Per la brughiera – Martina Tozzi

A Haworth, un remoto paesino dello Yorkshire, immerso nell’impervia brughiera, un giovane reverendo, Patrick Brontë, resta vedovo con sei figli ancora piccoli di cui occuparsi. I fratelli trascorrono così un’infanzia isolata, nella tetra canonica piena di spifferi, circondati dalla natura e immersi nei loro giochi, sostenuti nella solitudine da un’immensa fantasia, che permette loro di lasciare la brughiera e di vagare nei reami fantastici dell’immaginazione. Lettori avidi e curiosi di tutto ciò che li circonda, i bambini riescono a trasformare la loro quotidianità spesso monotona in avventure esotiche. Charlotte e Branwell sono ambiziosi, cercano un riconoscimento per la loro arte e si sentono andare stretti la canonica in cui sono cresciuti; Emily è libera e amante della natura, selvatica come la sua diletta brughiera; mentre Anne è la più tranquilla e dolce, ma allo stesso tempo risoluta e responsabile. In un’epoca in cui il destino di una donna è quasi sempre quello di essere una moglie e una madre, le tre sorelle rivendicano la loro indipendenza e, guidate dall’intraprendenza di Charlotte, riescono ad affermarsi in un mondo quasi esclusivamente maschile, mettendo sulla carta i loro fantastici mondi interiori

  • Editore ‏ : ‎ Nua (24 novembre 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 464 pagine

Recensione a cura di Lia Fiore Angy

“Sogno la brughiera e

la collina nebbiosa

Dove la sera cala

scura e fredda –

Perché solitari tra le

montagne gelide

Giacciono coloro che

ho amato un tempo.”

(Emily Brontë)

Siamo in Inghilterra, precisamente ad Haworth (Yorkshire), nel 1821. 

Una donna, affetta da un male incurabile, osserva la brughiera che si tinge di violetto per la fioritura dell’erica. La natura rinasce, mentre lei sta per morire. Da buona cristiana, moglie di un pastore protestante, sa che dovrebbe accettare con fiduciosa rassegnazione ciò che Dio ha in serbo per lei, ma non ci riesce… Come può pensare alle gioie del cielo, pensando alla sofferenza che i suoi sei bambini proveranno nel perderla?

“Dio, allontana da me questo calice. Signore, non sia fatta la tua volontà. Salvami.”

Suo marito le sta accanto, le asciuga il sudore, la aiuta a bere, prega per lei anche se sa che non c’è più niente da fare, e le racconta storie per cercare di distrarla. 

Quando gli occhi di Maria Branwell sono chiusi per sempre, Patrick Brontë si trova a dover crescere sei bambini di età compresa tra i due e i sette anni: Maria, Elizabeth, Branwell, Charlotte, Emily e Anne. Se collegate gli ultimi tre nomi al cognome Brontë, capirete che questo romanzo è dedicato alle tre sorelle Brontë, rese immortali dalle loro opere letterarie, e alla loro famiglia. 

La signorina Branwell, sorella della defunta, affianca il reverendo Brontë nella cura e nell’educazione dei suoi figli. Anche la domestica Tabby, considerata parte integrante della famiglia, è un importante punto di riferimento per tutti loro.

I piccoli Brontë sono dei bambini vivaci, curiosi, intelligenti e dalla fervida immaginazione, e sono molto affiatati. Amano leggere i libri della biblioteca del padre, alla quale hanno libero accesso, disegnare e correre nella brughiera. Ma c’è una cosa che amano fare più di ogni altra: giocare con i soldatini di Branwell e inventare storie avventurose di battaglie e di conquiste. 

“Il mondo interiore che avevano creato non li abbandonava mai, e li univa in una maniera magica.”

Crescendo, iniziano a trascrivere queste storie, ed è così che scoprono la passione per la scrittura. Charlotte e Branwell, così simili per temperamento, rimangono folgorati dalla lettura della biografia e delle opere di Lord Byron, emblema del genio e della follia creativa, e sentono che quel genio, quel demone della scrittura, si annida anche in loro, ed è incontenibile.

“Nel loro sangue scorreva la scrittura, come una maledizione e una benedizione insieme.”

A rompere l’idillio, la decisione del padre di mandare le sue figlie in un collegio, a esclusione di Anne, ancora troppo piccola. La terribile esperienza a Cowan Bridge, fatta di dura disciplina, di stenti e privazioni, segna per sempre la vita di Charlotte e di Emily, e conduce alla morte le loro sorelle maggiori, Maria ed Elizabeth. 

Alla morte della loro mamma, erano troppo piccoli per capire ciò che era accaduto, e ora, per la prima volta, Branwell, Charlotte, Emily e Anne si trovano a vivere in modo consapevole il dolore per la perdita di una persona cara. 

“Teneva gli occhi fissi su sua sorella […].Com’era fatto il cielo? Prima che partisse per Cowan Bridge, Maria lo prendeva per mano nella brughiera e danzava con lui, allegramente. Sì facevano cose come quella, in cielo?”

