L’Uccello del Sole – Wilbur Smith

L’archeologo Ben Kazin è vicino alla scoperta della sua vita: ha trovato nel Botswana una debole traccia di Opet, la mitica “Città della Luna”, centro di una grande civiltà africana scomparsa nel nulla. Tra scavi e inseguimenti, dirottamenti e cacce grosse, la traccia a mano a mano prende corpo, benché tutto sia stato predisposto affinché di Opet ne venisse cancellato persino il ricordo. Quale segreto si nasconde sotto i resti della “Città della Luna”? Quale legame ci può essere tra Ben, che i boscimani chiamano “Piccolo-uccello-del-Sole”, e il sacerdote Huy Ben-Amon, il “Grande-uccello-del-Sole”?

  • Editore ‏ : ‎ TEA; 3° edizione (24 gennaio 2019)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 494 pagine

Recensione a cura di Sara Valentino

Uno dei romanzi di Wilbur Smith che mi mancava da leggere è “L’uccello del sole”, è stata però una lettura parzialmente deludente rispetto alle aspettative iniziali. E’ uno dei suoi romanzi indipendenti quindi non è compreso in nessuna delle saghe.

Iniziamo dai punti forti e a favore: l’avventura e l’adrenalina data a chi ama l’archeologia e si trova a cercare e trovare qualcosa per la prima volta, qualcosa in grado di renderlo famoso ed eterno sono assicurate. Infatti nella prima metà ho percepito tutto questo, l’archeologo Ben Kazin si trova in Botswana sulle tracce di una delle antiche e leggendarie città fenicie, la città della luna. L’ambientazione è straordinaria, nei pressi delle colline di sangue viene rinvenuta tra le nebbie la traccia dell’antichissima città, i cunicoli, le grotte con le raffigurazioni rupestri e ovviamente il cuore pulsante di quello che è il Graal degli archeologi.

Le avventure, considerato il territorio particolare di questa parte dell’Africa negli anni Settanta, sono anche quelle più pericolose, non già solo per gli indigeni ma anche per le bande di terroristi.

Il deserto del Kalahari, un territorio che viene descritto con amore dall’autore, sappiamo che vi visse, lo percepiamo come vivo e vibrante. Tanto è vero che sono andata in biblioteca a procurarmi una guida del Botswana. Un po’ anche per capire se della leggenda vi è traccia. Non lo so, sto ancora studiando, parla di caverne e scritture rupestri ma non ho trovato materiale sufficiente per approfondire.

Inoltre vengono percepite in maniera particolare le usanze, i riti della cultura del posto e il loro modo di percepire lo spirito.

“Siamo segnati dagli spiriti, e possediamo la vista interiore che può vedere oltre, e l’udito che può afferrare i suoni del silenzio”

L’avventura di Ben non è solo nel cercare le tracce che risalgono e raccontano di uomini vissuti oltre 2000 anni prima. Ma anche i sentimenti trovano un posto, come del resto ci richiede la vita stessa. I sentimenti si sa che fanno anche male, ci fanno volare alti, sopra le nuvole e ci sprofondano nelle cave infernali del tradimento.

Voglio anche sottolineare per chi è molto sensibile, lo siamo tutti per la caccia sfrenata, che purtroppo ci sono scene cruente, riguardano in primis gli elefanti ma non solo. Naturalmente credo che però abbia fatto bene l’autore a menzionarle, non già perchè a favore, infatti si percepiscono i due fronti, ma perchè in quegli anni era probabilmente la normalità. Oggi non lo so e mi auguro di no. Pensiamo al commercio dell’avorio…

La seconda parte è quella storica che racconta le vicende di chi visse e morì nella città della Luna è quella che non sono riuscita a terminare perchè parecchio noiosa a mio parere.

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