MEDIOEVO IN HORROR: DANZA CON ME… PER SEMPRE

A cura di Luca Varinelli
A.D. 1518, la città di Strasburgo è testimone di uno dei fenomeni di isteria di massa
più inquietanti della storia
Poteva essere una giornata come questa: una semplice, afosa, giornata di metà
luglio. Il caso, il destino, o qualcos’altro ha deciso che deve andare diversamente.
I fatti di cui parliamo oggi non si verificano propriamente nel Medioevo, bensì a
pochi decenni dalla data che convenzionalmente segna la fine dell’epoca. Come
vedremo però, il Medioevo entrerà prepotentemente nella nostra storia. Questo
articolo, inoltre, è destinato a fare da “apripista” ad una serie di articoli riguardanti
fatti e personaggi dell’Età di Mezzo che ancora oggi incutono timore.
Le strade di Strasburgo attirano sempre una certa folla… ma l’attenzione di quella
folla è attirata da qualcosa di diverso dalle solite attrazioni.


Una donna, frau Troffea (allora l’Alsazia era parte del Sacro Romano Impero)
camminando per la strada, iniziò a compiere movimenti convulsi e disordinati, che
ricordano una grottesca danza. Le sue gambe sembravano incapaci di star ferme,
quasi fossero dotate di una volontà propria.
Secondo le cronache, quell’assurda pantomima proseguì finché Troffea non cadde a
terra esausta; una volta recuperate le forze però, la donna ricominciò a danzare.
Nel frattempo altri avevano cominciato ad imitarla: anche loro parevano non
riuscire a smettere.
Nel giro di una settimana erano almeno trenta persone a partecipare al ballo, ma il
loro numero era destinato ad aumentare. Un paio di settimane dopo erano in
centinaia a danzare in modo convulso nelle strade della cittadina alsaziana.
In un primo momento le autorità, allibite, decisero di non opporsi a quella bizzarra
febbre, nella convinzione che entro pochi giorni sarebbe tutto finito. Fecero
installare un palco di legno nella piazza del Mercato del Grano: qui i contagiati dalla
“follia della danza” avrebbero potuto continuare a ballare senza recare intralcio.
Furono addirittura chiamati musicisti e ballerini professionisti, per coadiuvare e
supportare i partecipi a quella festa non voluta.
Le cose non migliorarono: ormai quella danza diabolica aveva contagiato almeno
quattrocento persone: era come se un pifferaio misterioso li costringesse a ballare
fino allo sfinimento, o finché le ossa delle caviglie non si fratturavano a causa dello
sforzo. Qualcheduno ballò finché morte non sopraggiunse.

A tal punto, le autorità non attesero oltre: vietarono la musica e i balli nella pubblica
piazza, e costrinsero i contagiati ad uscire dalla città e a recarsi per delle benedizioni
in un vicino santuario dedicato a San Vito; furono infine ricoverati nell’ospedale
cittadino dove parvero riacquistare la salute e il senno perduto.
Nel giro di pochi giorni, la “piaga del ballo”, come sarà chiamata in tempi più recenti,
finì così com’era iniziata.
I religiosi dell’epoca fecero certamente riferimento all’opera del Maligno, o ad una
punizione divina, mentre i medici additarono come causa il “surriscaldamento” del
sangue, ossia uno squilibrio in uno degli umori del corpo, come già la tradizione
medica del Medioevo insegnava.
Anche oggi, nel valutare tali fatti, vi sarà certamente qualcuno che tirerà in ballo il
paranormale.
Qualcun altro invece propenderà per considerare i fatti frutto di invenzione della
gente dell’epoca, un racconto fittizio infarcito di allegorie e allusioni a realtà inerenti
la spiritualità o il panorama politico, sociale o economico? Magari un’allusione alla
peste nera che, rappresentata pittoricamente nelle “danze macabre”, costringeva la
gente a danzare ad un ritmo non voluto (vedasi il mio articolo sul tema, “la
Tarantella del Macabro”).
Tuttavia i documenti medici e i sermoni dei religiosi del tempo fanno tutti
riferimento al fatto che la gente ballasse: difficile dunque che un numero così ampio
di persone abbia potuto organizzare una truffa per i posteri senza una ragione
apparente.
L’enorme numero di persone coinvolte lascia intendere che ciò sia realmente
avvenuto secondo le dinamiche indicate nei resoconti. A questo punto, le teorie più
verosimili difficilmente possono discostarsi dall’ipotesi di un’alterazione psichica
delle vittime della “piaga del ballo”: restano da chiarirsi le cause della stessa.
Secondo una prima teoria, il morbo avrebbe un’origine biochimica, ed è da
ricondurre all’alimentazione dell’epoca: in un articolo che scrissi anni fa, “Misteri
della Bergamasca: l’armata fantasma di Verdello – Osio Sotto” relativo ad un fatto
avvenuto in Italia proprio un anno prima degli eventi bizzarri di Strasburgo, citai
l’ipotesi secondo cui le apparizioni spettrali fossero da imputare all’ingestione di un
particolare vegetale, la segale cornuta. Tale pianta può confondersi con il grano, e
venire perciò macinata insieme ad esso: la pianta in sé non è tossica, ma un fungo
che cresce di frequente su di essa, la Claviceps purpurea, può causare forti
allucinazioni.

