Pinocchio Esoterico: Mitopoiesi di un poema iniziatico

A cura di Lia Angy Fiore

“Tutto in Pinocchio è doppio e multiplo, circolare, spiraliforme ed ellittico come in un labirinto di specchi. Tutto ritorna, tutto muta, tutto si espande…”

Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino“, il romanzo scritto da Carlo Collodi (pseudonimo di Carlo Lorenzini) e pubblicato per la prima volta nel 1883, è il libro più stampato e letto al mondo dopo la Bibbia e il Corano.

Considerato un capolavoro letterario da intellettuali di spicco come Benedetto Croce e Italo Calvino; tradotto in oltre 206 lingue; fonte di ispirazione per numerose trasposizioni cinematografiche, televisive e teatrali.

A cosa è dovuto il successo di questo burattino, diventato un’icona universale fra le più celebri?

Forse al fatto che Pinocchio può essere visto come un rappresentante dell’umanità, come affermò Benedetto Croce, o alle foresta di simboli, allusioni, citazioni e riferimenti presenti nel testo.

Questo interessante saggio è un viaggio alla scoperta dei molteplici simboli e possibili significati racchiusi nel romanzo senza tempo, scritto da Collodi.

Uno dei temi centrali è quello del valore della libertà individuale. Pinocchio, essendo un burattino di legno, dovrebbe essere inanimato e immobile. Invece, è dotato di una innata vitalità, che manifesta sin dall’inizio attraverso la “vocina” che spaventa Mastro Ciliegia. 

Oltre a questo, il burattino sembra aver fatto suo il sogno di Geppetto di avere una vita avventurosa, libera, nomade e selvaggia.

Pinocchio vuole conoscere il mondo ed essere pienamente se stesso; è uno spirito libero e “risvegliato”, che si ribella a una società che vuole omologarlo e intrappolarlo in una vita che non rispecchia il suo modo di essere e i suoi desideri. 

Non lotta per essere accettato o riconosciuto, ma per non essere intrappolato in un’identità cucitagli addosso da altri. Si definisce “burattino con le Faine e il Pescatore Verde, ragazzo con i ragazzi, attore e viandante con Mangiafuoco”.

Non vuole uscire dalla propria indicibilità e non classificabilità.

Alla luce di questo, Pinocchio è davvero un cattivo esempio da seguire?

“Pinocchio è la propria libertà, è il proprio istinto e il proprio cuore. Tutto è finzione e recita, tranne Pinocchio con la sua istintiva autenticità.”

La sua vita “selvaggia” e vagabonda tende a “divorarlo” e a mettere a rischio la sua incolumità, ma ciò avviene perché le persone e gli animali che incontra sulla sua strada vedono in lui una preda, uno sprovveduto da ingannare o sfruttare. 

La vitalità e i desideri del burattino si scontrano con la società, che cerca di soffocare questa fiamma vitale.

La società descritta ne “Le avventure di Pinocchio” appare sempre stupida, cattiva, ottusa, indifferente, priva di empatia e della capacità di stupirsi. Non appare come un luogo di incontro, confronto e arricchimento interiore, ma, al contrario, come una dimensione ambigua e pericolosa, che uccide la singolarità e forza l’omologazione. Come il suo Pinocchio, Collodi “inverte ogni canone di valutazione etico-sociale allora di moda”.

Smentisce il mito del “Buon Selvaggio” attraverso i personaggi del Pescatore Verde e dei contadini, che, lungi dall’essere buoni e saggi, si rivelano violenti, bestiali, gretti, avidi, privi di ogni spiritualità e interiorità. Anche i pescatori che pregano meccanicamente senza muovere un dito, mentre Geppetto è in balìa delle onde, appaiono meno vitali del pezzo di legno che è Pinocchio.

Le istituzioni appaiono assurde, ridicole, vuote e senza senso. L’Omino sfruttatore lasciato libero di agire e l’esistenza di luoghi corrotti come il Paese di Acchiappacitrulli sono l’emblema del fallimento delle istituzioni. Anche i ruoli sociali sono sbeffeggiati e svuotati del loro senso.

“La vera vita Pinocchiesca è fuori dalla società borghese cittadina […]. Fiorisce in mezzo ai campi, nella foresta della Fata, nell’Isola delle Api, in mezzo al mare…”

Quella di Pinocchio è anche un’anti-favola, in cui i mostri non sono mai realmente tali: il terribile Mangiafoco rivela un cuore generoso e compassionevole, il Serpente gigante è innocuo e basta una risata per sconfiggerlo, e il grosso Pesce-cane è un povero ammalato. 

Un tema molto presente e significativo è quello della morte. Una morte simbolica e iniziatica.

“Tutta l’avventura di Pinocchio appare come un passaggio tortuoso e molteplice attraverso la morte e gli inferi, come un Enea, un Ulisse, come la materia prima che deve oltrepassare, trasformandosi, la fase travagliata della ‘nigredo’.”

Pinocchio è un protagonista “ibrido”, grezzo e ambiguo che racchiude in sé tutto e il contrario di tutto; è un eroe-adepto che deve attraversare numerose trasfigurazioni e morti iniziatiche-rituali per purificarsi ed elevarsi. In questo senso, il romanzo di Collodi può essere definito un romanzo “iniziatico”.

