Lo sguardo di Medusa di Natalie Haynes

Medusa è l’unica mortale in una famiglia di dèi. Crescendo insieme alle sorelle, Steno ed Euriale, presto si rende conto che è la sola a essere vulnerabile, accudita proprio per via della sua fragilità e della sua straordinaria bellezza. Questo la rende sensibile, piena di una compassione che gli immortali faticano a comprendere e desiderano annientare. Quando la bramosia spinge Poseidone a commettere un atto imperdonabile, la vita di Medusa viene sconvolta per sempre: Atena, oltraggiata e gelosa, scaglia la sua vendetta sull’innocente ragazza, trasformandola in una Gorgone con i capelli di serpente e uno sguardo che tramuta in pietra chiunque osi incrociarlo. Inorridita dai propri poteri, Medusa non può più guardare le persone che ama senza distruggerle – proprio lei che invece avrebbe voluto proteggerle –, e si condanna a una vita di solitudine ed esilio. Almeno fino a quando Perseo, il figlio di Zeus e Danae, non si imbarca in un’eroica impresa per aggiudicarsi la sua testa. Ma chi dei due può chiamarsi eroe? Chi dei due è realmente il mostro? E soprattutto, cosa significa essere un mostro? Unendo l’arguzia a un’approfondita conoscenza dei classici, Natalie Haynes ci racconta la storia di Medusa da un punto di vista originale e sfaccettato, inducendoci a chiederci se la bellezza appartenga solo al corpo o se, piuttosto, non vada ricercata nell’anima. Alternando la sua voce a quella di divinità capricciose e volubili, l’autrice rende finalmente giustizia a un personaggio tanto affascinante quanto controverso, restituendone un ritratto raffinato e sorprendente.

  • Editore ‏ : ‎ Sonzogno (31 ottobre 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 336 pagine

Recensione a cura di Lia Angy Fiore

La storia ha inizio quando Steno ed Euriale, le due Gorgoni, trovano una neonata sulla spiaggia, fuori dalla loro grotta. Entrambe si chiedono da dove possa essere arrivata, chi possa essere stato così temerario da avvicinarsi alla loro tana per lasciarla lì. Poi notano dei segni sulla sabbia e capiscono che è stato il loro padre Forco, un dio antico che vive nelle profondità dell’oceano, a portarla fin lì. Quelle due creature, che gli umani considerano dei mostri per il loro aspetto, non possono fare a meno di amare quella neonata indifesa. Non importa quanto sia diversa da loro, la amano e basta, così com’è. Entrambe se ne prendono cura, la riempiono di premure e di affetto. Euriale si prende cura personalmente di un gregge per avere il latte con cui nutrirla e, quando la bambina cresce, Steno impara a fare il pane e a cucinare per poterla sfamare. Sperimentano anche un sentimento nuovo, forte e potente: la paura. Paura che a quella creatura che amano così tanto possa succedere qualcosa di brutto; paura di perderla, perché lei non è immortale. E nel momento in cui capisci che hai paura di perdere qualcuno, diventi anche consapevole di quanto quel qualcuno lo ami. 

Steno sente per la prima volta “un panico freddo e attanagliante, che la pervadeva ogni volta che la bambina inciampava, si nascondeva o piangeva. Questo era amore, lo sapeva”. È lo stesso anche per Euriale.

Con la crescita, a Medusa – questo è il nome della piccola – spuntano delle ali, e così Euriale e Steno capiscono che è anche lei una Gorgone. Medusa cresce, è molto curiosa, ama osservare gli umani, soprattutto i bambini, e si interroga su tutto ciò che la circonda. Al centro dei suoi pensieri, c’è una domanda: dov’è sua madre?

Osservando le pecore con i loro agnellini, capisce che madri e figli hanno un bisogno reciproco di stare insieme e che una madre non riesce a separarsi dal figlio, e allora perché sua madre non è lì con lei? 

Sa che sua madre Ceto vive nelle profondità dell’oceano e così passa molto del suo tempo ad osservare il mare, sperando che la veda e che abbia voglia di riabbracciarla. 

Ma è qualcun altro a notarla… Poseidone, il dio del mare. Un giorno, Medusa ottiene dalle sorelle il permesso di recarsi a visitare un tempio dedicato ad Atena. Sola e senza nessuno che possa proteggerla, va incontro al suo destino. Ingannata da Poseidone, sacrifica se stessa per salvare una mortale che nemmeno conosce e che, vedendola, la considererebbe sicuramente un mostro. Medusa ci dà un grande esempio di coraggio e di altruismo, insegnandoci  che se possiamo fare qualcosa per proteggere chi è indifeso, dobbiamo farlo, senza chiederci che cosa ne avremo in cambio o se l’altro farebbe lo stesso per noi. 

