Karolus. Il romanzo di Carlo Magno – di Franco Forte

25 dicembre 800. Sono passati tre secoli da quando Roma ha cessato di esistere: nella pur turbolenta storia della Città Eterna, nessuno ormai immaginava che ci potesse essere un altro imperatore. E invece, nel giorno di Natale di un secolo appena nato, il Papa sta per proclamare un nuovo sovrano. Un nuovo Cesare. A ricevere la corona è Karolus Magnus, Carlo Magno, primogenito della stirpe dei Carolingi. Come è arrivato Carlo su quel trono? Per qualcuno che si è meritato, ancora in vita, l’appellativo di Magno la risposta dovrebbe essere scontata. E se invece la strada che porta a quella notte di Natale fosse lastricata non solo di coraggio, battaglie e trionfi, ma anche di complotti, intrighi e sangue? Se tra i fasti delle vittorie si nascondessero troppi segreti? Attingendo a una sterminata storiografia, Franco Forte ricostruisce in forma di romanzo le gesta del celebre sovrano, dalla primissima infanzia agli ultimi, intensi istanti di vita, immergendoci nel racconto di un’avventura irripetibile, segnata da sfide, successi e amori, ma anche da dubbi, rimpianti, dolorosissime perdite e ancor più struggenti addii. Che cosa si agitava nel cuore di Karolus, il grande condottiero, quando si preparava a diventare reggente unico del Sacro Romano Impero? Quali sogni – e quali incubi – ne popolavano l’animo?

  • Editore ‏ : ‎ Mondadori (17 gennaio 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 732 pagine

Recensione a cura di Paola Nevola

Carlo Magno ha inciso nella storia il suo nome con caratteri epici, conoscerlo attraverso un romanzo così completo e circonstanziato diventa un’avventura affascinante tanto da coinvolgere in pieno e vivere la storia. Il pregio di Franco Forte consiste nella sua abilità di tessere la finzione con la realtà storica, realtà ben documentata, nel delineare il carattere di Carlo e dei personaggi, nel descrivere le situazioni, le ambientazioni, le usanze e i costumi, in una narrazione in cui il medioevo prende forma. 

25 dicembre 800, Santo Natale Roma …«Questa notte il pontefice celebrerà la tua consacrazione, affidandoti l’imperium. Tutto il mondo tornerà a rifulgere della gloria dell’impero romano.»«Il Sacro Romano Impero» specificò. «Così mi è stato suggerito di chiamarlo.»

L’apertura del romanzo avviene nella data più importante, la realizzazione del sogno, della grande impresa, ciò che ha sentito nascere nel suo animo fin da ragazzo. In quel momento, colmo di phatos, l’uomo maturo lascia vagare la memoria a quel ragazzino che presenziava trepidante all’incoronazione del padre, Pipino il Breve, da qui inizia l’avventura della sua vita e anche del lettore.

Ripercorrere la sua esistenza e riassumere un libro voluminoso è pressoché impossibile, tuttavia desidero ripercorre i passaggi che più mi hanno colpita ed emozionata e piuttosto significativi.

A venticinque anni alla morte del padre il regno viene diviso tra lui e il fratello minore Carlomanno, tra loro i rapporti già deteriorati peggiorano, l’ambiguo Carlomanno si sente il legittimo erede in quanto nato all’interno del matrimonio. Mentre Carlo è nato, secondo usanza pagana, con gli auspici del fredelehe, cioè al di fuori del matrimonio. Carlomanno muore molto giovane, l’autore costruisce una cospirazione molto intrigante, la sua dipartita fa sì che i nobili di quei territori giurano fedeltà a Carlo rafforzando così il regno.

Le tradizioni pagane tentano di resistere al cristianesimo, ma il giuramento di fedeltà al Papa del padre Pipino diventa un’eredità che Carlo fa sua, sente di essere lui  il braccio armato della Chiesa, capace di riunire e convertire le regioni ribelli, assoggettare prima i Longobardi e poi Sassoni, inizia quindi la sua ascesa con la campagna longobarda, sgominando Desiderio con l’assedio di Pavia.

