Intervista autore. Diego Pitea

Benvenuto Diego!

Grazie per scelto di parlare di te e della tua opera nel nostro salottino virtuale.

Fabiana Farina che ha letto e recensito il tuo romanzo ha alcune domande per te.

La recensione potete trovarla a questo link 

Grazie ad Sara e a Fabiana per le domande e buongiorno a tutti i lettori di questo meraviglioso blog. 

Fabiana: I tuoi personaggi principali sono tipi particolari, soprattutto Richard Dale. Come mai hai voluto dare questa impronta e se ti sei ispirato a qualcuno per costruirli? 

Effettivamente, Richard è un tipo sui generis. Ho voluto crearlo inglese e Asperger perché volevo che fosse straniero fra le persone e straniero fra gli uomini. Sembra la stessa cosa, ma non lo è. La sindrome di Asperger, in alcuni casi, può renderti tale anche fra le persone più vicine a te. Come molti scrittori più famosi di me nel creare il personaggio ho tratto ispirazione da qualcuno di conosciuto. L’ho letto di Chandler, ma anche Hemingway, Oscar Wilde… la lista è lunghissima. Nel caso del mio protagonista non sono dovuto andare troppo lontano perché Richard Dale sono io. Miei sono i suoi pensieri, miei sono i suoi comportamenti e mie sono le sue esperienze. Mi è sembrata la scelta migliore al fine di renderlo il più realistico possibile.

Fabiana: Nella prima parte del libro troviamo la squadra di investigatori molto affiatata, cosa che non è più nella seconda parte. Perchè hai voluto/ cercato di mettere distanza tra di loro in un momento così particolare?

Quello che è accaduto a Richard fra la prima e la seconda parte è una cosa talmente forte che inevitabilmente, anche senza volerlo, si creano delle fratture tra le persone. Accade spesso anche nella vita reale. Richard, inoltre, reagisce a suo modo alle vicissitudini della vita e questo comportamento, spesso, lo porta a estraniarsi, a entrare in conflitto anche con le persone a cui tiene di più. A mio avviso, nella vita, è impossibile riuscire ad andare sempre d’accordo con tutti, l’importante, soprattutto quando si tratta di rapporti con persone molto vicine, è riuscire ad ammettere i propri errori e superare le divergenze, come è accaduto alla fine fra Richard, Doriana e Marani.     

Fabiana:Con il senno di poi, cambieresti il finale del libro?

No, assolutamente. Il finale è la cosa che mi è piaciuta di più del libro, che mi ha emozionato maggiormente. Mentre lo scrivevo non ti nascondo che mi sono emozionato. Mi piace, inoltre, perché è un finale particolare, che lascia il cuore in sospeso per un attimo, in attesa di conoscere cosa sia accaduto realmente.

Sara: Io ti chiedo com’è nata l’idea di scrivere e soprattutto di scrivere questo libro?

Sono stato da sempre un appassionato lettore. Ho, ancora, impressa nella mente l’immagine vivida di me bambino, coricato a letto, e mio padre accanto che legge Arthur Conan Doyle, Edgar Wallace e Agatha Christie. Il passaggio alla scrittura è subentrato più tardi, con i primi piccoli racconti, molto ingenui, a beneficio solo della mia famiglia. La svolta arrivò nel 2009, anno in cui mia madre fu colpita da una malattia molto grave. Giurai a me stesso che se si fosse salvata non avrei più letto un libro giallo e chi mi conosce sa quale sacrificio rappresentò per me. La mancanza fu talmente forte che non trascorse molto tempo da che decisi di scriverne uno, a mio uso e consumo. Tentai con l’incubo di tutti gli scrittori di romanzi gialli: la camera chiusa. Il tentativo non dovette andare male perché “Rebus per un delitto”, nel 2012, arrivò in finale al premio “Tedeschi” della Mondadori, affermazione bissata due anni dopo con il secondo libro “Qualcuno mi uccida”. Per rispondere, quindi, alla tua domanda: no, non ci fu nessuno che mi instradò nel percorso della scrittura, fu una spinta che sentii dentro di me. Per “L’ultimo rintocco” mi venne l’idea passeggiando sul lungomare di Palermo. Da tempo ero spinto dall’allora mia agenzia letteraria a scrivere qualcosa che non fosse un giallo e mi venne in mente, di getto, la storia di un serial killer di donne incinte.

Sara: Quali sono i grandi autori classici del passato che ami e se ti ispiri a qualcuno di loro?

Prima fra tutte Agatha Christie. Lei ha scritto i più bei gialli in assoluto, inoltre è stata il precursore di molti temi affrontati poi da altri scrittori. Molti disconoscono che la Christie è stata una delle prime ad affrontare il tema del serial killer ne “La serie infernale” con risultati meravigliosi. Oltre a lei, nel creare il personaggio di Richard Dale, mi sono ispirato in Philo Vance di S.S. Van Dine, un personaggio eclettico con un’intelligenza e una cultura fuori dal normale. Fra i non giallisti mi piace molto Raymond Chandler per il noir, Jeffrey Deaver per il thriller e Oscar Wilde fra i classici.

Sara: Nel libro, un thriller adrenalinico, vi sono alcune opere d’arte che utilizzi. Perchè quelle e cosa del pittore ti ha affascinato?

Amo la pittura da sempre. Sono affetto, come Richard, dalla cosiddetta “Sindrome di Stendhal”, quell’affezione per cui, al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza, si è preda di disturbi di vario genere. Kandinsky, Magritte, Dalì e De Chirico sono fra i miei pittori preferiti. Mi piace molto l’astrattismo e il surrealismo per la loro capacità di andare oltre il tangibile e colpire la sfera emotiva. Le opere di questi autori fanno riflettere, vanno interpretate come gli indizi di un omicidio, non puoi limitarti a osservarne la bellezza come un normale quadro. 

Sara: C’è un periodo storico che ti è congeniale che useresti da palcoscenico per un futuro romanzo?

Sicuramente quelle che conosco meglio: la seconda Guerra Mondiale o lo splendore della Grecia antica. La seconda, soprattutto, con il suo coacervo di filosofi e studiosi di ogni campo dello scibile umano, sarebbe un palcoscenico meraviglioso per un giallo storico. Tempo fa iniziai un thriller con una doppia ambientazione: Roma ai giorni nostri e la Palestina durante gli ultimi giorni di vita di Gesù Cristo. È una storia particolare che vuole dare uno spunto di riflessione diverso su alcuni fatti storici. Purtroppo ho dovuto accantonarlo per altri impegni riguardanti sempre i libri in stesura, però conto di riprenderlo prima o poi.

Sara: Hai qualche aneddoto, occorso durante la stesura del libro, di cui ci vuoi parlare?

La parte gialla de “L’ultimo rintocco” all’inizio non esisteva nella bozza e neanche nella mia mente. A quel tempo, però, mi aveva incuriosito molto la storia di Simonetta Cesaroni e del delitto di Via Poma. Leggevo tutto quello che trovavo e seguivo il processo registrato all’epoca in televisione. Mi venne allora in mente di aggiungere una parte gialla al libro, ispirata proprio a questo fatto di cronaca ancor oggi irrisolto.

Grazie Diego per questa intervista, per esseri messo a “nudo”, per averci anche commosso. Un grande in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti!

Sara e Fabiana

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