Violata da Poseidone e ingiustamente punita da Atena, Medusa si rifugia nella sua grotta. Per giorni si rifiuta di uscire e di parlare, e l’unica cosa che desidera è stare lontana dal mare. Ancora una volta sacrifica se stessa: sceglie di vivere nell’oscurità, con gli occhi coperti da una benda, e rinuncia a vedere la luce del sole, la sabbia, gli uccelli, le pecore e i volti delle sue amate sorelle. Lo fa proprio per loro, per proteggerle dal suo sguardo letale. Medusa sceglie di non usare il proprio potere, se così lo si può chiamare… Sceglie di essere cieca per non fare del male a qualsiasi essere vivente incontri sul suo cammino.

Medusa non sa che un giovane arrogante, sciocco e presuntuoso, figlio di  Zeus e di una mortale, ha fatto un patto con un re: se gli porterà la testa di una Gorgone, il re dovrà rinunciare alla pretesa di sposare sua madre Danae.

 Ignara di tutto, lei che ha sempre scelto di proteggere tutti, viene colpita vigliaccamente nel momento in cui si è più indifesi e vulnerabili: nel sonno. I serpenti, che avevano preso il posto dei suoi meravigliosi capelli, sono gli unici testimoni dei suoi ultimi istanti di vita. Si accorgono che Medusa, poco prima di essere decapitata, si è svegliata, ma ancora una volta ha scelto di non aprire gli occhi, proteggendo così il suo assassino. Perché questo è Perseo. Un uomo che uccide una creatura indifesa e innocente, nel sonno, è un assassino, e un vigliacco. Come è possibile che si parli di lui come di un eroe e non di un mostro? E come si può parlare di Medusa, che ha più volte sacrificato se stessa per proteggere e salvare gli altri, definendola un mostro?

La testa di Medusa, separata dal corpo, assiste allo strazio delle sue sorelle. Neppure quel dolore sembra smuovere il cuore di Perseo, che non prova il minimo rimorso per ciò che ha fatto. Per lui le Gorgoni sono solo dei mostri, non riesce a percepire il loro dolore. A me, invece, è arrivato tutto. Mi sono dimenticata delle loro zanne e dei loro artigli… Ho visto solo due creature che hanno perso chi amavano di più al mondo, in un modo crudele e ingiusto.

 Perseo, questo giovane sciocco, pieno di sé, assetato di potere, e privo di tutte quelle qualità che fanno di un uomo un eroe, spargerà morte e distruzione servendosi della testa della Gorgone, che privata del corpo sembra aver perso anche il cuore e la capacità di scegliere il bene…

“Non ho più voglia di salvare i mortali, non ho più voglia di salvare nessuno. Voglio aprire i miei occhi e vedere tutto ciò che riesco […]. Voglio usare il potere che mi è stato dato dalla dea. Voglio spargere terrore ovunque io vada, ovunque vada Perseo. Voglio diventare il mostro che lui stesso ha creato.”

Perseo farà un’unica cosa buona: salverà la principessa etiope Andromeda, offerta in sacrificio per porre rimedio alla vanità della madre. Servendosi della testa di Medusa, il giovane sconfiggerà il terribile mostro marino. Quando lo sguardo di Medusa incrocia quello del mostro, si rende conto di qualcosa che non vi svelo… Vi dico solo che, per me, questa scena, insieme a quella delle Gorgoni che trovano il corpo mutilato di Medusa, è una delle più toccanti di tutto il romanzo. 

  “Quanto a lungo lei ha guardato me? Nemmeno per un singolo istante. Il tempo di un battito del cuore, se almeno una di noi avesse avuto un cuore in grado di battere.”

“Lo sguardo di Medusa” è un romanzo a più voci, in cui, talvolta, il narratore è un po’ fastidioso e petulante, e le varie voci si intrecciano creando una matassa aggrovigliata in alcuni punti, ma questa revisitazione di Medusa e delle Gorgoni commuove e colpisce per le bellissime e profonde riflessioni sull’amore, sulla bellezza, e su come il modo in cui la realtà ci appare dipenda fortemente dal nostro sguardo, dai sentimenti che abbiamo dentro e che sono le “lenti” attraverso le quali osserviamo tutto ciò che ci circonda. Bello è ciò che osserviamo con le lenti dell’amore; mostro è ciò che guardiamo attraverso le lenti della paura e dell’incomprensione. È questo che Medusa cerca di spiegare a Poseidone, durante quell’incontro che cambierà per sempre il suo aspetto e la sua vita.   

 “Le mie sorelle non sono mostri […] Sei tu a essere cieco, se non riesci a vedere nient’altro che un paio di zanne […] Io so che quando tu parli di bellezza intendi qualcosa di diverso rispetto a ciò che intendo io [···]. Euriale bada a ognuna delle pecore come fossero sue figlie. Quando ero piccola, Steno ha imparato a cucinare per potermi nutrire. Si prendono cura di me e mi proteggono. Questa è bellezza.”

L’autrice è stata molto brava in questo, nel farci vedere Medusa e le sue sorelle con delle lenti diverse da quelle con le quali le avevamo osservate prima. Posso garantirvi che le osserverete con gli occhi della tenerezza, della dolcezza, della compassione e, nel caso di Medusa, anche dell’ammirazione.     

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