Con l’usanza del fredeleche Carlo ha i primi due figli da Imiltrude, il primo nasce con una malformazione e viene chiamato Pipino, detto Pipino il gobbo, e Alpaide. La regina Madre convince Carlo che la cosa migliore è ripudiare i figli e Imiltrude che si ritira in un monastero insieme a Gisela, l’amata sorella di Carlo che diventerà badessa.

Bertrade la regina Madre ha un carattere forte è una donna autorevole e autoritaria, anche il suo incedere rispecchia la sua personalità, è chiamata Berta la piedona. Lo ha sempre spinto a sposarsi per legittimare la prole, scegliendo tra le fanciulle di alto rango adatte figliare, fino ad età avanzata ha avuto spose o concubine che gli hanno dato figli. 

Oltre a Imiltrude sono da citare Ermengarda figlia di re Desiderio dei Longobardi ripudiata dopo un anno, Ildegarda sposa a tredici anni che gli ha dato nove figli ed è morta di parto a soli venticinque anni.

Fastrada è stata quella che più lo ha messo in soggezione, è grazie alla sua grande ambizione che Carlo si è deciso a realizzare i progetti di Aquisgrana che lei ha fortemente voluto e seguito, di costruire un lussuoso palazzo reale  e una grande Chiesa, Fastrada è subdola e insieme al nobile Teodaldo ha osato organizzare una congiura coinvolgendo Pipino, a voi scoprire cosa ci racconta l’autore.

Nella narrazione non manca un pizzico di erotismo. Aprendo il discorso sulle donne, mi ha lasciato un senso di disagio come sono state trattate o manipolate da Carlo e la Madre, Carlo ha avuto moltissime donne, dalle servette alle nobili raffinate ed è stato attratto costantemente dalle più giovanissime. 

Come braccio armato della Chiesa Carlo ha avviato numerose battaglie, alcune celeberrime. La retroguardia che Carlo che aveva lasciato sui Pirenei ad arginare i saraceni, per recarsi in Sassonia a sedare le rivolte, subisce un agguato a Roncisvalle dove viene annientata, muoiono alcuni tra i più fidati e valorosi comandanti e guerrieri: tra i quali il vescovo di Reims Turpino e il duca Rolando che da solo ha tenuto testa a decine di saraceni. 

Carlo …avrebbe reso omaggio a Turpino con un funerale solenne, e avrebbe fatto declamare le gesta di Rolando dai più bravi cantastorie. Nessuno avrebbe più dimenticato quell’impresa.

Un personaggio rilevante della narrazione è Irmin un gigante la cui famiglia è stata sterminata dai Sassoni, da compagno di allenamenti d’arme diviene l’uomo più fidato di Carlo, sempre a suo fianco, il comandante  della guardia personale, la Scara  composta da valorosi e possenti guerrieri disposti a dare la vita per il loro Re.

La questione dei Sassoni e la loro conversione è stata una spina nel fianco per Carlo, esasperato adotta alla fine una strategia sanguinosa. Prima ha cercato di soffocare le loro credenze con l’abbattimento del grande albero sacro Irminsul. E in seguito dopo la caccia al duca Vitichingo ha luogo la tremenda repressione finita in un massacro aberrante: vengono rastrellate le persone di un villaggio, uomini, donne, vecchi, ragazzi, quattromilaseicento teste vengono mozzate nel nome di Cristo, davanti a Carlo.

«Questa è la giusta causa di Cristo» si sentì dire, come se la sua voce provenisse da una distanza remota. «Dobbiamo difendere la Chiesa e la nostra fede da chi non intende sottomettersi alla volontà del Signore.»… «Avrebbero potuto vivere, e prosperare insieme a noi. Invece hanno scelto di morire nel nome dei loro dèi.»

Questi episodi mi hanno profondamente turbata per la loro ferocia e crudeltà e sono eloquenti di cosa l’uomo arrivi a fare (uccidere o morire) per le proprie aspirazioni e ideali che siano di conquista o in nome di Dio. 

Papa Alessandro I muore e viene eletto Leone III favorevole a Carlo grazie anche alle manovre di quest’ultimo per sostenere la sua elezione.

