Il segreto di Medusa di Hannah Lynn

Colei che pietrifica con un solo sguardo nasconde un segreto che nessuno conosce.

Radiosa, innocente, la più pura tra le sacerdotesse di Atena. La bellezza di Medusa va ben oltre quella dei semplici mortali. Per questo, quando lo sguardo colmo di lussuria del dio Poseidone cade su di lei, l’unico luogo in cui spera di trovare rifugio è il sacro tempio della protettrice dei greci. Ma nessuno può sfuggire a un dio. E la divina Atena, signora delle arti e della guerra, non avrà pietà per colei che ha profanato la sua casa. Poco importa che Medusa, violata nel corpo e nello spirito contro la propria volontà, implori il suo perdono.

Da questo momento il male che le è stato inflitto diventerà la sua corazza e abbraccerà l’oscurità, in esilio, perché chiunque altro le ha voltato le spalle. Si trasformerà nel mostro che gli altri hanno deciso che doveva essere.

Nel frattempo, un giovane di nome Perseo si appresta a partire con la missione di uccidere Medusa. La storia dell’eroe Perseo e del mostro Medusa è stata raccontata molte volte.

Questa è un’altra storia.

In un tempo in cui gli dèi camminano tra i mortali, il confine tra la gloria e l’infamia è estremamente labile. Ma ogni mito ha bisogno di eroi e di mostri.

  • Editore ‏ : ‎ Newton Compton Editori; 10° edizione (2 dicembre 2021)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 256 pagine

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

“Furono dei mostri a creare Medusa, ma lei non era nata da essi”.

La mitologia ci ha tramandato che Medusa, così come le sorelle Steno ed Euriale, le tre Gorgoni, aveva il potere di pietrificare chiunque incrociasse il suo sguardo e, delle tre, era l’unica a non essere immortale. Quanto alla sua storia personale, invece, abbiamo diverse versioni.

Secondo Esiodo ed Eschilo, il padre delle Gorgoni era il dio marino Forco. Secondo Ovidio, Apollodoro ed altri, Medusa era in origine una donna bellissima, trasformata in mostro dalla dea Atena come punizione per aver giaciuto con Poseidone in uno dei suoi templi. In base ad un’altra versione Atena odiava Medusa perché aveva osato competere con lei in bellezza.

In alcune occasioni si è tentato di razionalizzare la storia di Medusa. Pausania nella Periegesi della Grecia ha narrato che Medusa era stata la regina delle popolazioni che vivevano nei pressi del lago Tritone, succeduta a suo padre Forco dopo la morte di questi. Anche Diodoro Siculo ci fornisce una spiegazione piuttosto razionale, affermando che le Gorgoni erano state membri di una razza di donne guerriere che abitavano la Libia.

Insomma, tante versioni, alcune contrastanti tra loro, alle quali si aggiunge quella più struggente di Hannah Lynn, quella che ci racconta di una donna molto avvenente, la cui bellezza la espone agli sguardi indecenti degli uomini. Una versione che ci narra una vecchia storia attuale, quella dei soprusi e delle violenze a cui ancora oggi sono sottoposte le donne, che le trasformano nel fisico e nell’animo, proprio come è accaduto a Medusa.

“Alcuni pensano che mostri si nasca. Che ci siano creature approdate su questa Terra con un’oscurità talmente soverchiante nel cuore che l’amore di un misero mortale non potrebbe mai domarla. Secondo costoro, queste anime non possono essere redente e non se lo meritano nemmeno. Sono bestie, decise a portare il caos nella vita di chiunque incroci il loro cammino. Sono vendicative e piene d’odio e si meritano soltanto il nostro disprezzo”.

Medusa è una giovane fanciulla molto avvenente. Per far sì che sfugga alle lusinghe dei numerosi pretendenti viene condotta da suo padre al tempio di Atena, così che diventi una sacerdotessa, possa fare del bene e, al tempo stesso, possa fuggire da un destino di sottomissione che lei non desidera. Al tempio Medusa si dedica alla salvaguardia di chiunque venga a chiedere aiuto, soprattutto delle donne che subiscono violenza, come ad esempio Cornelia, la quale viene picchiata regolarmente dal marito finchè non la uccide, cosa che sconvolge molto l’animo della giovane sacerdotessa che non può che dare la colpa agli dei per tutte le ingiustizie che subiscono gli uomini.

“Bambini venivano picchiati, neonati morivano e ogni anno perdevamo innumerevoli donne allo stesso modo di Cornelia. Alcune si erano recate al tempio cercando la forza per allontanarsi. Poche avevano avuto il coraggio di andare fino in fondo. Alcune restavano con i mariti per i figli, altre per l’oro. Molte perché si aggrappavano con tutte le forze alla speranza, non importava quanto malriposta, che i mariti potessero cambiare”.

