Intervista a Mario Boffo

Bentornati nel nostro salottino virtuale!

Oggi ho il grandissimo piacere di presentarvi Mario Boffo autore del romanzo storico “Il cavaliero errante” e a questo link trovate la recensione e la trama: http://septemliterary.altervista.org/il-cavaliero-errante-mario-boffo/

Grazie Mario Boffo per aver accettato l’invito a raccontarti per noi.

Sono tante le informazioni che vorrei chiederti, mi sono innamorata di Leonardo, “Il Puttino”. Intanto per raccontare ai lettori qualcosa che li possa introdurre al romanzo ti chiedo chi è Il Puttino?

Il Puttino è Giovanni Leonardo Bona, da Cutro (nato intorno al 1542, morto intorno al 1587), è una persona realmente esistita. Fu il più grande giocatore di scacchi del XVI secolo, giocò alla presenza di principi e sovrani ed ebbe una vittoriosa contesa, a cavallo degli anni, con un altro grande giocatore, quest’ultimo spagnolo: Ruy Lopez, nato a Segura e parroco nella città di Zafra. Il Puttino era chiamato con questo soprannome perché piccolo di statura e aggraziato nel fisico e nei modi.

Perchè hai deciso di dedicargli un romanzo?

Sono appassionato di scacchi. Un giorno, gironzolando sul web, caddi su un sito che raccontava la storia del nobil giuoco in Italia, e mi resi conto che gli scacchisti del Cinquecento vivevano vite avventurose, che si incrociavano con i turbinosi eventi di un mediterraneo in perenne conflitto, dove Francia e Spagna si affrontavano per il dominio in Europa e i Paesi cristiani erano in perenne confronto con l’Impero ottomano. Era quella, inoltre, un’epoca dinamica, nella quale le scoperte geografiche rivaleggiavano con quelle della scienza e della tecnica, l’acquisita centralità dell’uomo nella vita terrena conviveva con grandi esempi di misticismo religioso e le discipline ermetiche convivevano con quelle filosofiche e scientifiche. Nello spirito vorticoso dei tempi, anche il gioco degli scacchi si evolveva, proprio sotto la spinta dei giocatori italiani e spagnoli. Trovai che vi era abbastanza materia per mettere insieme Storia e immaginazione al fine di elaborare una narrazione che spero accattivante.

Il cavaliero errante è un romanzo storico a tutto tondo, racconta un momento storico e le sue vicende attraverso la vita di uno scacchista, Leonardo appunto. E’ un romanzo che parla degli scacchi, delle loro origini, ma anche e soprattutto affascinante come siano allegorici alla vita. Qual è il tuo rapporto con la scacchiera?

Il Cavaliero Errante è un “romanzo sugli scacchi che non è un romanzo sugli scacchi”. La scacchiera, con tutte le sue complesse metafore, assume nella narrazione il senso dell’oggetto magico, quasi una sorta di Sacro Graal, che conduce il protagonista Giovanni Leonardo Bona nel tribolato percorso dell’esistenza verso la comprensione di se stesso e del senso della vita.

Il mio rapporto con la scacchiera è quello di un giocatore assolutamente dilettante, in quanto a livello tecnico, ma di una persona che ama cercare il simbolismo nelle cose, soprattutto nelle cose antiche che sopravvivono ai secoli e attraversano i confini geografici nonostante la diversità delle culture e delle mode. Ho sempre pensato che il gioco degli scacchi è amato e seguito da mille anni in Europa, e da più tempo in Oriente, perché rappresenta in chiave estremamente stilizzata un’interpretazione della commedia umana e delle umane vicende, dove, per esempio, il capo (il Re) è la figura più importante ma più vulnerabile e la sua compagna, o il suo stato maggiore (la Donna, o il Ministro, per gli arabi), è il pezzo fondamentale; dove il modesto Pedone, se sufficientemente coraggioso, può trasformarsi in un pezzo più importante; dove l’azione laterale e astuta del Cavallo può vanificare e sconvolgere le manovre più imperiose.

Attraverso la lettura, ma mi pare di aver già incontrato questo parallelismo, possiamo vedere la scacchiera e la partita anche come una sorta di viaggio iniziatico. Cosa puoi raccontarci del legame alchemico esoterico che nasce dagli scacchi.

Molti sono i simboli della nostra cultura che racchiudono un significato nascosto che può essere compreso solo attraverso un processo evolutivo della persona, quello che chiamiamo un processo di iniziazione lungo il quale le cose si capiscono e si interpretano passo dopo passo; a condizione di vivere le cose, e non semplicemente studiarle o spiegarle: il Graal ha senso se se ne va alla ricerca, non certo se ci si limita a descriverlo; magari non lo si trova, ma ci si scopre migliori e più consapevoli, alla fine del viaggio, perché ciò che importa è il viaggio e lo spirito con cui lo si compie. Così il mio protagonista evolve nella vita a mano a mano che evolve nel gioco, in un continuo raffronto fra le leggi che reggono il gioco e quelle che reggono l’esistenza. Egli compie un percorso alchemico, ma non vi è nessun segreto ermetico in questo, giacché l’alchimia va letta, secondo me, come una grande metafora del cammino umano e della ricerca del sé in rapporto con l’universo.

Sono rimasta molto affascinata dall’immagine del Palazzo dell’Escorial, originariamente un monastero. Nella tua ricerca storica sicuramente avrai approfondito la sua storia. Puoi raccontarci qualcosa in merito? Inoltre se non ci sono motivi di spoiler puoi anche velatamente dirci qualcosa del viaggio di Leonardo a Madrid?

È vero, ho fatto ricerche approfondite per non rischiare errori storici. Per quanto riguarda l’Escorial sono stato aiutato dall’averlo visitato durante il mio soggiorno di quattro anni a Madrid come funzionario diplomatico. Nella realtà storica, Leonardo andò a Madrid per la rivincita finale con Ruy Lopez. Nella narrazione, vivrà a Madrid una svolta importantissima del proprio percorso.

Le domande che vorrei fare sono moltissime. Ma mi limito a quest’ultima sulle donne nel romanzo. Prima fra tutte la zingara dagli occhi verdi. C’è qualcosa di storicamente provato sul suo incontro e sulle profezie verso Leonardo? Qual è il valore delle donne per il puttino?

Delle cinque donne incontrate da Leonardo, solo una è reale; le altre sono frutto dell’immaginazione narrativa. La zingara ha il ruolo cruciale di distogliere il Puttino dall’ordinarietà della vita e indicargli che ha una “missione” da compiere. Nel romanzo le donne affiancano il protagonista negli snodi fondamentali della vita. Le donne hanno per il Puttino un ruolo di guida, di protezione, quasi come angeli custodi o fate che compaiono quando ve n’è bisogno, e poi scompaiono, come si addice agli esseri che guidano l’uomo verso Dio o verso il Vero, che in fondo sono la stessa cosa…

Lo sguardo di ciascuna, e il rispettivo colore degli occhi, indicano di volta in volta al Puttino la speranza della vita, il destino del mare, l’oscurità dell’ignoto, la perfezione del cielo… 

Sara Valentino

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