L’impavida. La vita ribelle di Cia degli Ordelaffi, la donna che sfidò il Papa – Rita Coruzzi

È il 1334 quando la giovane e bellissima Marzia degli Ubaldini, detta Cia, sposa Francesco degli Ordelaffi, signore di Forlì e di Cesena. E con quel matrimonio sancisce l’abbandono a tutto ciò che è stata la sua vita fino a quel momento. È sempre stata un’abile cavallerizza, amante più dei giochi d’armi che del ricamo e della pittura, ma più come fossero uno svago, un divertimento. Accanto al marito, invece, dovrà affrontare prove durissime, inganni e tradimenti, sconfitte, a cui però non si piegherà mai. Quando papa Innocenzo VI, da Avignone, decide che è giunto il momento di restaurare lo Stato Pontificio e di rimpossessarsi delle terre di Emilia e Marca, Cia e Francesco non abbassano la testa: quella è la loro terra e, se il Pontefice la vuole, dovrà prenderla col ferro e con il fuoco. Per contrastare le truppe inviate da Roma, i due sono costretti a separarsi e a difendere ognuno una città: lui resta a Forlì, il feudo di maggior prestigio, mentre lei, sola, insieme ai figli e a uno sparuto manipolo di soldati, si chiude nella Rocca di Cesena in attesa della battaglia. Sarà un assedio terribile, con una popolazione stremata che alla fine cederà alle lusinghe dei guelfi, ribellandosi alla sua signora in nome del Papa, ma Cia non lascerà mai il posto nelle prime linee, accanto ai suoi soldati neanche quando la sua vita sarà in pericolo. Dopo Matilde di Canossa ed Eleonora di Arborea, Rita Coruzzi riporta in vita una donna straordinaria e impavida, un personaggio storico femminile modernissimo da riscoprire.

  • Editore ‏ : ‎ Piemme (23 gennaio 2024)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 352 pagine

Recensione a cura di Lia Angy Fiore

Marzia degli Ubaldini, meglio nota come Cia, fu una nobile italiana, sposa di Francesco II Ordelaffi, signore di Forlì e Cesena.

Donna di straordinaria bellezza, coerente e fedele ai propri princìpi, condivise con suo marito l’impegno per la causa ghibellina e fu una delle più note guerriere della storia d’Italia.

Un matrimonio combinato quello con Francesco; entrambi appartenenti a due famiglie ghibelline determinate a contrastare l’insaziabile sete di potere del Papa. 

Cia è stata educata a non mostrare mai timore, tentennamenti e insicurezze, e ciò la fa apparire spavalda e sempre sicura di sé. Ma c’è qualcuno che riesce sempre a cogliere ogni suo stato d’animo: la sua dama di compagnia Mentuccia, amica sincera e leale.

È Mentuccia ad accorgersi della paura, sebbene celata, con la quale la giovane Cia si prepara alle nozze. Ha un’idea particolare e insolita del matrimonio… Non sogna l’amore; tutto ciò che desidera e si aspetta dalla sua unione con Francesco è di essere una moglie guerriera, di poter combattere al fianco di suo marito e lottare insieme a lui per raggiungere i loro obiettivi.

“Era nata per stare al centro della scena, non dietro a un uomo ma al suo fianco, soprattutto, in segreto cercava di emulare il nonno, quel famoso Maghinardo Pagani a cui lei avrebbe voluto assomigliare: il suo eroe.”

“Io non mi aspetto di essere né adorata né amata, questo non è necessario per il ruolo che devo ricoprire, ma desidero che mio marito mi rispetti e mantenga la parola data, e cioè che sarò al suo fianco e non dietro di lui. È questo che mi importa più di tutto, persino dell’amore.”

Sente sulle sue spalle la responsabilità di portare prestigio sia alla casata degli Ubaldini che a quella degli Ordelaffi. Una responsabilità troppo grande per una ragazza che non ha ancora compiuto diciassette anni. Ma il coraggio e la determinazione di Cia sono più forti di qualsiasi tentennamento. 

La casata degli Ordelaffi è una presenza scomoda per il Papa, sempre più avido e desideroso di ampliare i propri poteri. Nel 1353 Innocenzo VI affida al cardinale Egidio Albornoz l’incarico di assoggettare i territori marchigiani e romagnoli ancora ghibellini. 

Nonostante le minacce e la scomunica di tutta la famiglia, Francesco e Cia restano fedeli alle proprie convinzioni e, a differenza di tanti altri signori locali, rifiutano ogni compromesso e proposta d’accordo.