Essendo il grano uno degli alimentari più consumati in quell’epoca, è così
comprensibile come mai le “visioni” abbiano coinvolto un ampio numero di persone.
Tuttavia il mistero permane se si considerano in maniera approfondita i dati a
disposizioni: nei fatti di Strasburgo si parla di movimenti compulsivi, mai di
allucinazioni.


Inoltre bisognerebbe stabilire se gli spasmi causati dalle tossine del fungo possano
effettivamente presentarsi come movimenti ampi e disarticolati, come
effettivamente si mostrò il male che colpì la povera Troffea e tanti altri suoi
concittadini.
Anche sulle morti di alcune vittime del ballo graverebbero pesanti dubbi: nessun
resoconto contemporaneo agli eventi, ufficiale o meno, menziona una singola morte
a causa della piaga. Dobbiamo dunque pensare che i racconti inerenti a vittime che
ballarono fino a cadere esanimi sia un’invenzione dei posteri.
Volendo fare un altro passo, si può allargare il campo di indagine per vedere se vi
siano stati casi analoghi nella storia.
Ci si stupisce nel constatare che l’epidemia di “ballerini indiavolati” che colpì
Strasburgo in quel 1518 non rappresenta affatto un caso isolato: già a partire
dall’anno Mille si segnalano casi simili in particolare in Sassonia.
Più tardi, nel 1374, si verificò ad Aquisgrana un episodio in cui un gruppo numeroso
di abitanti si lanciò in un ballo sfrenato, prendendosi la mano in ampi cerchi e
proseguendo così per ore finché caddero a terra esausti.
La tradizione popolare dell’epoca sembra ricca di esempi di “ballo compulsivo”: non
è un caso che nel caso in esame, i popolani colpiti dal morbo siano stati esortati a
rivolgersi alle grazie di San Vito, santo conosciuto in Italia e in tutta Europa.
Il Ballo di San Vito sarebbe un termine popolare per indicare la corea, malattia che
provoca spasmi e movimenti convulsi, e che sarebbe curata proprio grazie al
vaticinio del santo.
Ed ancora, nella tradizione Pugliese, avente origine forse proprio in età tardo-
medievale, il ballo noto come “Pizzica”, a volte rinominata, non a caso, “Pizzica di
San Vito”, a richiamare il celebre santuario di San Vito dei Normanni, sarebbe una
cura per il morso della tarantola, che secondo voce popolare era in grado di causare
spasmi irrefrenabili.
L’origine di tali “pesti danzanti”, sarebbe forse uno stress collettivo, forse dovuto a
frequenti epidemie virali nella zona, o magari al dilagare della fame e della povertà.

Non è quindi da escludere che una certa situazione psicologica diffusa, abbinata
forse ad una altrettanto diffusa malnutrizione, possa aver costituito la miscela
esplosiva che ha portato al verificarsi degli eventi narrati.
È possibile che l’episodio della piaga del ballo di Strasburgo abbia fornito fonte di
ispirazione per varie fiabe: una di esse, Scarpette Rosse, è dello scrittore Hans
Christian Andersen, e come ogni fiaba di quel periodo che si rispetti, contiene
numerosi avvenimenti degni dei più spaventosi film dell’orrore: parla di una giovane
ragazza colpita da una maledizione che le imponeva di ballare ininterrottamente. Ad
un certo punto della storia, alla ragazza vengono pure mozzate le gambe, le quali
continuano a danzare per conto proprio.
Meno esplicita, ma non meno inquietante, per i suoi risvolti, è Le scarpe logorate dal
ballo, indicata anche con altri titoli analoghi, e narrata dai fratelli Grimm: alcune
principesse vengono attirate ogni notte in un palazzo sotterraneo in cui, sotto
l’effetto di un incantesimo, sono costrette a ballare fino a tarda ora con dei principi,
forse spiriti malvagi che vogliono trattenerle per sempre con sé.

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