Purtroppo anche lei sarà la protagonista di una tragica ingiustizia quando il dio Poseidone noterà la sua avvenenza e le farà violenza all’interno delle sacre mura del tempio. Atena non crede alla versione di Medusa, è convinta che la sua sacerdotessa abbia attirato volutamente un uomo all’interno del suo tempio per compiere atti impuri, dunque decide di punirla, e lo fa in una maniera disumana. Medusa sconvolta fugge nella notte alla volta del suo villaggio. Fugge verso casa dove è convinta di trovare solidarietà e affetto nonostante il suo aspetto ormai divenuto ripugnante:

“… persino quel bagliore sommesso e pallido era sufficiente a rivelare la massa che si contorceva sulla sua testa, una corona di serpenti degna solo della regina dei dannati. Erano attaccati a lei come un dito alla mano o a un piede e non sapeva quanti ne avesse, perché non li aveva ancora contati”.

Ma purtroppo Medusa dovrà scontrarsi con l’amara realtà. Mentre è a colloquio con i suoi genitori la madre, invece di mostrarsi comprensiva, le chiede cosa può mai aver fatto per meritare un castigo così orribile e, una volta appresa la verità, non crede alla versione di sua figlia e tenta persino di scacciarla:

“Quando si è di fronte a un mostro, chi cerca mai di guardare oltre le zanne e gli artigli?”.

Suo padre invece non è dello stesso avviso, ma pagherà caro il suo amore per la figlia, poiché ad un solo sguardo negli occhi di Medusa si tramuterà in pietra. Cosa che accadrà anche a sua madre. Nel frattempo le sorelle, Steno ed Euriale, che avevano assistito di nascosto a tutta la conversazione, provano solidarietà nei confronti di Medusa, incolpando gli dei, e in particolare Atena, non solo per il destino crudele toccato alla sorella maggiore, ma anche per la morte dei loro genitori, cosa che fa adirare a tal punto la dea da tramutare anche loro due in Gorgoni.

Il loro destino dunque è ormai segnato, le tre si stabiliscono in un’isola deserta così da sfuggire agli occhi del mondo, ma ormai il loro rapporto si è guastato per sempre. Steno ed Euriale a malapena rivolgono la parola a Medusa, tentano continuamente di uccidersi, non accettano il loro destino. Finchè la dea non le muta in Gorgoni alate, cosa che le cambia profondamente anche nell’animo poiché iniziano a provare piacere nel dare la caccia agli uomini che, ormai da tempo, hanno iniziato a giungere sull’isola per ucciderle.

Passano due millenni e sull’isola di Serifo cresce Perseo, figlio di Zeus e Danae. Quest’ultima ha attirato l’attenzione del tiranno Polidette, il quale vorrebbe sposarla. Il giovane semidio però si oppone al matrimonio di sua madre con un uomo così inviso, tuttavia Danae non ha scelta, e Polidette, per eliminare questo futuro figliastro che non promette nulla da buono, gli chiede in dono qualcosa di davvero insolito, così da toglierlo di mezzo una volta per tutte:

“La testa di una creatura millenaria che aveva trucidato migliaia di uomini innocenti”.

Perseo accetta la missione suicida nella speranza di riuscire a trionfare, così da voltare la testa di Medusa contro Polidette, ucciderlo e liberare sia sua madre che la gente di Serifo da un così odioso tiranno. Atena, che a conti fatti è sua sorella, accorre in suo aiuto, donandole una nave e un esercito di guerrieri esperti che possano accompagnarlo sull’isola della Gorgone. Quando Perseo le chiede per quale motivo questo essere sia divenuto un mostro, poiché ha sentito diverse versioni contrastanti della storia, tra le quali spicca quella che parla di una misteriosa punizione, Atena resta sul vago:

“Non è umana. Non è mai stata umana, Non cercare di convincerti del contrario”.

Atena ha in serbo per suo fratello un’arma che lo aiuterà a sconfiggere il mostro: uno scudo lucidato al punto da diventare uno specchio, così che possa guardare la Gorgone senza che lei lo fissi negli occhi. Durante il viaggio, inoltre, riceve anche la visita di un altro fratello divino, Ermes, il quale lo esorta a fare rotta sull’isole delle Graie per potersi impossessare di alcuni oggetti da loro gelosamente custoditi che lo aiuteranno a compiere al meglio la sua missione.

La mitologia ci tramanda che le Graie, meglio note anche con il nome di Forcidi, erano figlie di Forco e di Ceto, custodivano l’accesso al luogo in cui vivevano le Gòrgoni, incarnavano e simboleggiavano i vari momenti della vecchiaia, non avevano mai vissuto la gioventù e avevano un solo occhio e un solo dente in comune. Nella storia qui narrata però le Graie non hanno nulla a che spartire con le Gorgoni, o meglio, non vengono a loro associate, sono esclusivamente le tre vecchie cieche che custodiscono una spada appartenuta a Zeus, con la quale Perseo dovrà decapitare Medusa, e il kibis, ovvero la bisaccia nella quale verrà riposta la sua testa una volta spiccata dal busto. Non sarà un’impresa facile per il semidio impossessarsi di questi due oggetti, tuttavia, una volta riuscito a portarli via con se, farà rotta verso l’isola delle Gorgoni ormai sempre più vicina.