“Essere iniziati significa davvero subire la propria fine, significa anticipare la morte, mentre ancora si respira e si vive, affrontando l’incognita dell’oltre. Ma se si affronta questo cammino di paura e di pena, questa prova estrema, all’improvviso tutto si rovescia in un orizzonte di luce.”

Da ogni situazione difficile, il burattino esce grazie al suo cuore generoso e coraggioso, e alle sue scelte sacrificali (l’auto-immolazione per salvare Arlecchino, il gettarsi in mare per Geppetto e Alidoro, il sacrificio dei quaranta soldi per la Fata).

“Se tutto è apparenza, sia il bene che il male, se la società è finzione e falsità, autentico resta solo il cuore quando si commuove.”

Vediamo ora più nel dettaglio alcuni personaggi e simboli del romanzo.

Il Paese dei Balocchi è il simbolo della massa, che spegne ogni spirito vitale e appiattisce ogni individualità, di una vita sprecata a inseguire dei finti paradisi. È l’esatto contrario della vita libera e vagabonda sognata da Geppetto e Pinocchio; è solo un’illusione di libertà. 

L’Omino è un vampiro di giovani energie vitali; nessuno può fermarlo o sconfiggerlo, si può soltanto scegliere di non ascoltarlo e di non seguirlo. È la rappresentazione di un sistema sociale fondato sull’alienazione e sulla degradazione dell’essere umano attraverso l’intrattenimento.

Mastro Ciliegia è l’espressione di un deserto spirituale e di una sterilità dell’anima. Attorno a lui c’è solo il nulla, il vuoto, a indicare la sua condizione esistenziale. In una vita fatta di vuoto e di silenzio, dovrebbe rallegrarsi nel sentire la “vocina” del pezzo di legno, e invece ne ha paura perché quella vocina “rende manifesto il nulla in cui vegeta”.

Il naso che si allunga, più che un monito contro le bugie, è una sorta di “segnaletica” che ricorda a Pinocchio la necessità di trovare sempre un equilibrio, soprattutto nelle relazioni con gli altri. 

La Marmottina svolge un ruolo sciamanico, di risvegliatrice e mediatrice. È un simbolo di sapienza e di conoscenza; è lei che diagnostica a Pinocchio la “febbre del somaro” ed è dopo questo dialogo che ha inizio per il burattino il “ritorno al cuore”.

La Fata Turchina è sapiente come una Musa, ma anche ingannatrice come una Ninfa-Sirena nel fingersi morta e nel mettere più volte alla prova Pinocchio. Anche lei muta continuamente le sue sembianze. Le api della sua Isola fanno pensare a un collegamento con la dea Iside. 

Una scena molto forte è quella in cui Pinocchio si rifiuta di prendere la medicina offertagli dalla Fata, dicendo di non aver paura di morire. Allora la Fata fa entrare quattro conigli neri per portarlo via.

I conigli sono tradizionalmente un simbolo di vitalità mercuriale, ma qui assumono il significato opposto, diventando un chiaro simbolo di morte. 

Quattro è il numero della terra, di Saturno, del nero e del piombo. Quattro erano anche i ceri che un tempo si ponevano ai lati del feretro nella camera ardente. I gesti che precedono l’arrivo degli inquietanti conigli si possono leggere come dei gesti rituali e alchemici.

Numerosi sono i riferimenti alla Bibbia, all’odissea, ad Apuleio, ad Ariosto e ad altri autori classici, ma lascio a voi il piacere di scoprirli leggendo questo saggio di G.M. Prati. 
Pinocchio esoterico. Mitopoiesi di un poema iniziatico” è un’analisi approfondita del famoso romanzo di Collodi. Pur avendo qualche difetto, come la complessità del linguaggio e la ripetitività di alcuni concetti, è ricco di curiosità davvero interessanti e affascinanti. Se non avete già letto le avventure di Pinocchio”, questo saggio vi invoglierà a leggerle; se, invece, le avete già lette, vi verrà voglia di rileggerle  per coglierne ogni sfumatura con più consapevolezza.

Pinocchio tra il Mito greco e la Bibbia, l’Alchimia e la Gnosi, il surreale e l’esistenziale, Carmelo Bene e Marco Aurelio, gli immaginari e l’estetica. L’autore ripercorre e rilegge il capolavoro collodiano facendone emergere la foresta di simboli e di immagini che lo sostanzia, esaltandone il fittissimo intreccio di archetipi, allusioni, risonanze, rimandi, relazioni interne e dinamiche morfologiche che lo struttura. Un’ermeneutica che complica e non risolve una “favola” vista quale eroismo ed epica, prodigio espressivo e narrativo, mistero vitale.
Con introduzione di Silvano Agosti e postfazione di Ezio Albrile.

  • Editore ‏ : ‎ Edizioni Aurora Boreale (3 maggio 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 256 pagine
Please follow and like us:
error0
fb-share-icon20
Tweet 20
fb-share-icon20

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.