L’opale perduto di Lauren Kate

È una cupa notte di dicembre del 1725, Venezia è stretta nella morsa dell’inverno. Violetta, cinque anni, si è rifugiata nella soffitta dell’istituto per trovatelli noto come Ospedale degli Incurabili, dove vive. Oltre il vetro gelido di una finestra, con la sua bambola stretta al petto, sente il canto soave di una donna, giù in strada, e la vede abbandonare un bambino nella ruota. Dieci anni dopo, in quella stessa soffitta piena di vecchi indumenti e violini rotti dove lei continua a sognare una vita libera, Violetta incontra Mino. Violinista dell’ala maschile dell’orfanotrofio e primo essere umano capace di farle intravedere, attraverso il soffio suggestivo della musica, un orizzonte di speranza. Ma questa inaspettata magia ancora non basta: troppo urgente è il desiderio di Violetta di diventare una cantante, e potrebbe essere un desiderio maledetto…

Copertina flessibile: 352 pagine
Editore: Rizzoli (3 settembre 2019)
Lingua: Italiano

Recensione a cura di Sara Valentino

“Questa storia ha inizio in un orfanatrofio, in una notte nel sestiere di Dorsoduro dove, in un ricovero per trovatelli, una bambina di cinque anni era a letto e progettava la fuga”

Il romanzo “L’opale perduto” è ambientato a Venezia nel 1725, non è un romanzo storico, ma di ambientazione storica. Denota comunque un’ottima conoscenza della storia dell’epoca nella bellissima atmosfera che si respirava a Venezia.

E’ la storia di due orfanelli: Violetta e Mino. Ho avuto la possibilità attraverso la lettura di conoscere gli Incurabili, ospedale fondato nel 1517 e utilizzato per la cura del mal francese (Sifilide). Successivamente nel 1527 il nobile Girolamo Miani lo adibì  a ricovero per i bambini orfani. Le ragazze con talento musicale potevano esibirsi nei concerti come coriste della chiesa annessa.

Violetta all’età di cinque anni è già agli Incurabili e in una notte in cui vorrebbe tentare la fuga scorge una donna abbandonare un bambino alla ruota e ne ode il canto “io sono tua, tu sei mio…”

“Sotto le coperte Violetta si tastò il tallone destro, dove la I tatuata con inchiostro blu la bollava come una pupilla degli Incurabili. Quel marchio proclamava all’universo che lei non aveva famiglia, che non apparteneva a nessun luogo se non a quel complesso di mura medievali che sorgeva ai margini della città”

Mino, così si chiama il bambino abbandonato, conosce Violetta e in segreto si ritrovano nel sottotetto di sera per parlare, cantare e suonare. La canzone, quella stessa canzone diviene la loro.. Sognano il mondo fuori dalle mura, sognano la libertà, sognano una vita come quella delle persone normali. Ma sanno in cuor loro che sono figli di nessuno, questa solitudine cieca che li divora dentro è in qualche modo il freno a cercare una vita come tante, hanno paura di non poter essere genitori perché sono figli abbandonati. E’ un dolore sordo..

“Come si fa a raggiungere l’orizzonte?” Questa domanda pone violetta a Mino, e questa domanda ci potremmo porre tutti noi. Vediamo un orizzonte ma non lo sappiamo raggiungere, non troviamo la via a volte, oppure semplicemente non vogliamo intraprendere la via per paura.

Mino ha un triangolo in tasca, rappresenta parte di una sirena è l’ultimo ricordo che gli resta di sua madre. Violetta non gli ha mai raccontato di sapere.

Gli orfani degli incurabili crescevano privati di quasi tutti i piccoli piacerei infantili, eppure conoscevano i costumi, le maschere, sapevano del gioco della seduzione e dell’arte della dissimulazione. Dietro una bauta potevi essere chiunque”

Violetta e Mino vedono le persone passare per le calli con le loro maschere, è Carnevale e a quel tempo durava molto più che oggi. L’uso della maschera nel XVII e XVIII era ormai uno status symbol. Non si sapeva chi ci fosse dietro e per questo, e per rispetto visto che ci poteva essere chiunque, ogni maschera andava salutata. Violetta desidererebbe molto avere una bauta, ma per loro agli Incurabili non era consentito.

C’è stato un momento durante la lettura in cui avrei voluto abbandonare perché un po’ di “siede” la narrazione. Avrei fatto male a non proseguire perché la storia che l’autrice ci racconta è emozionante, avvincente, commovente. Sono rimasta esterefatta e presa in contropiede.

“Forse hai solo bisogno di qualcuno che creda in te”

Le strade dei due ragazzi sono destinate a dividersi, avranno nuove vite e nuove avventure ma un opale nero resterà un importante trait d’union dal passato incredibile, conserva un mistero da non svelare e qualcuno di certo lo vuole nascondere.

“Lo ferì quell’assenso così frettoloso. Proprio quando pensava di essere giunto al limite della sofferenza, ecco che se ne aggiungeva un’altra. Il dolore trovava sempre nuove vie di accesso”

Sentire dentro di sé il dolore immenso per chi piange per aver perso tutto e tutti. Cercando di comprendere in un mare di solitudine chi è e chi non è.. Mi ci sono ritrovata e con tutta me stessa in questo dolore immenso.

Il messaggio, ma ve n’è più d’uno, che io ho voluto conservare è quello che ogni più piccolo e solo apparentemente cambiamento nelle nostre strade crea una nuova melodia. E’ importante ricordarlo perché a volte non si percepisce che una singola parola può fare la differenza, un gesto, una stretta di mano o cambiare la strada.

“La vita era come la musica: se cambiavi una sola nota, cambiavi la melodia. Mino aveva commesso degli errori. Aveva ferito chi amava e si era arreso troppo presto. Era stato uno sciocco, un codardo, un fallito…”

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2 Risposte a “L’opale perduto di Lauren Kate”

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