L’ingegno e le tenebre – Roberto Mercadini

Pensando al Rinascimento è probabile che vi vengano in mente lo splendore delle città, le opere sublimi, la magnificenza di signori e papi. Aprendo questo libro, mettete da parte ciò che sapete: verrete travolti dallo stupore. State per cominciare un viaggio nei meandri di un tempo imprevedibile, fatto di voli pindarici e cadute fragorose. Popolato di artisti strepitosi oggi dimenticati, contesse guerriere e frati ribelli. Al vostro fianco in questa avventura, ci saranno due giganti della storia dell’arte destinati a odiarsi per tutta la vita, Leonardo e Michelangelo, la cui rivalità vi accompagnerà lungo il racconto. Entrambi toscani, geniali e precoci, non potrebbero essere più distanti: Michelangelo è capriccioso, perfezionista, trasandato nei modi ma determinato a farsi strada a colpi di scalpello; Leonardo è un uomo dai contorni sfumati, elegantissimo, non rispetta mai una consegna e, tra le tante mansioni, finisce persino a fare il musicista di corte. Perché questa è una storia con tappe straordinarie e inaspettate, tra buie botteghe d’arte e cappelle che esplodono di colore. Un’epoca in cui, come nelle vite di Leonardo e Michelangelo, non ci sono confini tra le luci e le ombre: l’ingegno solare dei gesti perfetti di un artista convive sempre con le tenebre dell’ossessione. Roberto Mercadini si conferma in queste pagine un narratore d’eccezione, che con una verve fuori dal comune sa far rivivere, scompigliati e umanissimi, i protagonisti del nostro passato e, attraverso scorci mai scontati, ci porta dritti al cuore di un tempo che non smetterà di sorprenderci.

  • Editore ‏ : ‎ Rizzoli (19 aprile 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 382 pagine

Recensione a cura di Claudia Renzi

L’ingegno e le tenebre” di Roberto Mercadini ha uno stile colloquiale, a metà tra saggio e romanzo. Si legge perciò piacevolmente e, se l’argomento già interessa, è ancora meglio. E come può non piacere leggere di due dei più grandi geni di sempre, Leonardo e Michelangelo, e scoprire o approfondire curiosità meno note?

Figli di un secolo – il Quattrocento – che ha visto l’eccezionale concentrazione di una quantità esorbitante di talenti per lo più nella Toscana e soprattutto a Firenze, i due sommi, nati con ventitré anni di differenza, sembrano percorrere strade parallele a tratti tangenti a tratti ben diverse: saranno fondamentalmente isolati (come tutti i geni) nonostante si siano trovati in mezzo a corti e ricchi mecenati; inseguiranno caparbiamente le proprie inclinazioni (Leonardo attento a ogni minima sfumatura di un argomento tanto da perdercisi spesso; Michelangelo fedele prima di tutto al proprio orgoglio); manifesteranno ciascuno a modo proprio la comune mancanza della figura materna; avranno problemi con l’autorità; dovranno lasciare opere incompiute per motivi diversi (Leonardo perché principe dei discontinui, Michelangelo costretto dalle circostanze); non si sposeranno e non avranno figli (e saranno per questo etichettati in un certo modo, senza badare troppo a quale fosse la verità); lasceranno capolavori ineguagliabili; scriveranno parecchio entrambi (Leonardo nei suoi taccuini, Michelangelo poesie di un certo pregio); avranno entrambi il permesso e l’audacia di studiare l’anatomia direttamente sul corpo umano eseguendo autopsie; saranno considerati già in vita dei numi in terra e tanto altro ancora.

Mercadini ripercorre le tappe più significative e clamorose delle loro biografie in maniera aulica e al contempo spiritosa, tra riso e sgomento, tra la luce del genio e le tenebre delle ossessioni, non mancando di raccontarci preziosi aneddoti anche sugli altri grandi artisti che popolarono quel tempo e che furono, in molti casi, amici dei due maestri. 

