; nelle compagne, nella lotta trova lo spunto, la forza, può iniziare a sognare e a volersi realizzare. 

Quando comincia lo sciopero ad oltranza le operaie trovano coesione, il paese si è coeso, sono  sostenute da tutti, anche quando lo sciopero evolve in manifestazione, scontro.

L’autrice evidenzia il principio assoluto di dignità del lavoro che diventa dignità dell’individuo a livello personale e sociale, il desiderio di appartenenza che si fa lotta per contare qualcosa; per Nina di appartenere ad un insieme, gli insiemi che disegnava da bambina e da cui si sentiva esclusa. 

Lo sciopero delle tabacchine di Lanciano che durò quaranta giorni è un fatto storico realmente accaduto e pone le donne al centro dei movimenti di quegli anni, il ’68, per la loro indipendenza ed emancipazione.

Nina, Marcella e poi Carla conosciuta in tabacchificio chiamata la professoressa e Lucia sono vite che si intrecciano, con amori vissuti e persi, errori, amicizie, incontri nelle balere dove echeggiano i motivi di allora.

Le canzoni di Mina, G.Paoli, Tenco, Morandi ecc… risuonano nelle orecchie facendo da sfondo elle vicende del dopoguerra italiano, di un paese che sta vedendo il boom economico, la pubblicità, la televisione, un paese che vive la tragedia del Vayont, le manifestazioni e gli scontri nelle piazze,  gli eventi internazionali, la guerra in Vietnam, il discorso di Luther King, l’omicidio Kennedy. 

Un romanzo sulle donne, sulla loro forza, che racchiude molte vite, emoziona e fa riflettere. Splendido con una scrittura raffinata, armoniosa, limpida e vera, come ho potuto apprezzare anche in Alfonsina e la strada.Un romanzo potente, sentimenti e tormenti colpiscono come pietre  l’animo del lettore; tutte le sofferenze, le cattiverie, i maltrattamenti, le umiliazioni, le ingiustizie, le illusioni, i rifiuti, le esclusioni, l’ignoranza, lo spaesamento, …  sopra tutto, i corpicini nel pozzo cui veniva inculcato la colpa di essere nati, l’eredità del peccato, la vergogna.

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