Sirene (La seduzione dall’antichità ad oggi) – Elisabetta Moro

Dal mare color del vino del racconto omerico sono migrate per giungere fino a noi, saltando come delfini da un genere all’altro, risalendo le correnti della rappresentazione, dall’oralità alla scrittura, dalla poesia alla pittura, dal cinema alla televisione, dall’analogico al digitale. Sono le sirene, che nel corso del loro viaggio interminato e interminabile hanno cambiato più volte sembiante. E continuano ad affiorare alla superficie della contemporaneità dai gorghi del nostro immaginario proprio perché restano i simboli della fluidità dell’essere. Il canto delle sirene ci seduce come la voce dell’amante natura che sembra volerci parlare, per poi voltarci le spalle incompresa. E tornare a inabissarsi nel suo mistero.

  • Editore ‏ : ‎ Il Mulino (19 settembre 2019)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 213 pagine

Recensione a cura di Lia Angy Fiore

Affascinanti, misteriose, seducenti, ambigue e insidiose; radicate da millenni nell’immaginario collettivo e fonte di ispirazione per artisti, scrittori e registi. A loro va lo scettro di creature mitologiche più conosciute e intriganti. 

Stiamo parlando delle Sirene.

A che cosa è dovuto il loro successo? Perché popolano ancora oggi le nostre fantasie? Come è mutato il loro aspetto nel tempo?

Ho deciso di approfondire questo argomento attraverso la lettura di un interessante saggio di Elisabetta Moro, dedicato proprio a questi misteriosi esseri mitologici. Secondo l’autrice, le sirene “sono un simbolo millenario della portata culturale comparabile solo alla mela di Adamo ed Eva“.

Sia le Sirene che la Mela simboleggiano una sapienza preclusa ai comuni mortali, e segnano il confine tra una conoscenza lecita e accessibile a tutti, e un sapere superiore e proibito. 

In questo senso, le sirene sono molto più di un simbolo legato all’erotismo e alla seduzione attraverso il corpo. Non a caso, il loro canto suadente rapisce la mente e fa impazzire gli uomini.

In antichità, le sirene erano presenti negli oggetti d’uso quotidiano. Le troviamo rappresentate nei vasi, negli affreschi, negli oggetti di ceramica e di terracotta, e nei vasi per gli unguenti di bellezza. 

Ma, soprattutto, venivano raffigurate nelle tombe, come lamentatrici e accompagnatrici dei defunti nel mondo delle Ombre. Il loro canto, in questo caso, non era associato alla seduzione, ma al dolore. Una funzione importante e positiva.

Nel corso del tempo il loro aspetto è mutato, e con esso anche i significati e le funzioni attribuiti ad esse. 

Omero, nel XII canto dell’Odissea, non si sofferma sul loro aspetto, e si concentra sul loro canto. Un canto che seduce, dal verbo latino “se-ducere”, che vuol dire “deviare”, allontanare dalla retta via e dai doveri imposti dalla società.

Omero è il primo ad associarle a una conoscenza superiore e universale.

Ma le sirene non sono un’invenzione di Omero.

Nel frammento di un vaso dell’XI sec. a.C., è rappresentato uno strano essere con la testa e una parte del corpo di donna, e le ali di uccello.

Anche Ovidio, nelle Metamorfosi, le descrive come delle fanciulle che dalla vita in giù hanno zampe e piume di uccelli.

Secondo Platone, le sirene sono otto divinità musicali, ognuna delle quali emette una nota unica. I loro suoni, uniti a quelli delle Moire, creano l’Armonia Celeste.

Il poeta greco Apollonio Rodio, nelle sue Argonautiche, racconta che le sirene non sono sempre state predatrici di uomini. Un tempo, erano delle fanciulle al servizio di Persefone, prima che Ade la rapisse. In seguito al rapimento, chiesero agli dèi di poter avere delle ali per sorvolare il mondo alla ricerca della loro compagna. Gli dèi le accontentarono, ma i loro sforzi di riportare a casa Persefone furono vani. Intrappolate in un corpo ibrido, restarono appollaiate sugli scogli a diffondere un canto melodioso e oscuro. Esistono diverse varianti di questo mito.

Ma quando sono nate le sirene con la coda di pesce?

Un contributo importante a questa rielaborazione dell’aspetto e del significato delle sirene è stato dato da Proclo Licio Diadoco, filosofo platonico del V secolo, che distingue tre tipologie di sirene: le sirene Celesti, sottomesse a Zeus; le sirene Purificatrici, legate ad Ade; le sirene Tentatrici, legate al mare e a Poseidone.

Se le sirene-uccelli erano soprattutto l’emblema di una conoscenza superiore, le sirene-pesci sono associate prevalentemente alla seduzione.

A interessarsi ai loro corpi, sono stati soprattutto gli autori del Medioevo, divisi tra due diverse correnti di pensiero, ereditate dai mitografi antichi.

La prima fa riferimento a Servio e a Isidoro di Siviglia, i quali descrivono le sirene come donne-uccello, sebbene legate all’acqua, elemento tipico delle figure mitologiche simbolo della seduzione.

La seconda, invece, fa riferimento ad Adelmo di Malmesbury, il quale, nell’VIII secolo, scrive che le sirene hanno il viso e il busto di una vergine, e la parte inferiore di un pesce. Esse seducono con la parte visibile del loro corpo (quella animalesca e mostruosa resta nascosta tra i flutti), più che col canto. Egli erotizza il mito ed è tra i primi a parlare di una natura ittimorfa delle sirene.