Perseo sbarca sull’isola in un momento particolarmente favorevole alla sua missine, poiché Steno ed Euriale sono volate altrove a seminare terrore, come è loro solito, dunque Medusa è sola con le statue degli uomini che l’hanno preceduto disseminate per tutta l’isola. 

“Mentre l’uomo si faceva strada tra le statue, Medusa ebbe la certezza che quel ragazzo, chiunque fosse, era uno degli eroi di Atena”.

Medusa attende da due millenni di trovare la pace, e spera dunque che questa possa essere la volta buona, anche se ormai dispera di poter mettere fine a questa agonia.

Perseo nel momento in cui riesce ad avvicinarsi alla Gorgone e le parla, rimane piuttosto turbato:

“Si aspettava la lingua di un serpente, non di una donna”.

Questa realtà lo spinge a molte riflessioni su ciò che si appresta a fare, e da il via a un dialogo tra i due nel quale Medusa confessa ciò che l’ha resa tale, ovvero la violenza di un dio e l’incomprensione della dea alla quale aveva consacrato la sua vita:

“Gli dei non scontano mai le loro malefatte, Perseo. I mortali si. Gli dei, come i ricchi umani, decidono a viva forza per quelli le cui voci non sono abbastanza forti da difendersi. Le donne. I deboli. I rifiutati. E nessuno grida per coloro che ne avrebbero più bisogno. E perché mai? Alzando la voce per qualcun altro rischi di perdere tu stesso qualcosa. E nessuno vede oltre il proprio riflesso nello specchio”.

Nonostante il giovane resti sconvolto da ciò che ha appreso non può fallire la sua missione, deve salvare sua madre. L’unica consolazione che prova, alla luce di ciò che ha appreso da Medusa stessa, è la consapevolezza che si trova in quel posto non per decapitare una Gorgone, ma per dare la pace a una sacerdotessa prima umiliata e in seguito relegata nel serraglio dei mostri. Ed è così che appoggia il suo scudo a terra e prega la donna di abbassare lo sguardo. L’ultima cosa che Medusa vedrà prima di ricevere finalmente la tanto agognata pace sarà la sua ripugnante immagine che non vedeva più da duemila anni.

Nonostante Perseo voglia raccontare la reale vicenda di questa sacerdotessa oltraggiata, così da restituirle un po’ di giustizia e dignità, si rende conto di non poter tradire la sua stessa famiglia divina che lo aveva aiutato con grande generosità affinchè portasse a termine la sua missione, e neanche di poter trasformare in mostri tutti quegli uomini che erano sbarcati sull’isola nel corso dei secoli e che ora erano diventati delle statue. Perseo dunque tace la verità.

“La verità di Medusa andò perduta e non rimase altro che una storia di mostri e di eroi, anche se il mondo non avrebbe mai saputo distinguerli”. 

Il Segreto di Medusa mi ha particolarmente colpita poiché attraverso un mito molto noto si propone il fine di porre l’attenzione su tutti i soprusi con i quali le donne di tutti i tempi sono state costrette a convivere, e sul loro essere considerate sempre e comunque degli oggetti. Medusa era una donna buona, virtuosa e coraggiosa. Le ingiustizie l’hanno resa un mostro, ma nessuno sembra essersene accorto. O meglio, nessuno prima di Perseo si era mai chiesto per quale motivo un essere umano fosse stato tramutato in un mostro, nessuno le aveva chiesto la sua versione della storia. E questo perché? Semplicemente perché avendo le sembianze di un mostro non poteva che essere un essere malvagio, privo di morale, privo di qualsivoglia sentimento ed empatia, un essere dunque degno solo di disprezzo. Nonostante siano passati millenni, restiamo ancora saldamente ancorati a credere in quell’antica crasi di kalokagathìa, l’ideale di perfezione fisica e morale dell’uomo. Kalòs kai agathòs, “bello e buono”, perché per i greci l’aggettivo kalòs si riferisce non solo a ciò che è gradevole per aspetto, ma anche ad una bellezza connessa al comportamento morale di colui che è buono, agathòs. Ciò che è bello non può non essere buono, e ciò che è buono è necessariamente bello. Purtroppo questo è un concetto che ancora oggi fatichiamo a scardinare dal nostro modo di accostarci agli altri, e temo che sarà difficile poter mettere da parte la versione della storia che ci ha da sempre raccontato Cappuccetto Rosso e sostituirla definitivamente con quella del Lupo Cattivo.

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