«“Sua Santità papa Leone III celebra il difensore della Chiesa portandogli in dono il vexillum romanae urbis, lo stendardo di Roma, da esporre con le araldiche del suo esercito. E consegna al Rex Magnus le chiavi della confessio del Santo Sepolcro di San Pietro, perché l’altare che celebra le spoglie del santissimo patrono di Madre Chiesa sia spalancato per il protettore della fede”.»

Carlo non dà tregua neanche agli Avari finché non trova il loro oro, moltissimo oro, finalmente ha i fondi necessari alla realizzazione dei progetti di Aquisgrana, da donare ai figli per consolidare i territori e in particolare per farne dono al Papa …Avrebbe consegnato una parte di quel tesoro a Leone III, e questo gli avrebbe garantito, più di qualsiasi patto siglato fin dall’alba dei tempi, la fiducia e la vicinanza del papa. In attesa del giorno in cui avrebbe chiesto pegno per tutto questo.

La questione religiosa ha visto diatribe che hanno inasprito i rapporti con Bisanzio e l’infida Basilissa Irene, in particolare a causa della controversia per l’introduzione nel culto delle immagini che viene definita dal Concilio di Nicea. Questa decisione irrita Carlo in quanto ne è stato tagliato fuori.

In età più matura oltre ad avvertire il suo temperamento guerriero sente di dover dare un orientamento chiaro sulla questione religiosa. Ad Aquisgrana nasce la Schola Palatina, un cenacolo dei migliori intellettuali dell’Impero, tra cui i fondatori Alcuino, Paolo Diacono e Eginardo biografo di Carlo il suo scriba e la sua ombra. Numerosi i consiglieri tra cui Teodulfo che, in particolare quest’ultimo, sono artefici dei Libri Carolini. 

“l’Opus Caroli sarebbe rimasto ai posteri, perché duplicato e distribuito in tutti i monasteri e nelle chiese del regno, e lui sapeva di dover approfittare di quegli strumenti per glorificare non solo il suo nome nel segno di Cristo, ma anche nei confronti del popolo e dei vassalli che governavano contee, marche e regni in suo nome.”

E’ interessante scoprire le concezioni di governo, strategiche, religiose attraverso i dialoghi, costruiti con maestria dall’autore, con quanti lo hanno accompagnato nel percorso della sua esistenza, inoltre trovo che dalla sua penna emerga alla perfezione il personaggio di  Carlo.

Un uomo dall’indole vigorosa, un guerriero fedele alla spada, capace di essere spietato, ma anche clemente. Un uomo irruento, burbero, riflessivo, ironico, leale che apprezza la lealtà e la sincerità e detesta gli ossequiosi.  Carlo si trova più a suo agio nelle foreste in sella ai suoi destrieri a caccia, in battaglia, negli accampamenti militari coi suoi fideles, che nelle sale affollate di questuanti. Preferisce la semplicità dei muri trasudanti umidità dei primitivi castelli che gli agi della nuova residenza imperiale. Forse l’unico che oltre la mole scorge nel maestoso elefante, dono del califfo, una creatura amorevole mentre altri vedono il mostro. Nel suo intimo senso paterno si angustia per non riuscire ad essere vicino ai figli e trova requie e rifugio da ciò che lo opprime nella compagnia e tra le braccia delle sue donne e conforto e consiglio con la cara sorella Gisela.  

La pestilenza colpisce uomini e animali, non dà tregua ed è devastante l’impotenza dell’uomo Carlo, Imperatore, Braccio armato della Chiesa, disposto a sfidare con la spada quel Dio in cui non riesce a trovare risposte. 

Un uomo che ha avuto e dato tanto e a cui la vita ha sottratto anche molti affetti, portandolo a vacillare nei confronti di Dio a cui si è sentito così vicino e per cui tanto si è speso. E infine a pensare che, in fondo, certe divinità pagane non erano così temibili come la Chiesa voleva far credere. Un romanzo molto bello, da non perdere.

Please follow and like us:
error0
fb-share-icon20
Tweet 20
fb-share-icon20

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.