Io sono l’abisso – Donato Carrisi

Sono le cinque meno dieci esatte. Il lago s’intravede all’orizzonte: è una lunga linea di grafite, nera e argento. L’uomo che pulisce sta per iniziare una giornata scandita dalla raccolta della spazzatura. Non prova ribrezzo per il suo lavoro, anzi: sa che è necessario. E sa che è proprio in ciò che le persone gettano via che si celano i più profondi segreti. E lui sa interpretarli. E sa come usarli. Perché anche lui nasconde un segreto. L’uomo che pulisce vive seguendo abitudini e ritmi ormai consolidati, con l’eccezione di rare ma memorabili serate speciali. Quello che non sa è che entro poche ore la sua vita ordinata sarà stravolta dall’incontro con la ragazzina col ciuffo viola. Lui che ha scelto di essere invisibile, un’ombra appena percepita ai margini del mondo, si troverà coinvolto nella realtà inconfessabile della ragazzina. Il rischio non è solo quello che qualcuno scopra chi è o cosa fa realmente. Il vero rischio è, ed è sempre stato, sin da quando era bambino, quello di contrariare l’uomo che si nasconde dietro la porta verde. Ma c’è un’altra cosa che l’uomo che pulisce non può sapere: là fuori c’è già qualcuno che lo cerca. La cacciatrice di mosche si è data una missione: fermare la violenza, salvare il maggior numero possibile di donne. Niente può impedirglielo: né la sua pessima forma fisica, né l’oscura fama che la accompagna. E quando il fondo del lago restituisce una traccia, la cacciatrice sa che è un messaggio che solo lei può capire. C’è soltanto una cosa che può, anzi, deve fare: stanare l’ombra invisibile che si trova al centro dell’abisso.

  • Editore ‏ : ‎ Longanesi; 3° edizione (4 ottobre 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 400 pagine

Recensione a cura di Sara Valentino

E’ un periodo in cui leggo e divoro thriller. Non sempre mi danno quell’adrenalina di cui sento forte bisogno. “Io sono l’abisso” è il mio primo Carrisi. Dopo averlo terminato ho pensato che li voglio leggere tutti i suoi libri.

“Io sono l’abisso” mi ha fatto molto riflettere su ciò che sono i traumi infantili che vengono inferti in maniera consapevole o meno dai genitori.

In questo caso specifico sono entrata in grande empatia con un bambino e con le terribili vessazioni che ha ricevuto. Il carnefice e la vittima si fondono, si amalgamano.

L’autore ci conduce in una danza sfrenata all’interno della psiche umana. Lo fa attraversando le storie di diversi personaggi che in qualche modo sono concatenati.

C’è un uomo, un netturbino che vive una vita scandita dalle abitudini, un uomo che fa una ricerca meticolosa, un uomo che fugge, ha paura da sempre di qualcuno che gli abita accanto.

C’è una donna che ha sofferto per una disgrazia terribile, la perdita di un figlio diversa da come la immaginiamo, ma pur sempre una perdita enorme oltre al grande senso di colpa che la accompagna.

Lei si dedica alle donne, a quelle maltrattate dagli uomini, quelle che non sanno ribellarsi perchè ne hanno troppa paura. Un giorno viene rinvenuto un braccio nel lago di Como, un braccio femminile. Lei, la cacciatrice di mosche, non ci sta che si tratti di un suicidio e percorre una strada che la porterà proprio ad affacciarsi sull’abisso.

C’è una giovanissima, figlia di genitori della Como “bene”, ha tutto? No, le manca molto, si sente sbagliata e inadeguata, addirittura non voluta. E’ inevitabile che questo genere di traumi, queste malsane convinzioni, portino a frequentare persone che ancora di più ci fanno sentire sbagliati. La sua salvezza è in una pozza d’acqua che la potrebbe finalmente portare nell’oblio, troppa la vergogna di quello che sta facendo. E’ una situazione vischiosa ma c’è un angelo strano che pare essere l’unico a capirla, forse un angelo vendicatore, comunque lei ci si affida.

Il precipizio per tutti non è troppo lontano, mentre i capitoli del passato si alternano con quelli del presente, ricostruiamo il puzzle che conduce alla verità.

Bello, adrenalinico, amaro, commovente! Consigliato!

Voglio lasciare un’ultima considerazione che riguarda un passaggio del libro che ho sottolineato e ci pone dinanzi al tema della simbiosi che ormai ci lega al telefonino. L’uomo che puliva si chiede dove siano in realtà le persone perse negli schermi, in quale universo parallelo. Effettivamente sempre più spesso notiamo come questi aggeggi abbiano ormai sostituito i rapporti umani e la possibilità di fare altro, qualcosa di sicuramente più costruttivo. Inoltre all’interno del thriller viene sviluppato un tema scabroso che è purtroppo spesso balzato alle cronache.

Li vedeva in continuazione. Si aggiravano per le strade come se non avessero più il controllo di sé, immersi nel bagliore degli schermi che reggevano davanti alla faccia. Quella luce stava risucchiando a poco a poco la loro anima, e decideva che cosa dovevano fare, quali gesti. Nessuno guardava più dove andava, né cosa o chi gli stava intorno. Li vedeva sorridere o anche piangere davanti a quegli schermi. Erano uno strano incantesimo, quelle persone erano lì eppure non c’erano”

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