La casa delle tenebre – Jo Nesbø

Il primo horror di Jo Nesbø. Un bosco. Una casa. Una chiamata. E un monito: quando il telefono squilla, non rispondere… Hai il coraggio di entrare nella casa delle tenebre? Dopo la tragica morte dei genitori in un incendio, il quattordicenne Richard Elauved viene mandato a vivere con gli zii nella remota cittadina di Ballantyne, guadagnandosi presto, tra i nuovi compagni di scuola, la reputazione di asociale ed emarginato. Così, quando uno studente di nome Tom scompare sotto i suoi occhi, nessuno crede alla sua versione dei fatti: è stata la cabina telefonica ai margini del bosco a risucchiare Tom nel ricevitore e a farlo svanire nel nulla. L’unica a dargli retta è Karen, una ragazza che incoraggia Richard a seguire gli indizi su cui la polizia si rifiuta di indagare. Quando, poco dopo, un altro ragazzo sparisce, Richard dovrà dimostrare la sua innocenza fare i conti con la magia oscura che avvolge Ballantyne e ne minaccia la distruzione. Un libro teso e avventuroso dalla prima all’ultima pagina. Una rivisitazione dei romanzi classici dell’orrore per mano del re del crime Jo Nesbø.

  • Editore ‏ : ‎ Einaudi (14 novembre 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 256 pagine

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

Jo Nesbø ci sorprende uscendo dalla sua comfort zone fatta di crime per regalarci un horror. C’è un bosco, una casa abbandonata terrificante, un ragazzino problematico e un po’ emarginato dai coetanei, un individuo inquietante e malvagio che torna dal passato, e una cittadina tranquilla, sonnecchiante, una di quelle in cui non accade mai nulla. Se non avete troppa paura ad addentrarvi all’interno delle mura de La Casa delle Tenebre continuate pure la lettura.

“Mi ero trasferito in quel buco di merda subito dopo aver compiuto quattordici anni e non avevo idea di cosa facessero i bulli nei posti come Ballantyne per non morire di noia”.

Richard non è propriamente un bullo, piuttosto è un emarginato, un piantagrane, uno che i coetanei tendono a non frequentare, uno che per ammazzare il tempo si intrattiene con altri ragazzini poco considerati, come Tom il balbuziente, con il quale un giorno da una cabina telefonica decide di chiamare un numero a caso preso dall’elenco telefonico per fare uno scherzo. Imu Jonasson, è questo l’utente prescelto:

“Ciao Imu. Sono il diavolo e ti invito all’inferno. Perché quello è il tuo posto”.

Uno scherzo stupido. Uno scherzo innocuo. Ma dall’altro capo della cornetta evidentemente qualcuno non la prende molto bene e accade qualcosa di inaspettato e spaventoso. Tom, che regge l’apparecchio, viene letteralmente risucchiato dai forellini della cornetta, interamente. Richard chiaramente terrorizzato torna a casa dai suoi genitori affidatari e racconta l’accaduto. Ovviamente non viene creduto, figuriamoci, ma resta il fatto che Tom è scomparso, la polizia non riesce a trovarlo da nessuna parte, né vivo né morto, e il nostro Richard è l’ultimo che l’ha visto, dunque, come è consuetudine, è un sospettato. Lo avrà forse buttato nel fiume e adesso se ne va in giro a raccontare la storiella del telefono? Per cercare di avvalorare la sua storia Richard torna persino alla cabina telefonica, ma sfogliando nuovamente l’elenco, quell’utente che aveva chiamato solo poche ore prima non c’è più. Adesso ha davvero paura.

“Ho paura delle altezze. Ho paura del buio. Ho paura dell’acqua. Ho paura degli incendi. E ho paura dei telefoni. Ma soprattutto ho paura di avere paura”.

Nella biblioteca del paese Richard nota la presenza di una scala a chiocciola che porta in un ambiente nel quale sono custoditi tutti gli elenchi telefonici. Li consulta, e proprio in uno di quelli rinviene l’utente:

“Imu. Via Bosco dello specchio I, Ballantyne. 290-3386”.

Visto che gli adulti, compresa la polizia, non hanno dato alcuna credibilità a ciò che ha raccontato, decide di dover indagare per conto suo, dunque recarsi a quel domicilio e vedere chi vi abita e che fine ha fatto fare a Tom. Accompagnato da un altro ragazzino, tale Fatso, giungono in vista di una dimora spettrale, apparentemente disabitata, dal cui tetto spuntano i rami di una quercia nata all’interno delle mura, e sulla quale insorge uno sciame inquietante di insetti.

“Qualcuno si mosse dietro la finestra. Levai lo sguardo. Un viso. Pallido. Il viso inespressivo di un uomo, immobile come un quadro. Un viso che non avevo mai visto ma allo stesso tempo mi dava la strana impressione di fissare in uno specchio”.