Il primo maestro di Leonardo si chiama Andrea di Cione, detto il Verrocchio. Quello di Michelangelo, Domenico Bigordi, detto il Ghirlandaio. […] Forse per un artista c’è un unico onore più grande del ricevere un soprannome. divenire noto con il proprio semplice nome di battesimo, eclissando le miriadi di omonimi. […] Cosa serve per farsi un nome? Cosa serve perché il distacco si compia, la luce sfavilli, la vampa arda? Perché un artista si stagli sullo sfondo degli anonimi, diverso, inconfondibile? Serve una prospettiva nuova.

Nel giardino di San Marco, sorta di fantastica accademia sui generis voluta e finanziata da Lorenzo il Magnifico fu accolto il giovanissimo Buonarroti che, un giorno, in seguito a un’osservazione di Lorenzo, ruppe i denti a un Fauno che aveva scolpito per impressionare il mecenate: Lorenzo pare gli avesse fatto notare che quella dentatura perfetta non era credibile in una tale creatura, selvaggia e rozza per natura, e il genio ragazzino, appena il Magnifico si era allontanato, aveva riflettuto sulla critica a modo suo, con una bella martellata. Quando Lorenzo ripassò davanti alla scultura restò stupito e divertito della baldanza del giovane che, dalla reazione, si capiva già avesse una personalità fuori del comune, tanto da ospitarlo in casa sua come un figlio adottivo. 

Leonardo era eccezionale ritrattista, Michelangelo per niente: ricusava di far ritratti per manifesta incapacità. Leonardo raffinato, conciliante fino all’essere sfuggente; Michelangelo fumantino e aggressivo. Lorenzo il Magnifico provò a tirar fuori qualche capolavoro anche dal genio di Vinci, ma l’impresa si rivelò più ardua, tant’era simile nella grandezza ma differente nel carattere dal giovane scultore.

Si tratta dell’idea che un pittore o uno scultore non siano soltanto artigiani straordinariamente abili, depositari di immensi bagagli di conoscenze tecniche, ma esseri misteriosi, estranei al mondo anche se ne fanno parte, da collocare di fuori (o al di sopra) delle gerarchie sociali. Esseri che, pertanto, possono trattare da pari a pari (o da superiori o inferiori) persone immensamente più ricche e potenti di loro. […] Leonardo e Michelangelo, ciascuno a modo suo, forse per forza d’animo, forse per incoscienza, forse per ingenuità, hanno spinto la loro impudenza oltre il limite più di una volta

Stonano, in un lavoro tanto imponente, inesattezze quali: 

Leonardo dipinge soggetti religiosi su commissione ma nella vita e negli scritti non mostra alcuna devozione personale. Michelangelo al contrario è un fervente cristiano. Prega, scrive poesie a Dio, si tormenta e si estasia nella sua bruciante fede

perché non è affatto vero che Leonardo non ha mai scritto di Dio, anzi, ne ha scritto eccome e, considerato che i taccuini attualmente noti sono probabilmente una minima parte di quelli che effettivamente scrisse nell’arco di tutta la sua vita, avrà scritto di Dio anche in molte altre pagine che non ci sono pervenute; la sua devozione personale era tale che, quando viveva a Roma, ebbe cura di iscriversi alla Confraternita di San Giovanni dei Fiorentini disponendo di essere sepolto lì; quando poi, costretto dagli eventi, si dovette trasferire in Francia, lasciò per testamento indicazioni specifiche alla chiesa di St. Florentin, dove fu sepolto (la sua tomba originaria è purtroppo perduta), per messe e commemorazioni, ecc., così come va puntualizzato che Michelangelo era sì un fervente cristiano, ma tanto fervente da contestare certe attitudini della Chiesa del suo tempo aderendo al movimento degli Spirituali, assieme alla sua musa e amata Vittoria Colonna.

Leggere “L’ingegno e le tenebre” di Roberto Mercadini, ricco di aneddoti e spunti su un periodo e alcuni dei suoi maggiori artisti straordinario e irripetibile, è un pretesto per approfondire questo e tanti altri aspetti sia di Leonardo e Michelangelo sia di tanti altri straordinari artisti dell’epoca. 

E si dà il caso che gli artisti rinascimentali furono necromanti migliori degli storici: tramite loro, ciò che era morto e sepolto non solo venne portato alla luce, ma disegnò il profilo delle cose a venire.

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