“Per i guelfi e per la Chiesa io sono un eretico, un demone incarnato, uno scomunicato lontano da Dio. Invece Dio stesso mi è testimone che io sono devoto cristiano e non intendo combattere il cristianesimo, l’unica vera religione che salva. Io intendo combattere le corrotte gerarchie ecclesiastiche e tutti quei falsi consacrati che sotto la veste nera indossano l’abito rosso della lussuria, del potere e della falsità.”

Nel 1356 solo i loro territori non sono sotto il controllo del pontefice. 

Nel 1357 ha inizio la crociata contro i forlivesi. Su richiesta del Papa, tutta l’Europa Cristiana viene mobilitata contro gli Ordelaffi, e anche chi in passato era stato amico di Francesco e aveva ricevuto il suo supporto, si schiera contro il suo casato. 

È proprio durante la crociata che Cia, che già in passato aveva dimostrato la propria abilità come guerriera aiutando suo figlio Ludovico nella Battaglia di Dovadola, dà prova del proprio coraggio e valore.

Nelle vesti di guerriera, appare impavida, spietata e priva di pietà, soprattutto verso i traditori. 

Difende con tutte le sue forze Cesena ma, nonostante il grande coraggio, alla fine è costretta a fare ciò che non avrebbe mai pensato di fare: arrendersi al nemico. Lo fa per salvare la vita dei suoi valorosi e leali cavalieri, dopo quasi due mesi in cui la città è stata bombardata con macchine d’assedio. Lo fa con fierezza e dignità, riuscendo ad ottenere la libertà dei propri soldati. Lei, invece, viene incarcerata ad Ancona.

Intrecciando verità storica e fantasia, l’autrice di questa biografia romanzata ha dato vita a un interessante ritratto di una importante protagonista della storia d’Italia.

Pagina dopo pagina, vediamo Cia nelle molteplici vesti di impavida guerriera, di donna ambiziosa e determinata a raggiungere i propri obiettivi; di moglie che è disposta a sostenere il marito in ogni sua battaglia, ma non a rimanere nell’ombra; di madre che attraverso i figli conosce il vero amore, ma anche il dolore più grande per un essere umano; di amante libera ed appassionata.

Lei e Francesco, così simili per personalità, princìpi e valori, hanno un rapporto fatto di alti e bassi, di momenti di forte unione e altri di distacco. Ma anche quando la frattura tra loro, dovuta ad alcuni errori di Francesco, all’orgoglio di Cia e a una terribile calunnia, sembra ormai insanabile, capiscono che ciò che li unisce è più forte di ciò che li divide. 

“… So che non potrei passare la mia vita accanto a nessun altro se non a voi, perché io e voi siamo uguali, guerrieri, ambiziosi, determinati, desiderosi di vivere seguendo i nostri princìpi e combattere contro le menzogne e le ingiustizie.”

Inizialmente, Cia appare agli occhi del lettore come un personaggio fin troppo perfetto, che ostenta una sicurezza eccessiva. Sono i suoi errori a farcela percepire un po’ più umana, come anche la sua capacità di riconoscerli e di chiedere scusa. 

“Per quanto possa sembrare strano, Marzia Ordelaffi detta Cia l’impavida ha un cuore. Anche il mio è martoriato e spezzato […]. Ora mi rendo conto che per tutto questo tempo è stato spento e 

chiuso e io sono stata addormentata, come in un altro mondo, ma ora le vostre parole, la vostra lettera e il vostro amore mi hanno risvegliato, mi hanno ricordato chi sono e quali responsabilità ho.”

Non sapevo molto su questa grande guerriera del passato, e questo romanzo mi ha permesso di conoscerla meglio, in tutte le sue sfaccettature. 

Pur ammirando molte delle sue qualità, non sono  riuscita ad empatizzare al cento per cento. 

Per quanto riguarda il romanzo nel suo insieme, l’ho trovato un po’ prolisso e ripetitivo, e mi è mancato un pizzico di pathos in più, anche se ho apprezzato molto lo stile fluido, semplice ed elegante dell’autrice. 

Approvo anche la scelta di non indugiare morbosamente sulle scene di violenza, cosa che spesso accade nei romanzi storici, e di non utilizzare un linguaggio scurrile.

 Complessivamente, è un buon romanzo storico, e la storia di Cia merita di essere conosciuta.

“Crescendo sentirai dire che tua madre non è altro che una pazza, una donna che voleva troppo. Ma vedi, figliolo, io spero che un giorno capirai che quando una passione ti scoppia nelle vene e senti di fare la cosa giusta nonostante tutto sembri indicare il contrario, devi andare avanti e seguire quello che ti dice il tuo cuore. Un giorno forse mi capirai. Capirai che tua madre, pur essendosi adattata a molte cose, non è e non sarà mai una donna da mezze misure. Dopo questa decisione verrò considerata o una pazza o un’eroina, questo lo lascio decidere al fato e al nostro popolo…”

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