Che sia il misterioso Imu? Non c’è tempo per scoprirlo poiché vengono immediatamente attaccati dagli insetti. Se la danno a gambe e, una volta tornati a casa, il povero Fatso improvvisamente si trasforma in un insetto, proprio uno di quelli che infestavano la casa, e vola via dalla finestra. A questo punto i ragazzini scomparsi nel nulla a Ballantyne sono diventati due. 

La polizia ovviamente non può credere alle farneticazioni di Richard, dopotutto lui è l’unico testimone delle sparizioni e inizia sempre di più a ritenerlo responsabile di qualcosa. Soprattutto nel momento in cui, in seguito alle sue insistenze riguardo la casa spettrale, vi si recano per un sopralluogo non trovando assolutamente nulla, tranne una vecchia casa nella quale non vive più nessuno da anni. A nulla valgono le insistenze di Richard che, a questo punto, ha anche indagato riguardo al misterioso Imu, un giovane locale fortemente disturbato che aveva appiccato un incendio nel quale erano rimasti uccisi i suoi genitori. Nessuno è disposto a credergli.

“Alla fine, restava un bugiardo che probabilmente era colpevole della scomparsa dei due ragazzini. Logico. Così logico che lo avrei pensato anch’io. Se non avessi visto con i miei occhi che l’impossibile è possibile”.

Richard viene rinchiuso in riformatorio. Ed è lì che riesce ad avere ulteriori informazioni riguardo Imu Jonasson, poiché quest’ultimo, guarda un po’ il caso, era stato rinchiuso proprio nello stesso istituto, per poi però scomparire misteriosamente.

“Imu Jonasson non era solo un ragazzino guasto, Richard. Era malvagio. Capisci? Malvagio. […] La sua malvagità è rimasta attaccata a queste mura. Quando scappò, tutti tirarono un sospiro di sollievo. Nessuno disse niente, ma tutti sanno che il preside aspettò due giorni a lanciare l’allarme per dargli la possibilità di arrivare lontano, evitando così che fosse rispedito qua”.

Rinchiuso in una stanza di isolamento, Imu aveva tappezzato le pareti con strane scritte. E nonostante dopo la sua fuga il locale fosse stato ritinteggiato, quelle scritte continuavano a ricomparire, tanto da far prendere la decisione di chiudere definitivamente quel luogo. Insomma, questo Imu va in qualche modo fermato, e Richard, nonostante sia rinchiuso in un riformatorio deve trovare il modo di tornare in quella casa e salvare il salvabile. Ci riuscirà? Lascio a voi il piacere di scoprirlo.

Jo Nesbø divide la storia in tre parti, facendo trascorrere un arco temporale di quindici anni tra l’inizio e la fine della narrazione. Iniziando a leggere questo libro, già dalle prime frasi è impossibile non notare che lo stile, la scelta del linguaggio e alcune caratteristiche della trama ricordano molto la produzione di Stephen King, in particolare uno dei suoi capolavori, It. Ma anche a quello che è il filone classico della narrativa horror: la casa stregata, le entità mostruose, gli oggetti che si animano. Curiosando in rete ho trovato diverse rimostranze mosse all’autore, accusato di aver “scimmiottato” Stephen King. 

Onestamente, ripeto, già dalle prime frasi del libro ho avuto come un déjà vu, per un attimo ho pensato di essere a Derry in compagnia dei “perdenti” invece che in una cittadina del nord Europa. Sì, le analogie ci sono. La cittadina, appunto, di provincia, sonnacchiosa, tranquilla, dove tutti si conoscono e dove, apparentemente, non succede mai nulla, ma che in realtà nasconde un oscuro segreto. Il ragazzino emarginato dal resto dei coetanei. La biblioteca che, come ricordiamo, in It è spesso citata. La scomparsa di alcuni ragazzini ad opera di forze oscure e malvagie che gli adulti non riescono a comprendere. La sconfitta (forse) di queste forze oscure ad opera di un ragazzino … Insomma, le somiglianze ci sono, e saltano subito all’occhio di chi ha letto l’opera di King, ma da qui a parlare di imitazione e amenità varie direi di no.

Vi do la mia opinione. Jo Nesbø ha letto It, così come tutti i lettori e gli scrittori di questo mondo che amano un certo tipo di letteratura di genere, e nel momento in cui ha deciso di abbandonare il thriller per dedicarsi alla stesura di un horror, la sua mente ha inevitabilmente attinto a quelle che sono le sue conoscenze in materia, creando una storia che non è un’imitazione di It, assolutamente, ma piuttosto un omaggio a qualcosa che deve aver amato molto e che quindi gli è rimasta impressa indelebilmente nella mente. 

Dunque, La Casa delle Tenebre è quel tipo di lettura adatta a chi ama lo stile di King e ha nostalgia di Derry, ma allo stesso modo è un’ottima lettura anche per tutti coloro che amano l’horror e, soprattutto, i finali a sorpresa. Perché il finale, devo dire, mi ha spiazzata, anche se già nella seconda parte del libro avevo iniziato a intuire qualcosa. Quindi, in conclusione, ritengo che Jo Nesbø ha scritto un gran bell’horror, e spero che voglia continuare a cimentarsi in produzioni simili anche in futuro.

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