Queste nuove sirene, diventate simbolo dell’eros, diventano acerrime nemiche della Chiesa.

Nel XII secolo, il poeta francese Benoît de Sainte Maure, nel suo Roman de Troie, racconta di un Ulisse che resiste alle insidie delle sirene e le uccide trafiggendole. I loro corpi trafitti e mutilati, con la parte umana separata da quella animale, rappresentano il ritorno all’ordine naturale delle cose e l’annientamento di una natura ambigua ed errata.

Ma le sirene non sono immortali?

Un antico oracolo recitava che chiunque fosse stato in grado di ascoltare il loro canto, senza tuffarsi in mare, ne avrebbe provocato la morte. 

Il mitografo Licofrone, in un poema intitolato Alessandra, racconta che cosa è accaduto alle sirene dopo che Ulisse si è allontanato vittorioso dalla loro isola. Dalla voce della profetessa Cassandra, apprendiamo che le sirene, sconfitte dall’eroe, si sono suicidate attraverso il salto nell’acqua (katapontismos).

Lo Stamnos Attico del 480-470 a.C., trovato a Vulci e conservato al British Museum, raffigura proprio il suicidio delle sirene.

Le sirene compaiono spesso anche come nemiche di Afrodite, perché refrattarie all’amore e alle nozze. Esse sono delle vergini, ma, a questo proposito, occorre fare una precisazione. Nel mondo pagano, essere vergini non significava essere illibate, ma essere libere dal vincolo matrimoniale. Le sirene, rifiutando il matrimonio, minano le basi della società, che ha bisogno del matrimonio per perpetuarsi, e offendono Afrodite. Secondo alcune versioni del mito, fu proprio la Dea a trasformarle in uccelli, per punirle del loro voto alla verginità.

Le sirene-pesce non sono il frutto dell’immaginario medioevale, anche se è soprattutto in questo periodo storico che queste creature si sono radicate e diffuse. È nelle fonti letterarie tardo antiche che compaiono i primi accenni ad esse, e alcune scoperte archeologiche testimoniano la credenza nelle donne-pesce in tempi precedenti l’invenzione della scrittura. 

Un altro falso mito da sfatare è che le sirene-pesci siano un’invenzione dei paesi scandinavi. Ipotesi smentita dai reperti archeologici ritrovati in Grecia e nel Mar Nero.

Elisabetta Moro, docente di Antropologia culturale, formula un’ipotesi molto suggestiva, che sembra trovare conferma nel nome stesso delle sirene.

Le sirene potrebbero discendere dalla dea Syria, il cui culto nacque a Hierapolis, città sacra nei pressi dell’attuale Aleppo, e si diffuse poi in Europa e in Italia attraverso gli schiavi e i mercanti siriani. I porti di Pozzuoli, Ostia e Napoli diventarono epicentri della diffusione del culto.

Nel mondo antico, Syria è sovrana e fondatrice di città, garante dell’ordine e della giustizia, ed è associata alla fertilità attraverso la sua connessione con i fiumi e le acque.

 È raffigurata come una bellissima donna-pesce, con un copricapo a forma di cilindro con un foro al centro, che ritroviamo anche sulla testa di molte sirene, soprattutto nell’area Ionica.

A Roma, il mito di Syria era noto grazie alla teologia di Nigidio Figulo, che racconta della nascita della dea da un uovo di grandi dimensioni, caduto nell’Eufrate, fatto rotolare dai pesci fino alla riva, e poi covato da alcune colombe. 

Anche le sirene, come Syria, talvolta sono fondatrici di città.

Una delle più celebri è Partenope, fondatrice della città di Napoli.

La sua leggenda è narrata da Omero nel XII canto dell’Odissea. Vediamola in breve.

Ulisse, pur avendo ascoltato il canto delle sirene, grazie alla sua astuzia e ai consigli della maga Circe, riesce a non cadere nel tranello di queste creature ammaliatrici. Per la delusione, le sirene si suicidano schiantandosi sugli scogli. Il corpo di Partenope viene trasportato dalle correnti marine tra gli scogli di Megaride, dove oggi sorge Castel dell’Ovo. Sono dei pescatori a trovarla e a venerarla come una dea. Una volta approdato sull’isolotto, il suo corpo si dissolve, dando vita al paesaggio partenopeo. 

A Napoli, sono numerosi i richiami a Partenope, tra i quali il timpano del Teatro di San Carlo, il tempio del Belcanto… Una scelta non casuale se si considera che secondo diversi studiosi il termine sirena deriva dal semitico sir-hen, che significa “canto di grazia”, “canto magico”. 

Simboli di una conoscenza proibita, della fluidità dell’essere, della seduzione, custodi della soglia dell’Aldilà, spietate predatrici, fondatrici di città… Le sirene sono questo e tanto altro.

 Forse è stato il loro fascino indiscusso a far nascere in molti l’illusione che le sirene esistessero realmente, come dimostra il celebre caso della sirena-fake del Circo Barnum, a metà dell’Ottocento. 

La mostruosa creatura, frutto dell’assemblaggio tra la parte superiore del corpo di una scimmia e la parte inferiore di un pesce, fu spacciata per una vera Sirena catturata nelle isole Fiji, e attirò circa quindicimila visitatori al giorno, convinti dell’autenticità della sirena.

Trovate questa e tante altre curiosità nel bellissimo saggio di Elisabetta Moro, già citato all’inizio dell’articolo, dal titolo “Sirene. La seduzione dall’antichità ad oggi“.

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