I quattro fratelli imparano a convivere con il vuoto incolmabile lasciato dalle loro sorelle maggiori e ad andare avanti, facendo le stesse cose di prima. La scrittura è la loro attività principale, e ognuno di loro ha un diverso pensiero al riguardo. Charlotte e Branwell ambiscono a far conoscere e amare le storie e i personaggi partoriti dalla loro fervida immaginazione, e sognano di diventare degli scrittori famosi. 

Emily e Anne, invece, scrivono per il puro piacere di scrivere, considerano i loro scritti come un qualcosa di intimo e non ambiscono alla fama.

Charlotte, sempre desiderosa di ottenere l’approvazione degli altri, vuole che i suoi personaggi siano amati; a Emily, invece, da sempre sicura di sé e del proprio valore, e indifferente al giudizio degli altri, tutto questo non interessa e non è assolutamente disposta a snaturarsi.

“Compiacere il pubblico e tradire me stessa? No, grazie. Se quello che scrivo andasse bene per i lettori, ma non per me, non ne sarei minimamente orgogliosa.”

Ad accomunare I fratelli Brontë, oltre all’amore per la scrittura, è anche il bisogno di libertà e l’insofferenza alle costrizioni. Charlotte ed Emily costrette a lavorare come insegnanti e istitutrici, sembrano patirle particolarmente. 

“Siamo nate per essere libere, senza catene, ma siamo costrette a scegliere da sole con le quali legarci”

“Alle donne non viene neanche data una possibilità […]. Vengono rinchiuse in casa, e viene detto loro di non avere né desideri né sogni. Ma io ce li ho, e lascerò che siano loro a guidarmi.”

Non voglio svelare troppo per non togliere il gusto della lettura a chi non conosce la biografia delle famose sorelle Brontë e della loro famiglia. La loro è stata una vita intensa, costellata da numerosi lutti e tragedie, ma fatta anche di passioni brucianti (anche quelle infelici) e di traguardi raggiunti. Nelle opere di Charlotte e di Anne troviamo numerosi riferimenti alle esperienze vissute. 

Branwell, Charlotte, Emily e Anne… Quattro menti brillanti e geniali e quattro personalità forti e ben definite.

 Anne, così mite e tranquilla, era dotata di una grande forza d’animo e di una fede incrollabile. 

Branwell, un misto di genio e sregolatezza, un animo inquieto e tormentato, segnato profondamente dalla morte prematura dei suoi cari e da un amore non corrisposto, una mente animata da una potente energia creatrice, diventata una furia distruttrice perché non incanalata nel modo giusto.

 Emily, caparbia, forte e sicura di sé, assetata di libertà, profondamente legata alla natura e agli animali, un’unica cosa con la sua amata brughiera. Determinata a combattere fino alla fine. 

Charlotte, pacata e quasi fredda all’apparenza, ma animata dal fuoco della passione. Una donna che non rinuncia a realizzare i propri sogni, anche se sa quanto sia difficile per una donna conquistarsi il suo posto nel mondo.

“Le donne, come gli uomini, erano creature fatte di carne, cuori palpitanti e sogni, e come gli uomini avevano cervelli pensanti e immaginazione in cui rifugiarsi, e desideri e aspirazioni.”

 In un’epoca in cui una donna di umile estrazione sociale non aveva altra scelta, se non quella di accettare la prima proposta di matrimonio che le veniva fatta, Charlotte rifiuta diverse proposte di matrimonio, determinata a sposarsi soltanto per un amore forte e viscerale. Una donna coraggiosa, come lo sono state anche le sue sorelle; una sopravvissuta a un naufragio che continua ad andare avanti, fiduciosa che, dopo tanta sofferenza e solitudine, la vita possa riservarle un po’ di felicità. Ma la vita, a volte, è carogna… 

Amo immensamente le sorelle Brontë, in particolare Charlotte; ho letto tutte le loro opere maggiori e alcune biografie a loro dedicate, quindi conoscevo la loro storia. Nonostante ciò, questa biografia romanzata, appassionante e accurata, mi ha coinvolta come se leggessi tutto per la prima volta. Martina Tozzi, della quale avevo già letto e apprezzato moltissimo “Il nido segreto”, ha una scrittura eccelsa, e ha la capacità di rendere estremamente vividi i personaggi e ogni scena narrata. 

Mentre leggevo, mi sembrava di veder scorrere davanti ai miei occhi le immagini dei piccoli Brontë che correvano nella brughiera, di vedere il luccichio dei loro occhi mentre davano sfogo alla loro immaginazione, e di essere lì con loro nei tanti momenti di dolore, testimone delle loro preghiere rimaste inascoltate. 

“Ancora uno sguardo […]. Ancora uno sguardo per osservare tutto quello che amo e che sto per perdere.”

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